Rafforzare la prevenzione e la messa in sicurezza del territorio
NOVEMBRE 2018
Sindacale
Rafforzare la prevenzione e la messa in sicurezza del territorio
di   Silvana Roseto

 

 

Capita sempre più spesso che disastri e devastazioni colpiscano interi territori mietendo anche numerose vittime. Episodi estremi accadono un po’ in tutto il mondo, e con sempre maggiore frequenza anche nel nostro Paese, tanto da essere considerato tra i dieci paesi al mondo più colpiti da catastrofi naturali. Uragani improvvisi, trombe d’aria, innalzamento del livello dei mari, tsunami, piogge abbondanti e torrenziali spesso associate a grandine, alluvioni e frane, venti con una potenza straordinaria capace di sradicare alberi e abbattere intere foreste, di diffondere in pochissimo tempo le fiamme di incendi su vastissimi territori, forti escursioni termiche e radicali mutamenti delle temperature con improvvise ghiacciate che mettono a repentaglio i raccolti...
 
D’altro canto in Asia e Africa si accelera il processo di desertificazione che mette a repentaglio la vita stessa delle persone esacerbando il fenomeno - in crescita - della migrazione di massa dovuta ai cambiamenti climatici. Sono ormai quasi venti milioni gli sfollati nel mondo per cause ambientali, centinaia di milioni di persone sono fuggite negli ultimi anni dai loro Paesi a causa di eventi meteorologici estremi. Già da diversi anni la comunità scientifica ha sostenuto che il costante aumento del riscaldamento globale sarebbe stato causa di radicali cambiamenti climatici con forti e pesanti ripercussioni su tutto il pianeta: effetto serra e alterazioni climatiche, scioglimento dei ghiacciai e aumento della superficie degli oceani con conseguenze disastrose, quasi apocalittiche. La causa di tale riscaldamento è da imputare in buona parte all’attività dell’uomo che, nell’ultimo secolo, ha inciso negativamente sull’ambiente: il rapido sviluppo dell’economia industriale ha fatto registrare un eccessivo aumento di emissioni di anidride carbonica nell’atmosfera, oltre a gravare pesantemente sulla riserva delle risorse naturali; la salvaguardia di beni primari come l’aria, l’acqua, il suolo è stata trascurata, compromettendo il delicato equilibrio dell’intero pianeta. Il cambiamento climatico genera, a livello mondiale, effetti e conseguenze drammatiche in termini economici, ecologici e sociali, prolificando con un corollario di guerre, povertà e migrazioni di massa. Le minori risorse naturali oggi disponibili sono o saranno la causa di nuovi conflitti che possono mettere a rischio la stabilità politica del pianeta. Anche per questo la valutazione degli aspetti e dei rischi ambientali e la loro gestione in ottica di sostenibilità deve rappresentare uno dei primi obiettivi delle politiche degli stati, sia con riferimento alle politiche interne che a quelle internazionali.
 
L’allarme degli scienziati dell’ONU è molto chiaro: per evitare che il riscaldamento globale continui al ritmo attuale è necessario intervenire, tempestivamente e senza altro indugio. Servono politiche e finanziamenti adeguati per sostenere programmi energetici a basse emissioni di carbonio dal momento che i Governi, in un’ottica di ‘giusta transizione’, devono affrontare nel più breve termine il problema del cambiamento climatico in parallelo allo sviluppo sostenibile. Serve un costante confronto per trovare insieme - istituzioni, forze economiche e sociali - soluzioni responsabili e praticabili. C’è una sfida culturale e morale ormai inevitabile da affrontare, in cui tutti siamo coinvolti: la protezione dell’ambiente e dell’ecosostenibilità devono diventare elementi prioritari nelle agende politiche della totalità dei Paesi e delle nostre istituzioni perché il numero dei disastri naturali tende ad aumentare inesorabilmente.
 
