Trasfomare l’Unione Europea
APRILE 2018
Agorà
Trasfomare l’Unione Europea
di   Laboratorio Europa

 

L’Europa oggi è arrivata ad un punto di svolta. La crisi finanziaria ed economica ha fatto emergere le contraddizioni di fondo su cui poggia l’UE e l’Eurozona in particolare; ha evidenziato, in maniera inequivocabile, l’impossibilità dell’Unione, così come si configura oggi, a risolvere i problemi delle persone. È necessario un cambio di passo; è arrivato il momento di affrontare la questione di fondo che ci riguarda tutti: la questione democratica e “l’idea stessa di Europa”, per dar corso ad una sorta di “Rinascimento europeo”, per reagire al suo declino politico, culturale, demografico ed alla sua crisi esistenziale; decidere di ripartire, con un nuovo inizio, rimettendo la persona con i suoi problemi ed i suoi valori, al centro dell’attenzione e dell’azione.

La Politica: per farlo, e farlo bene, l’Unione deve introdurre la “Politica” come ispirazione e centro motore delle sue Istituzioni. Averne fatto a meno, fino ad oggi, è stato un grave errore che ha impedito di riempire il vuoto che man mano si è creato tra sovranità europea e quelle nazionali; occorre trovare il coraggio, partendo dall’Euro-Unione, di andare oltre la situazione attuale, “provando a delineare i tratti di un popolo europeo capace di autodeterminarsi”, senza il quale è difficile che “possano vedere la luce istituzioni legittime” (R. Esposito).

 

Perché appartenere all’Unione

La nostra convinzione è che l’appartenenza all’Unione Europea debba essere la conseguenza di una consapevole valutazione dei vantaggi economici, sociali e politici che possono derivarne per ciascun membro.

 

Ciò che viene contestato alle istituzioni dell’Unione Europea dai suoi oppositori, è una distribuzione di questi vantaggi in modo diseguale, con una logica di “figli e figliastri”. Comunque per quanto ci riguarda, bisogna stare nell’UE per:

a) definire nuove regole e nuove istituzioni: il nostro obiettivo, quindi, è di contribuire, con un dibattito aperto, all’elaborazione di proposte mirate ad accrescere i vantaggi complessivi e a migliorare la loro distribuzione. Ciò implica che chi definisce le regole, e le istituzioni, condivida questo duplice obiettivo. Le politiche e le regole da introdurre non possono essere considerate giuste di per sé e difese a prescindere dagli effetti che avranno sotto i due aspetti di creazione e distribuzione di valore, come invece sembra essere avvenuto, in diverse occasioni, fino ad oggi;

b) completare le misure per L’Eurozona: contribuire a cambiare alcune politiche nell’Eurozona e/o accelerare alcuni provvedimenti fermi da tempo. In particolare serve, ad esempio, un cambiamento del paradigma economico e sociale che regola l’Eurozona; il completamento di tutto il pacchetto che riguarda la finanza, le banche, il MES (meccanismo europeo di stabilità), la questione degli investimenti,  come pure il rilancio della domanda, la questione del debito, la partecipazione, attraverso un maggior coinvolgimento, delle parti sociali alle scelte della CE e dell’Unione.

 

I tre scenari

L’Unione ha davanti a sé tre scenari.

Il primo: continuare come sempre, con rinvii continui e piccoli interventi tampone, senza equità, per stato di necessità, non per convinzione. Il tutto sganciato da ogni strategia, senza l’indicazione del futuro che ci attende, con una tabella di marcia credibile, rischiando prima o poi di affondare.

Il secondo: decidere, invece, di affrontare i nodi, cioè i limiti dell’Eurozona, dalla radice; quelli economici, quelli sociali e quelli politici ed istituzionali, come strumenti per trasformare l’Unione, con una inte grazione  progressiva.

Il terzo, il più ambizioso, forse il più difficile, ma necessario: partire subito dalla dimensione politica. Pensare, cioè, ad un nuovo inizio per l’Europa, con un atto fondativo, un “patto costituzionale” tra alcuni o tutti i paesi dell’Eurozona.

