Il primo Convegno sindacale dell’Italia liberata: 15 settembre 1944
APRILE 2018
Agorà
Il primo Convegno sindacale dell’Italia liberata: 15 settembre 1944
di   Piero Nenci

 

Il 15 settembre 1944, mentre in metà del Paese si lottava ancora per la libertà, a Roma si tenne “Il primo Convegno sindacale dell’Italia liberata”. Così titolò il Corriere di Roma precisando che ai lavori partecipavano 60 delegati dell’Italia meridionale e insulare, delegati dei lavoratori inglesi e americani e della Federazione sindacale internazionale. In realtà si trattò di un precongresso del sindacato italiano, il primo dopo il ventennio fascista; fu tenuto nel teatro – come precisa l’anonimo articolista – del ministero delle finanze. Per l’Italia centrale erano presenti i delegati di Frosinone, Grosseto e Firenze. Perché ne riferisce proprio il Corriere di Roma? Sarà opportuno precisare che al momento dello sbarco in Sicilia gli Alleati, oltre ad uomini, armi e mezzi, avevano predisposto anche una Divisione per la guerra psicologica (Pwb) alle dirette dipendenze del comando generale delle forze alleate incaricata di controllare tutti i mezzi di informazione italiani. Vi erano stati assunti giornalisti di origine italiana o anglo-americana che avessero buona conoscenza dell’Italia o vi avessero già lavorato. Come prima iniziativa la Pwb sospese la libertà di stampa, chiuse tutte le pubblicazioni colluse col fascismo e stabilì che ogni nuova iniziativa di pubblicazioni doveva essere espressamente autorizzata.

Per informare gli italiani via via che penetravano nella Penisola fondarono alcune nuove testate: Sicilia liberata, Notiziario di Messina, Il Risorgimento (Napoli), Corriere di Roma o autorizzarono, dopo un’opportuna epurazione di ogni elemento del passato regime, vecchie testate come Giornale di Sicilia, Il Mattino, Il Giornale d’Italia ecc. Ecco dunque cosa riferì il Corriere di Roma su quel primo Convegno sindacale dell’Italia liberata. Come introduzione ai lavori del Convegno i delegati fiorentini riferirono che l’azione dei Comitati clandestini di agitazione nelle industrie della loro zona durante l’occupazione tedesca era stata molto attiva: i germanici intendevano impiegare gli operai nello smontaggio del macchinario per trasferirlo al nord; per ostacolare questi ordini e prendere tempo i Comitati avevano chiesto tre mesi di retribuzione anticipata e la distribuzione di un quantitativo di generi alimentari. Alcuni industriali avevano resistito e si erano appellati alle autorità d’occupazione (Rsi e tedeschi), altri avevano aderito alle richieste ma poi non se n’era fatto nulla. I delegati inglesi e americani furono invitati al tavolo della presidenza, il segretario generale della Federazione internazionale, Schevenels, fu pregato di presiedere il Convegno assieme ai segretari della Cgil Di Vittorio, Lizzadri e Grandi. Lizzadri salutò gli ospiti stranieri e ha ricordò loro che i lavoratori italiani non si erano mai considerati in guerra contro i popoli inglese e americano, né mai erano stati solidali con i dirigenti fascisti che avevano oppresso l’Italia per vent’anni. Il Convegno che stava per cominciare voleva dimostrare che i lavoratori italiani “hanno trovato la loro giusta strada nelle organizzazioni libere, indipendenti e democratiche”.

Entro breve termine, aggiunse, tutti i comitati direttivi del sindacato designati dall’alto sarebbero stati sostituiti con elementi scelti per mezzo di elezioni democratiche, con voto segreto e diretto. Poi Lizzadri annunciò che nel congresso che si sarebbe tenuto prossimamente a Napoli si sarebbe proceduto all’elezione di una prima Direzione della Cgil, in attesa della Direzione definitiva che sarebbe stata eletta al primo congresso nazionale, quando tutto il territorio della patria sarebbe stato liberato.

 

Di Vittorio presentò e lesse un ordine del giorno articolato su tre punti:

1) è necessario attuare una immediata democratizzazione di tutto il movimento sindacale e procedere entro un mese all’elezione dei comitati dirigenti di tutti i sindacali locali esistenti sul territorio liberato almeno da due mesi;

2) occorre addivenire alla formazione di Federazioni nazionali dell’industria e delle altre categorie mediante i congressi delle varie branchie produttive;

3) allo scopo di tradurre in viva realtà la proclamata indipendenza del movimento sindacale da qualsiasi partito politico e dallo Stato, nessun sindacato dovrà avere la sede in comune con un partito politico, in nessun sindacato dovranno essere tollerati simboli o emblemi che possano conferirgli una colorazione politica e nessuna intromissione di partiti politici dovrà essere tollerata nella vita del sindacato.