Anche in Italia gli effetti del cambiamento climatico sono diventati più evidenti, manifestandosi con maggiore gravità. Il riscaldamento globale e gli eventi estremi che si innescano evidenziano in particolare la drammatica situazione in cui oggi versano soprattutto le città, spesso associata ad una mala gestione del territorio; risulta quindi indispensabile e non più procrastinabile trovare soluzioni iniziando dalle aree più vulnerabili e più a rischio rappresentate, oggi, proprio dalle città. Per avere città più resilienti e in sicurezza è importante avviare una serie di interventi mirati mediante politiche di prevenzione che assumano un approccio complessivo, tenendo insieme politiche urbanistiche e di pianificazione dell’uso del suolo anche in considerazione delle zone a maggior rischio. Occorre intervenire in maniera efficiente sul settore dei trasporti sostenendo politiche di mobilità non inquinante, e investire sul risparmio energetico favorendo la riqualificazione degli edifici esistenti. Ma riflettiamo sugli avvenimenti di questi giorni. Già nelle ultime settimane la cronaca italiana è stata permeata dalla narrazione di eventi catastrofici di ogni genere che spesso hanno evidenziato una stretta correlazione tra i danni dovuti agli eventi naturali e l’attività, molte volte nefasta, dell’intervento dell’uomo sull’ambiente. Il maltempo e le forti piogge hanno provocato danni incalcolabili non solo da un punto di vista economico, ma hanno causato anche moltissime vittime uccise da alberi divelti da trombe d’aria o dal forte vento, oppure travolte da frane o fiumi in piena.
 
Questi ultimi eventi dimostrano come nel nostro Paese il dissesto idrogeologico sia un problema che non si può continuare ad affrontare solo con interventi sommari ed emergenziali. L’Italia deve affrontare concretamente e nell’immediato il grave rischio idrogeologico del suo territorio. Le aree considerate ad alta criticità in Italia costituiscono il 10% del territorio nazionale, riguardano circa il 90% dei comuni ed oltre 3 milioni di nuclei familiari che risiedono in queste aree ad alta vulnerabilità; sono oltre 7 milioni gli abitanti in aree a rischio frane e alluvioni, dei quali oltre 1 milione vive in aree a pericolosità da frana elevata e molto elevata. Ci sono oltre 200.000 chilometri di canali e corsi d’acqua che andrebbero ripuliti da detriti naturali, spesso causa di inondazioni, testimonianza di degrado e incuria del territorio. Si registra, inoltre, una vasta attività di cementificazione abusiva, ed il controllo operato non risulta sufficientemente efficace.
 
Ad oggi manca una norma che regoli in maniera adeguata il consumo del suolo, sempre più oggetto dell’azione scellerata e miope dell’uomo. Secondo il rapporto presentato a luglio 2018 dal Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente, il consumo di suolo in Italia è aumentato maggiormente nelle regioni del nordest e lungo le coste ed i corsi d’acqua, spesso invade aree protette, soggette a vincoli paesaggistici, a rischio idrogeologico. Rafforzare la prevenzione e la messa in sicurezza del territorio rappresenta quindi una priorità che non può essere più rinviata. È evidente l’importanza che riveste innanzitutto l’innovazione tecnologica che, grazie ad accurate e capaci politiche di sostegno della ricerca, costituisce il motore di crescita e di sviluppo in ottica di sostenibilità ecologica, sociale ed ambientale. È necessario inoltre, a nostro avviso, un mutamente culturale di approccio al rispetto del patrimonio naturale e alla sostenibilità ambientale che deve partire dalla formazione scolastica. Le misure di sostegno intraprese fino ad oggi hanno mostrato vari limiti in ragione del loro carattere passivo, sia sull’aspetto prevenzionistico del rischio che sulla scarsa capacità di istituzioni e imprese di operare congiuntamente con le parti sociali ed i lavoratori. Il governo Renzi nell’aprile 2015 aveva siglato, con le parti sociali, l’accordo quadro sulla prevenzione ed il contrasto al dissesto idrogeologico che però, purtroppo, è rimasto sulla carta. È invece necessario programmare interventi per mettere in sicurezza il territorio con azioni sistemiche e strutturali, investendo nelle infrastrutture necessarie a prevenire i disastri correlati al dissesto idrogeologico e all’attività sismica.
 
Tutto questo consentirebbe non solo di rispondere ad esigenze di sicurezza e salvaguardia dell’ambiente naturale e di quanto già costruito, ma rappresenterebbe l’opportunità di ripartire da iniziative che vedano una fattiva collaborazione tra le istituzioni pubbliche e le realtà economiche e sociali per affrontare congiuntamente la mitigazione del rischio idrogeologico e di quello sismico, senza dimenticare l’altro grande problema -ancora irrisolto- rappresentato dalla estesa presenza di amianto su tutto il territorio nazionale che ancora attende di essere bonificato e smaltito. Tali politiche di investimento e sinergie potrebbero, infine, creare i tanto attesi effetti positivi anche in termini di sviluppo occupazionale.
 
 
 
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