 

Le nostre scelte prioritarie:

1 - trasformare l’Unione: oggi l’Unione non rappresenta più un valore aggiunto in grado di dare le risposte giuste alle persone. È cambiata completamente la percezione che queste ne hanno. NON può restare così com’è, basata principalmente sugli interessi, sugli egoismi e sulla competizione tra paesi, senza la possibilità e la capacità di esprimere una “volontà” comune, senza fiducia reciproca, senza una “identità” politico-culturale unificatrice. Ecco perché occorre trasformarla, passando per l’Eurozona, per non continuare ad illudersi e ad illudere i cittadini che si possa continuare con la vecchia idea di una “pan-Europa”, sempre più larga, comprensiva di tutto e di tutti, ma con istituzioni ibride e senza controllo democratico;

2 - attuare concretamente le politiche, senza fingere: procedere su due binari, contemporaneamente: uno, mettere l’Unione in condizione di attuare concretamente alcune politiche a favore delle persone, compresi gli interventi in campo economico, in particolare tra i paesi  dell’Eurozona, anche se non più sufficienti; l’altro, come accennato, accelerare le scelte a favore dell’integrazione democratica, partendo dall’Eurozona (o con chi ci sta). Gli Stati europei hanno il dovere di agire. Chi non è d’accordo non ostacoli e non offra l’alibi agli altri per tenere tutto bloccato. Nei primi 40-50 anni l’UE non è stata ferma. Oggi sì mentre servono nuove politiche e nuove istituzioni;

3 - avviare la convergenza economica e sociale, finalizzata al benessere ed alla felicità delle persone. Il contrario del consolidamento e del mantenimento del patto di bilancio, che va profondamente rivisitato, in un’ottica di impatto sociale ed ambientale;

4 - avviare uno spazio pubblico europeo, per consolidare dei “Beni pubblici Europei”, ad esempio, il governo dei flussi migratori, l’attuazione di misure di sicurezza e di una politica estera comune;

5 - democratizzare l’Eurozona (ipotesi “A”) avviando l’Unione Sociale, l’Unione economica e di bilancio, l’Unione dei valori, come base dell’Unione politica, attraverso il completamento dell’Eurozona, creando gli strumenti per un processo decisionale democratico e trasparente, indicando tempi, modalità e procedure per portarlo in porto. (2024);

6 - realizzare l’Unione politica (ipotesi “B”): oppure, in alternativa, per accelerare i tempi ed uscire da questa situazione di stallo e dei piccoli passi, partire dalla Politica, consci che non bastano più le proposte saltuarie della Commissione; non basta più questo PE così com’è ora. Non bastano più i proclami retorici sull’Europa, sia dentro che fuori le istituzioni, come fanno spesso anche coloro che hanno il potere per agire e non lo fanno, limitandosi alle dichiarazioni e/o alle raccomandazioni, senza che si capisca bene a chi si rivolgano. Ognuno è responsabile di fronte al Parlamento del proprio Paese, rimane un vuoto. Manca l’interfaccia europea che abbia una responsabilità politica comune, su poche cose, ma chiare; una responsabilità condivisa e trasparente;

7 - realizzare una Unione federale “leggera” e democratica (“titolare” di una quantità limitata di materie la cui sovranità viene condivisa, lasciando il resto ai singoli Paesi); creare, cioè, una Unione Politica sovrana di Stati sovrani, su basi federali, con un “interlocutore” chiaro e riconoscibile, un “sovrano” responsabile di quello che fa di fronte ad un Parlamento eletto democraticamente dai cittadini, su liste europee. Questo è il nostro valore aggiunto: la democrazia, i diritti e la politica, che devono marciare di pari passo con la soluzione dei problemi concreti di cui l’Unione è responsabile, anche attraverso un’integrazione progressiva. Per far ciò, l’Unione attuale deve:

8 - approvare una Tabella di marcia con l’indicazione delle tappe e degli strumenti per realizzare l’Unione Politica e Federale, attraverso un vero e proprio “Patto fondativo costituzionale” mediante:

a)  n’assemblea costituente eletta durante le elezioni del 2019 tra i Paesi che desiderano far parte dell’Unione politica, o con l’approvazione, da parte di questi stessi Paesi, di

b) un Trattato Costituzionale tra alcuni o tutti i paesi dell’Eurozona, da sottoporre a referendum popolare, al massimo entro il 2024;

9 - mantenere una Comunità Economica e Commerciale (Mercato Unico) tra/ e/con i Paesi dell’“Opting out”, cioè con i Paesi che non entrano nell’Unione federale (Stati Uniti d’Europa), consolidando, così, le Due “Unioni” che già esistono, ma con due finalità diverse, una politica ed una commerciale.

 

 

Roma, Gennaio 2018

 

 

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