Gioco d’azzardo patologico: un fenomeno sociale in continua espansione
APRILE 2018
Agorà
Gioco d’azzardo patologico: un fenomeno sociale in continua espansione
di   Eliana Giangreco

 

Il gioco d’azzardo patologico, o meglio il disturbo da Gioco d’azzardo (DGA), è una forma di “dipendenza senza sostanza”, che purtroppo negli ultimi anni sta prendendo sempre più piede nel nostro Paese, andando ad abbracciare una platea variegata di “giocatori”: circa un milione di individui tra giovani, pensionati e disoccupati, con un’incidenza largamente maggiore rispetto persino alle tossico- dipendenze. Complice della sua diffusione è anche la crisi economica che ha colpito il nostro Paese, infatti dai dati emerge che si gioca molto di più nelle fasce povere della popolazione. Esso rappresenta, soprattutto tra le persone appartenenti appunto ai ceti medio/bassi, la speranza di poter risolvere i problemi economici attraverso un singolo evento (vincita al gratta&- vinci, alle slotmachines, ecc). Nel giocatore patologico si innesca un meccanismo psicologico dal quale è difficile uscire senza essere aiutati; egli pianifica la sua vita in funzione del gioco, viene assorbito da esso rincorrendo la vincita, anziché percepire la perdita di denaro come deterrente essa funge per lui da stimolo a investire altro denaro in un altro gioco, entrando in un circolo vizioso. Il giocatore pensa di poter smettere, si sente capace di controllare il gioco, ma in realtà finisce per essere controllato lui stesso dal gioco.

Si radica in lui l’illusione di poter gestire la situazione, e invece nella stragrande maggioranza dei casi ci si ritrova ostaggi di questo perverso sistema, che lo Stato sembra voler combattere ma che in realtà utilizza per fare cassa. Non si può sottovalutare il problema anche perché il disturbo gradualmente finisce con il poter assorbire tutto il resto delle attività, delle emozioni e delle capacità relazionali del soggetto. Occorre osservare il fenomeno nella sua globalità, infatti, tutto quello che lo riguarda può avere pesanti costi, che alla fine tutta la società è chiamata a pagare: spese sanitarie (è stato dimostrato che i giocatori patologici sono esposti ad un rischio più alto di sviluppare patologie correlate allo stress come ad esempio l’ipertensione, l’ulcera ed emicrania), disgregazioni dei nuclei familiari, aumento della criminalità e perdita della produttività lavorativa. Pertanto il disturbo de quo può diventare un vero problema sociale. Da un punto di vista normativo, fino a dicembre 2012 il gioco d’azzardo patologico non era identificato come malattia; da questo mancato riconoscimento ne derivava che ai giocatori ed ai loro familiari non era attribuito alcun diritto in ordine all’accesso in strutture pubbliche per poter usufruire dell’assistenza necessaria. La situazione si è modificata con il D.l. n° 158/12 (convertito nella legge n° 189/12), conosciuto come Decreto Balduzzi; in particolare l’art. 5 in tema di aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza fa riferimento anche “alle prestazioni di prevenzione, cura e riabilitazione rivolte alle persone affette da ludopatia, intesa come patologia che caratterizza i soggetti affetti da sindrome da gioco con vincita in denaro, così come definita dall’Organizzazione mondiale della sanità (Gioco d’Azzardo Patologico -G.A.P.-)”.

L’inserimento ufficiale all’interno dei LEA è avvenuto con il DPCM del 12 gennaio 2017 con il quale, come sappiamo, si è provveduto a definire e aggiornare i livelli essenziali di assistenza da garantire su tutto il territorio nazionale. Il cambio di approccio nei confronti del gambling, nel considerarlo come un problema di salute, è emerso anche con lo spostamento del relativo Osservatorio nazionale, dapprima istituito presso l’Agenzia delle Dogane e successivamente presso il Ministero della Salute. Inoltre con, l’art. 1 comma 133, della legge 23 dicembre 2014, n. 190 è stato istituito un Fondo strutturale di 50 milioni di euro destinato alla prevenzione, alla cura e alla riabilitazione delle patologie connesse alla dipendenza da gioco d’azzardo. Da questo breve excursus emerge che intorno a questa tematica sembra che si sia acceso un interesse, ma sarebbe nascondere la testa sotto la sabbia se non constatassimo che in realtà l’approccio dello Stato è quello del “bastone e la carota”; purtroppo infatti questo atteggiamento si è rivelato poco sensibile e quasi bifronte: se da un lato sembra interessarsi e contrastare il disturbo da gioco d’azzardo, dall’altro persevera a non dismettere in modo rilevante il gioco d’azzardo ed anzi continua a lucrare su giochi e scommesse.I dati evidenziano questa situazione, rispetto al 2015 (88 mld) nel 2016 c’è stato un aumento della spesa pari all’ 8% (equivalente a 7mld): la spesa totale per il gioco d’azzardo per il 2016 è stata di 96 miliardi di euro.