 

Dopo le parole di Di Vittorio si è aperto il dibattito: i vari interventi hanno ribadito la necessità di separare nettamente la politica dei partiti dall’azione del sindacato e il diritto degli operai di qualsiasi partito o tendenza di essere rappresentati nelle proprie organizzazioni sindacali. Nell’intervallo tra i lavori del mattino e quelli del pomeriggio i delegati americani ed inglesi incontrarono i giornalisti italiani. Luigi Antonini (dell’Afl Usa) disse che ovunque, tra i lavoratori italiani aveva riscontrato un’entusiastica simpatia verso i lavoratori americani ed inglesi e i loro sindacati; e la volontà di riabilitarsi dopo la lunga parentesi di servitù. Ora occorreva l’unità sindacale, senza la quale non sarebbe stata possibile l’opera di ricostruzione. Tom O’Brien (Gb) parlò degli importanti incontri che aveva avuto con i lavoratori del sud, in particolare con quelli dell’arsenale di Taranto. Incontri importati anche per stabilire una linea di collaborazione con i sindacati liberi d’Europa: ma era necessaria l’unità di tutte le organizzazioni presenti a questo convegno di Roma. Il secondo giorno del congresso fu aperto dall’intervento di un altro dei tre segretari generali, Achille Grandi, il quale riferendosi alla relazione Di Vittorio ribadì che la raggiunta unità sindacale andava “salvaguardata da ogni tentativo scissionista”. Si è poi concentrato su una serie di questioni organizzative: la rappresentanza delle minoranze e quella del riconoscimento giuridico dei sindacati per il quale disse che non era lontana un’intesa con gli organi dello Stato. Il presidente Schevenels propose quindi di mettere ai voti la risoluzione della segreteria che Di Vittorio riassume brevemente e che i congressisti approvano all’unanimità.

La parola passa quindi ai delegati anglo-americani: Will Lawther loda il desiderio di unità sindacale; anche per Antonini l’unità è la “base indispensabile per la ricostruzione della vita sociale”in Italia e promette che i delegati americani seguiranno con attenzione l’andamento dell’attività del nostro sindacato. Tom O’Brien aggiunge che finché il movimento sindacale italiano continuerà nel cammino democratico potrà contare sull’aiuto e la collaborazione dei sindacati liberi del mondo. Giudica inoltre i lavoratori italiani “in grado di dar prova al mondo che l’Italia ha in se stessa la forza e il potere di risorgere a nuova vita”. Poi Baldanzi: si farà di tutto per aiutare i lavoratori italiani i quali però non devono adagiarsi nell’attesa degli aiuti, devono piuttosto “mettersi al lavoro per la soluzione dei problemi più urgenti”. Viene quindi letto un messaggio inviato dal ministro del lavoro Gronchi, poi Schevenels chiude il convegno: afferma d’essersi trovato di fronte a lavoratori “consci del proprio destino e animati dalla volontà di superare le difficoltà che hanno davanti”. Dice che dal dibattito si è reso conto della consapevolezza dei delegati delle difficoltà cui andranno incontro. Ha constato le debolezze del movimento sindacale italiano ma anche la volontà dei sindacalisti, convinti che “nell’unità sta la forza e la garanzia del loro avvenire”. Alla fine del meeting i lavoratori italiani hanno espresso un lungo messaggio di saluto ai lavoratori inglesi ed americani nel quale, tra l’altro, si legge: “usciti da vent’anni di dittatura fascista, i difetti delle nostre organizzazioni sono ancora tanti. 

Ne abbiamo coscienza e siamo animati dalla ferma volontà di superarli. Ma noi abbiamo pure un vanto: quello di aver realizzato l’unità sindacale più vasta che sia mai stata compiuta nel nostro Paese. Questa nuova unità è il frutto dell’esperienza compiuta da tutte le correnti del popolo italiano, nella lotta comune contro il fascismo e la sua guerra”. Nella lettera fu scritto anche che i lavoratori italiani volevano costruire uno Stato veramente democratico e popolare nel quale non fosse possibile a nessun brigante e a nessun gruppo imperialista di porlo tra i provocatori di guerra. “Crediamo di avere diritto di essere considerati – come lo siamo di fatto – vostri amici, vostri alleati, alleati di tutti i popoli che combattono per la stessa causa di libertà, di civiltà e di rapporti pacifici fra tutti i Paesi del mondo”. Per questo i congressisti domandano che l’Italia possa essere ammessa al beneficio della legge affitti e prestiti e di essere considerata “vostra alleata”. Nel pomeriggio Luigi Antonini, delegato dall’Afl, si è rivolto con un radiomessaggio ai lavoratori sindacalizzati degli Stati Uniti per spiegare d’essere venuto nel nostro Paese che sta lottando per la libertà per raccogliere informazioni sulla rinascita del movimento operaio; ha descritto le condizioni materiali dei lavoratori italiani come “quasi disperate”: essi aspettano aiuti perché “il bisogno è immenso”. Ha proseguito: “Nessun lavoro di ricostruzione può essere intrapreso senza l’aiuto dal di fuori e gli occhi dell’intera nazione italiana sono perciò rivolti verso l’America”. Le parole del Presidente Roosevelt che ha promesso un vasto aiuto all’Italia hanno risollevato il morale del popolo italiano. E ha concluso: “Ho assicurato gli operai italiani che la coscienza collettiva dell’America non resterà sorda al grido d’aiuto dell’Italia”.

 

 

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