Sostenibilitą e strategie finanziarie
APRILE 2018
Agorą
Sostenibilitą e strategie finanziarie
di   Mirella Novelli

 

Durante i lavori del World Economic Forum a Davos nel 1999 l’allora segretario delle Nazioni Unite, Kofi Annan, lanciò una iniziativa strategica per promuovere un’economia globale sostenibile rispettosa dei diritti umani e del lavoro, della salvaguardia dell’ambiente e della lotta alla corruzione; in quell’occasione fu sottoscritto il “Patto Globale” meglio conosciuto come Global Compact. Nel 2000 il Global Compact delle Nazioni Unite diviene operativo attraverso un network che oggi unisce governi, imprese, agenzie delle Nazioni Unite, organizzazioni sindacali e della società civile, al fine di promuovere la cultura della cittadinanza d’impresa su scala globale. Per la prima volta viene proclamata la volontà di allineare gli obiettivi della comunità internazionale con quelli degli interessi privati e del mondo degli affari, i dieci principi del Global Compact diventano parte integrante della strategia e delle operazioni quotidiane delle imprese che vi aderiscono, favorendo il dialogo degli stakeholder nel confronto con una economia dai profili etici che vanno dal rispetto dei diritti umani alla tutela dell’ambiente, ai diritti dei lavoratori e di contrasto alla corruzione e che diventeranno, in seguito, sinergicamente funzionali agli obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030 e dell’Accordo di Parigi sul clima. Ad oggi vi aderiscono 18.000 aziende di 161 paesi nel mondo dando vita ad una nuova realtà di collaborazione mondiale per affrontare gli aspetti più critici della globalizzazione: l’elaborazione di politiche e linee guida per gestire, sviluppare, implementare, mantenere e diffondere economie e politiche sostenibili, ma anche supporto alle aziende che sono impegnate in business responsabili.

Nel 2002 nasce il network del Global Compact italiano, gestito inizialmente dall’ILO , che nel 2013 diventa Fondazione Global Compact Network Italia favorendo l’incremento delle adesioni; oggi le aziende italiane che vi aderiscono sono circa 200 e sono impegnate ad integrare, nella loro visione strategica, i principi del Global Compact attraverso la stesura di un rapporto annuale con le azioni adottate per il raggiungimento degli obiettivi legati agli stessi. Da allora, in maniera più o meno consapevole, la sostenibilità è diventata per le imprese un valore aggiunto, come emerge da una recente indagine dell’Università della Bocconi: “le aziende che si organizzano con obiettivi più sostenibili sono più portare ad innovare e ad accogliere opportunità di crescita oltre che ad evitare maggiori costi legati ai rischi e ai conflitti sul lavoro”. La responsabilità sociale dell’impresa (RSI) che prende in considerazione i fattori ambientali sociali e di governance, (ESG - Environmental Social Governance), diventa scelta obbligata con l’introduzione di misure sollecitate dall’ Unione Europea e recepite dai vari Paesi membri che hanno orientato, di fatto, le scelte di molti investitori. Nell’anno 2015 matura l’interesse degli operatori finanziari verso le Aziende con bilanci di rendicontazione sociale e sistemi di Governance con meccanismi di inclusione e responsabilità, assistiamo quindi ad una evoluzione che, dall’embrione della finanza etica, si sviluppa e si consolida. Sulla base di strategie identificate dall’Eurosif (Forum Europeo per Investimenti sostenibili e responsabili) la finanza indirizza il proprio denaro in settori ed aziende con performance ben precise, come: l’uso efficiente delle risorse, con particolare riguardo alle energie rinnovabili, con le migliori performance ESG (investimenti best in class) che rispettano le norme internazionali e le convenzioni Onu le cui decisioni di investimento prevedano l’integrazione di ESG che adottano il dialogo, nella Governance, fra management ed azionisti con fattori di esclusione, anche nella filiera, di settori produttivi ritenuti poco etici che generano un ritorno finanziario sull’impatto ambientale e sociale (Impact Investment).