Questa cifra rappresenta il 4,4% del PIL nazionale, poco meno rispetto a quanto gli italiani spendono per mangiare e più di quanto lo Stato spende, ogni anno, per l’istruzione (4,1% del PIL). Oltre alla crescita del fatturato è aumentato anche il numero di coloro che hanno sviluppato dipendenza, con conseguenti danni economici, lavorativi e familiari oltre al rischio di cadere nella rete della criminalità organizzata; aspetto quest’ultimo da non sottovalutare visto che gli interessi economici mossi dal gioco d’azzardo si trasformano in un moltiplicatore per attività illecite, pensiamo all’usura, al riciclaggio, al racket, ai furti e rapine nonché alle frodi fiscali. Altro fenomeno che non dobbiamo sottovalutare e che determina grande preoccupazione, è il circuito dell’on-line (nel 2016 si è registrato un incremento rispetto al 2015 del +25%), che essendo per sua natura di più semplice accesso, anche attraverso smartphone, e sottoposto a pochi controlli, è facilmente raggiungibile soprattutto dai giovani, circa il 40% dei minorenni non sa che per loro esiste il divieto di partecipare a tutte le forme di gioco che prevedono vincite in denaro. Ognuno di noi è libero di poter giocare, non siamo assolutamente per proibire tout court il gioco d’azzardo, il proibizionismo, come la storia insegna, ha portato quasi sempre a risultati diametralmente opposti, aprendo poi la strada al “contrabbando” e all’infiltrazione delle organizzazioni mafiose. Non c’è un’equazione che leghi necessariamente il gioco al farsi del male, di questo noi ne siamo convinti, ma siamo altrettanto convinti che un’adeguata attività di informazione e prevenzione siano indispensabili e possano fare la differenza;“giocare” d’anticipo creando  e diffondendo informazioni sui rischi che possono derivare dal DGA già dalle scuole, può sicuramente aumentare la sensibilizzazione dei futuri adulti, rendendoli più responsabili ed in grado di autodeterminarsi, contribuendo a creare così una cultura del gioco. Il proibizionismo e l’accusa continua all’industria del gioco non sono le soluzioni, semmai rappresentano solo un continuo rimbalzo di responsabilità, il problema sono stati i vari Governi che nel corso delle legislature non hanno saputo e/o voluto rinunciare ad allungare le mani sugli introiti del gioco.

Riteniamo che sia più opportuno procedere verso una regolamentazione, attraverso la definizione di una legge nazionale che si occupi della materia. Di questi e altri aspetti è sostenitrice la campagna nazionale “Mettiamoci in gioco”, a cui come UIL aderiamo e della quale abbiamo condiviso l’appello fatto ai candidati alle elezioni appena svoltesi, sostenendo la necessità che il nuovo Governo dovrà adoperarsi per raggiungere la definizione di una legge quadro nazionale, proprio a questo proposito abbiamo intrapreso un lavoro di costruzione di una proposta di legge, i cui aspetti più rilevanti sono: la previsione di percorsi di presa in carico differenziati in base alle esigenze del singolo paziente all’interno dei SerD (Servizi per le dipendenze  patologiche); nell’ipotesi in cui venga diagnosticato il disturbo da gioco d’azzardo al paziente deve essere riconosciuto il diritto all’esenzione dalla compartecipazione al costo della spesa sanitaria; la promozione da parte del ministero dell’Istruzione, della Salute, dell’Università e della Ricerca di predisporre campagne di informazione e promuovere progetti di educazione sui fattori di rischio connessi al gioco d’azzardo nelle scuole di ogni ordine e grado, coinvolgendo istituzioni locali e servizi territoriali del servizio sanitario nazionale; per una maggiore protezione dei giocatori patologici previsione dell’utilizzo, anche per l’online, della tessera sanitaria e contestuale creazione di una forma di monitoraggio che permetta ai giocatori che lo vogliano di autoescludersi da qualsiasi forma di gioco d’azzardo; l’introduzione della figura dell’amministratore di sostegno nominato dal giudice tutelare per permettere alla persona affetta da gioco d’azzardo patologico di provvedere ai propri interessi qualora non ne sia in grado. Essendo un fenomeno che, come abbiamo visto in precedenza, può avere ripercussioni non solo sulla persona che ne è colpita, ma sull’intera società, occorre che le istituzioni politiche elaborino delle strategie, a partire appunto dalla definizione della legge quadro nazionale, perché purtroppo fino a quando non si arriverà a questo risultato e continuerà ad esistere una frammentazione legislativa in materia, tutti gli obiettivi prefissati continueranno ad essere rimandati senza raggiungere risultati concreti: è necessario un cambio di rotta, difficile, ma non impossibile.

 

 

Potrebbe anche interessarti: