Necessari investimenti pubblici e privati
NOVEMBRE 2018
Intervista a Carmelo Barbagallo
Necessari investimenti pubblici e privati
di   Antonio Passaro

 

Segretario, cominciamo con un tema a te caro: i giovani. La Uil all’inizio del mese di novembre, ha parlato della generazione dei “Rassegnati”, alla presentazione del libro di Tommaso Labate. È una generazione disillusa?

Viviamo in una società in cui è forte il conflitto generazionale tra giovani e anziani, un conflitto che ha impoverito il Paese. È necessario non percorrere la strada del conflitto e della rassegnazione, ma impegnarsi, rimboccarsi le maniche avere voglia di partecipare. Solo insieme si può proseguire per andare nella direzione giusta. Quella del lavoro.

 

Quindi devono essere più preparati, ma università ricerca nella manovra vedono un taglio delle risorse. Cosa ne pensi?

La scuola, l’università e la ricerca sono l’architrave per il progresso economico, sociale e civile del nostro Paese. Non si possono tagliare le risorse. Anzi, bisogna rilanciare tutto il settore, anche per far fronte alle innovazioni e alle sfide che ci pone l’avanzare dell’impresa 4.0. A questo proposito, occorre riflettere sul fatto che, in Italia, gli studenti degli istituti tecnici sono un decimo dei loro coetanei tedeschi: il nostro Paese ha bisogno, invece, di figure professionali specializzate per stare al passo della rivoluzione tecnologica in atto. La scuola, poi, deve essere unica e nazionale: oggi si parla molto di autonomia regionale, ma questa impostazione non può riguardare la scuola.

 

Veniamo, quindi alla manovra economica. L’iniziativa messa in campo da Cgil, Cisl, Uil ha prodotto i suoi primi risultati: mentre scriviamo è giunta la notizia di una prossima convocazione da parte del Governo. Quando ci sarà l’incontro?

Sì, è vero, dovremmo essere convocati per il prossimo 10 dicembre: aspettiamo solo la nota ufficiale. È un fatto positivo, frutto dell’iniziativa unitaria messa in campo, in questi ultimi mesi, da Cgil, Cisl, Uil. Le oltre 150 assemblee svolte sul territorio e nelle aziende ci hanno consentito, al momento, di confrontarci già con oltre 50 mila lavoratori, pensionati e giovani sulle nostre proposte e di raccogliere un consenso che porteremo all’attenzione del Governo. Nel merito, abbiamo apprezzato la discontinuità che questo Esecutivo ha attuato nei confronti dell’austerità, ma vorremmo capire come si pensa di utilizzare le risorse a disposizione: se servissero solo per l’assistenza, non risolveremmo il problema della crisi economica, perché sono necessari investimenti pubblici e privati, soprattutto in infrastrutture per mettere in sicurezza il territorio, per far crescere il Pil e puntare allo sviluppo del Paese. In questa Finanziaria non ci sono alcuni presupposti e ci sono alcune lacune. Su questi punti, noi vogliamo incalzare il Governo e siamo disponibili a dare una mano per la ripresa dell’occupazione e dell’economia.

 

L’Europa ha criticato la manovra per via del rapporto deficit/Pil che ne consegue: a Bruxelles, insomma, sembra prevalere ancora la logica dell’austerità…

…e noi siamo sempre stati contro l’austerità, ma dobbiamo modificare le regole europee se vogliamo evitare le procedure d’infrazione. Perché, per esempio, non si separa la previdenza dall’assistenza? In questo modo sarà chiaro che la spesa previdenziale è pari solo al 9% e così, su questo capitolo, non avremo più richiami dall’Europa. E ancora, siamo d’accordo sul reddito di cittadinanza, ma deve essere a carico della fiscalità generale. Inoltre, bisognerà ridurre le tasse ai lavoratori dipendenti e ai pensionati, anche per ridare slancio alla domanda interna e, conseguentemente, alle imprese che producono per il mercato interno. Voglio anche ricordare che, in tutti questi anni, nonostante i sacrifici fatti, il debito pubblico non è diminuito. Evidentemente, lo ribadisco, le regole europee non vanno bene e devono essere modificate: tuttavia, a questo scopo, non è utile inasprire i toni. Le risorse individuate in legge di bilancio devono servire, soprattutto, a far crescere l’occupazione e l’economia, altrimenti il Pil non supererà mai il 2%, noi non saremo in grado di contenere il debito e continueremo a essere sotto scacco dell’Europa. Per quanto ci riguarda, abbiamo delle proposte e nella nostra piattaforma abbiamo evidenziato ciò che, secondo noi, serve al Paese, a cominciare dagli investimenti per le infrastrutture.

 

Investimenti che sarebbero vitali, in particolare, per il nostro Mezzogiorno. Puoi ribadire, a tal proposito, la tua proposta?

Io ho sostenuto che bisognerebbe rilanciare la Cassa per il Mezzogiorno, ovviamente secondo la logica moderna dell’intervento straordinario, altrimenti il Sud non potrà contribuire alla crescita del Paese. L’unico periodo in cui il Sud si è avvicinato al resto del Paese è stato quando era attiva la Cassa per il Mezzogiorno. Fenomeni di corruzione, poi, hanno indotto a chiudere quella esperienza. Purtroppo, però, invece di eliminare la corruzione si è eliminato solo lo strumento. Ebbene, per rilanciare il Mezzogiorno, noi crediamo che servano interventi straordinari. In tutto il Paese, peraltro, sono necessarie infrastrutture che o mancano o sono ‘scadute’ e per le quali sono necessari interventi di manutenzione. Tutto ciò potrebbe ridare fiato all’occupazione in alcuni settori particolarmente tartassati, come quello dell’edilizia.

 

Questo tema ci riporta, inevitabilmente, a Genova, tragicamentecolpita dai disastri idrogeologici e dalla vicenda del ponte Morandi. Sei stato più volte nel capoluogo ligure per una serie di iniziative sindacali. Cosa bisogna fare?

Intanto, bisogna far partire immediatamente i cantieri e poi possiamo fare la discussione sulla quantità delle risorse a disposizione: altrimenti, tra qualche anno, non solo non ci saranno tutte le risorse richieste, ma non avremo neanche un’opera realizzata. Questo non ce lo possiamo permettere. Genova, dunque, diventi un esempio per tutto il Paese: ovunque, partano subito le opere già finanziate e, a tale scopo, si utilizzino anche tutte le risorse europee. Dobbiamo mettere in sicurezza il territorio. Questa è la direzione giusta per creare occupazione e rilanciare l’economia del Paese.

 

Il 25 novembre, giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. Nei primi nove mesi del 2018 i femminicidi sono stati oltre 30. Una vergogna sociale…

Ogni atto di violenza compiuto contro le donne, ovunque esso avvenga, oltre a essere un delitto gravissimo per l’uomo che lo ha compiuto, dovrebbe essere vissuto come una vergogna sociale per tutti. Se molte donne sono ancora vittime di violenza, infatti, parte della responsabilità è di tutti e in particolare di quegli uomini che non sono riusciti ad affermare la cultura del rispetto, del dialogo e della ricchezza della diversità di genere. Bisogna impegnarsi ancor di più per garantire la certezza della pena nei confronti degli autori di questi reati, ma anche per generare sin dalle scuole materne un’educazione a una convivenza rispettosa ed egualitaria, per assicurare alle donne diritti contrattuali di tutela e assistenza, per creare condizioni effettive di parità, di partecipazione e di autentica dignità nella vita privata e nel lavoro. Mai più violenza contro le donne.

 

 

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