L’Eurosif, nello studio pubblicato nel 2016, ha dato rilievo al trend di crescita degli investimenti sostenibili e responsabili. Nel solo triennio 2013 - 2015 ha rappresentato un giro di affari pari a 5mila miliardi di euro, a farla da padrone sono risultati gli investimenti indirizzati verso aziende che rispettano norme e standard internazionali, ma cresce l’interesse verso modelli imprenditoriali più innovativi come gli Impact Investing, che rappresentano una novità nel panorama finanziario poiché coniugano profitto e responsabilità del fare impresa: per esempio, investo nel riuso della plastica con un investimento iniziale, ma dal quale ho un ritorno di profitto. Nel 2016 è stato quotato nella borsa italiana il primo fondo di investimento ad impatto ambientale e sociale emesso dalla Cassa Depositi e Prestiti. Lo sviluppo di un modello economico più umano e sostenibile ed il crescente gradimento dei consumatori sempre più orientati all’acquisto di prodotti tracciabili e sostenibili hanno rafforzato negli ultimi anni la valutazione delle operazioni finanziarie. È recente la decisone della Commissione della Unione Europea di presentare una strategia per la realizzazione di un sistema finanziario a sostegno del programma dell’Unione per lo sviluppo sostenibile e per l’adattamento climatico. Oltre allo stanziamento di investimenti pari a 180 miliardi di euro all’anno per collegare la finanza alle esigenze specifiche dell’economia a vantaggio del pianeta, la strategia, attraverso un Comitato Tecnico, elaborerà azioni concrete per un sistema unificato di classificazione riferito ai prodotti finanziari verdi e definire ciò che è sostenibile per la creazione di marchi UE; per adottare solide misure standard atte a migliorare la trasparenza nelle comunicazioni societarie su informazioni non finanziarie, sia come garanzia di stabilità che per consentire agli investitori ed ai cittadini di fare scelte chiare nell’utilizzo del proprio denaro in modo più responsabile.

L’uso consapevole delle risorse, l’impatto ambientale, la tutela e la condivisione dei valori comuni o la capacità di contribuire alla comunità diventano i parametri necessari affinché l’azienda e l’intera catena produttiva, sia credibile per gli investitori; assistiamo quindi ad una vera e propria inversione di tendenza: da sacrificio ed ostacolo nel fare impresa, oggi la sostenibilità diventa un vantaggio, o come definito nell’ultimo Forum sulla Finanza sostenibile a Milano nel novembre 2017, un business case. È opinione degli esperti, ed anche nostro parere, che la sostenibilità non può essere ricondotta solo ad una mera indicazione di parametri e che emettere fondi con criteri molto blandi, spesso in contrasto con la realtà delle aziende, si corre il rischio che le misurazioni ed i parametri ESG non corrispondano al vero con conseguente effetto washing come viene chiamato dagli addetti ai lavori. Ad evitare questo rischio ci ha pensato l’Unione Europea che, il 31 gennaio u.s. con le raccomandazioni del Final Report dell’High level expert group (HLEG) sulla finanza sostenibile, ha introdotto misure per le certificazioni dei fondi di investimento che rispettano i criteri di sostenibilità ad ampio spettro garantendo standard omogenei e di trasparenza agli investitori. Nel corso del 2018 verrà affidato ad un Comitato Tecnico la definizione degli standard europei per l’individuazione delle obbligazioni verdi “green bond” per fornire una maggiore garanzia agli investitori, una priorità questa dettata dal crescente incremento di questi prodotti negli ultimi anni, sia in Europa che nel mondo. Dai dati riferiti dal Climate Bonds Iniziative nel 2016, il loro valore sul mercato si è attestato a 211 miliardi di dollari. I green bond lanciati circa dieci anni fa erano stati pensati per finanziare progetti a tutela ambientale legati soprattutto alle energie rinnovabili; oggi hanno una connotazione più ampia ed investono più settori: dal trasporto pubblico, alla gestione dei rifiuti e della risorsa acqua fino alle soluzioni abitative innovative o per contribuire a mitigare i cambiamenti climatici, come ha fatto la BNP Paribas Asset Management che nel settembre del 2017 ha lanciato il suo fondo “Parvest Green Bond” su scala mondiale.

Sul mercato finanziario europeo ci sono 15 fondi obbligazionari green, con la Francia a fare la parte del leone, ma si registra un particolare interesse e sono in forte crescita in tutti i Paesi dell’eurozona; in Italia procediamo con lentezza, basti pensare che solo nel 2014 è comparso sul mercato il primo green bond lanciato dal gruppo Hera, ma nell’ultimo anno si è registrato un certo fermento, l’emissione di due obbligazioni - l’Enel con un bond pari ad 1,25 miliardi, ed Intesa San Paolo con quello di 500 milioni di euro- lasciano presupporre l’avvio di un dinamismo delle nostre imprese. Anche i mini green bond, nati per garantire un mercato finanziario alle Piccole e Medie Imprese che offrono prodotti e servizi verdi, stanno riscuotendo un discreto successo, ma la vera novità in ambito europeo sono i “social bond” ed i “social impact bond” che coinvolgono settori legati alla sanità, alla assistenza, all’istruzione, allo sviluppo occupazionale, al reinserimento ed all’inclusione e che secondo l’Ocse possono trovare un particolare interesse da parte dei Governi proiettati e risparmiare sulla spesa pubblica. Per ora solo il Regno Unito e l’Olanda occupano un posto di rilievo sul mercato finanziario per questi prodotti, ma anche l’esperienza del primo social impact bond italiano, destinato a finanziare un progetto di reinserimento di ex detenuti delle carceri di Torino, va nella direzione di una strategia complementare del welfare. Per i “social impact bond” sono state avanzate critiche e perplessità circa la partecipazione pubblica e sulla misurazione dei risultati; di recente nell’ambito del Piano Junker, sono state messe a disposizioni degli investitori una serie di strumenti per rendere meno rischiosi e più trasparenti gli investimenti alle imprese sociali, ma molto si dovrà ancora fare.

Si fa spazio nel mercato finanziario, con un trend di crescita, anche il Crowdfunding, una forma di finanziamento innovativa che consente alle aziende di reperire risorse attraverso le piattaforme web. Basato su due principali modelli di investimento: Finanziario, in quanto a fronte del prestito prevede un ritorno economico attraverso il pagamento di interesse o l’acquisto di azioni; non Finanziario che attraverso donazioni o contributi prevede o nessun ritorno economico o solo piccole ricompense. Il Crowdfunding si caratterizza, per la sua trasparenza, per la facilità di connessione tra domanda e offerta e per la condivisione di interessi in quanto i cittadini possono, in modo diretto, investire il proprio denaro in progetti condivisibili. In Europa sono molto diffusi questi investimenti su piattaforme che si occupano di energie rinnovabili, mentre nel nostro Paese fanno capolino nel settore non profit. Rivolgendo uno sguardo specifico sul nostro Paese, i dati registrano che il valore degli investimenti SRI –Sustainable and Responsible Investement come i green bond social bond, è in crescita ma secondo l’Eurosif, e come sopra accennato, il nostro mercato finanziario è ancora caratterizzato dalla presenza di poche compagnie assicurative che sono concentrate soprattutto sui fondi pensione, le pratiche di investimento sostenibile non sono ancora abbastanza diffuse e le aziende non sono entrate a pieno titolo in questo mercato. L’emanazione del Decreto Legislativo n. 254/2016, in recepimento della Direttiva europea 2014/95/UE, che rende obbligatorio per le imprese con più di 500 dipendenti la “comunicazione di informazioni di carattere non finanziario” ci fa ben sperare che gli investimenti sulla sostenibilità e responsabilità sociale (RSI) abbia il suo sviluppo al pari dei Paesi del nord Europa, anche se, come da più parti si raccomanda, si dovrà lavorare su tassazione agevolata ed una fiscalità compensativa per favorire e promuovere la domanda e l’offerta di investimenti sostenibili.

Nella recente assise generale della Confindustria del 16 febbraio u.s., nelle proposte di crescita per il nostro Paese si fa un esplicito e significativo riferimento agli investimenti sostenibili per creare sviluppo favorendo l’incontro tra gli investitori e le imprese, rafforzando la responsabilità di impresa e promuovendo l’adozione di certificazioni internazionali afferenti i vari aspetti della RSI. Anche Confindustria richiama una attenzione per agevolare le Piccole e Medie Imprese oggi non quotate ma impegnate in una crescita attraverso lo sviluppo di prodotti finanziari e l’adozione di un codice di autodisciplina al pari delle aziende quotate per promuovere i rapporti con gli investitori su ambiti specifici della sostenibilità. Questo ci pare un elemento importante perché contempla un passaggio di particolare rilievo: da una finanza aggressiva ad una finanza di condivisione di valori comuni, creando una forte riconnessione fra lavoro e legalità.

 

 

Potrebbe anche interessarti: