Piattaforma per la Manifestazione Unitaria dell’11 Maggio 2019
#LeRadiciDelLavoro
MAGGIO 2019
Sindacale
Piattaforma per la Manifestazione Unitaria dell’11 Maggio 2019 #LeRadiciDelLavoro
di   Fai, Flai e Uila

 

 

La piattaforma varata da Cgil Cisl Uil, il 22 ottobre scorso, ha indicato con chiarezza l’idea di crescita che vogliamo per il nostro Paese. Una crescita basata sul lavoro - che aumenti diritti, salario e tutele – sostenibile - che attraverso investimenti pubblici e privati sappia rilanciare il nostro sistema produttivo – equa e giustache miri ad abbassare le tasse che pesano eccessivamente su lavoratori e pensionati. – inclusiva - che sappia valorizzare gli assi sociali strategici del Paese dal welfare, alla sanità, all’istruzione. La manifestazione unitaria del 9 febbraio #FuturoalLavoro ha posto con forza al centro del dibattito pubblico le nostre priorità: creare lavoro, un lavoro di qualità e con i giusti diritti, per un’idea diversa di sviluppo. Il Governo, però, continua a non ascoltarci ed è per questo che unitariamente il sindacato prosegue in una forte mobilitazione di tutte le categorie per far sentire la voce delle tante lavoratrici e lavoratori.

Dentro questa più generale rivendicazione per il lavoro, i diritti, la qualità del lavoro e lo sviluppo, si colloca la Mobilitazione Unitaria di Fai, Flai e Uila dell’11 maggio #LeRadiciDelLavoro con la quale vogliamo portare all’attenzione del Governo e delle controparti le problematiche che attengono alle lavoratrici e ai lavoratori del settore agroalimentare, ittico e forestale.

 

Per una politica salariale espansiva. Incrementare la capacità di spesa dei lavoratori/lavoratrici e rinnovare i CCNL del settore.

È necessario garantire un rafforzamento della contrattazione a tutti i livelli e un aumento dei salari, contrastando la povertà e riducendo le disuguaglianze. Come previsto dagli Accordi Interconfederali, siglati da Cgil, Cisl e Uil e le Associazione delle Imprese, il Governo dovrebbe “rafforzare le misure di sostegno a un modello di relazioni industriali autonomo, innovativo e partecipativo, che sostenga la competitività dei settori e delle filiere produttive, nonché il valore e la qualità del lavoro, e favorisca, anche attraverso la diffusione della contrattazione di secondo livello, i processi di trasformazione in atto e il collegamento virtuoso fra innovazioni, produttività del lavoro e retribuzioni”. Occorre, inoltre, affermare, anche attraverso il rinnovo dei CCNL, una politica salariale espansiva volta ad aumentare la capacità di spesa delle persone in modo da dare nuova linfa ai consumi interni, favorendo così produzione e occupazione stabile.

In questo quadro rivendicativo riteniamo:

 

Indifferibile la composizione del tavolo di trattative che in tempi rapidi porti al rinnovo del CCNL dei lavoratori forestali.

Dopo 7 anni di mancato rinnovo, i lavoratori hanno perso salario e diritti, rimanendo un settore prevalentemente finanziato attraverso risorse pubbliche, a cui non è stato ancora rinnovato il contratto di lavoro. L’Italia è un Paese fragile in cui il 91% dei comuni è a rischio idrogeologico, abbiamo un grande patrimonio naturalistico e paesaggistico da tutelare e preservare, e che oggi più che mai necessita di un grande investimento pubblico in tutto il territorio nazionale. Questo al fine, da un lato, di contrastare, l’abbandono e gli incendi in alcune aree del Paese e, dall’altro, di mettere a reddito la risorsa bosco, attraverso un uso consapevole e sostenibile della filiera legno-energia, per dare anche nuova occupazione ai giovani e argini l’inesorabile spopolamento delle aree interne e dei comuni montani.

 

Necessario rinnovare nei tempi previsti i Contratti Nazionali del settore agroalimentare.

Questo per dare risposte concrete alle centinaia di migliaia di lavoratrici e lavoratori coinvolti, sia dal punto di vista economico che normativo, che hanno contribuito e continuano a contribuire allo sviluppo economico e sociale del Paese.

 

Doveroso rinnovare il CCNL degli Allevatori, fermo da un decennio, fondamentale per ridare dignità ai lavoratori e all’intero comparto. Il sistema allevatori fiore all’occhiello della zootecnia italiana e dell’intera filiera agroalimentare, infatti, necessita di soluzioni, anche contrattuali, per superare le criticità che da anni affliggono il settore e garantire il futuro dell’intero comparto attraverso la giusta valorizzazione delle qualità del Made in Italy e delle professionalità dei lavoratori.

 

Investimenti: migliorare infrastrutture e mobilità.

Costruire una vera ed innovativa politica industriale per il Paese e tutelare il Made in Italy. Serve programmare un rapido e decisivo incremento degli investimenti pubblici. Questo per sviluppare le infrastrutture ed aumentare così la produttività, incrementare l’occupazione e, al contempo, rendere maggiormente competitivo il nostro sistema produttivo. Inoltre, gli investimenti pubblici moltiplicano, generano, condividono e attraggono gli investimenti privati concorrendo così a creare ricchezza.

Di contro a queste proposte il Governo ha tagliato 6,4 miliardi di euro ai fondi per gli investimenti pubblici, quando sono proprio gli investimenti la prima leva dell’economia italiana per generare una crescita sostenuta, rinnovare il modello di sviluppo e creare nuova occupazione. In quest’ottica, è fondamentale, anche, avanzare un vero ed innovativo progetto di politica industriale che sappia individuare le missioni strategiche del nostro Paese e su di esse investire per rendere il sistema produttivo italiano sempre più competitivo non solo all’interno dei confini nazionali ma anche nel mercato globale.

Chiediamo, inoltre, che il Governo apra un tavolo di confronto con Fai, Flai e Uila per discutere delle norme in materia di tutela dei “Marchi storici”, che costituiscono uno degli elementi fondamentali del valore del Made in Italy, al fine di aumentare le tutele per i lavoratori ed i vincoli con il territorio di origine, che contribuiscono a rendere uniche le nostre produzioni nel Mondo.

 

• Mezzogiorno: aumentare investimenti e creare occupazione.

Realizzare una politica economica espansiva per il Mezzogiorno per far ripartire produzione e servizi. Il Mezzogiorno è il grande assente dell’ultima Legge di Bilancio. Non solo non sono previsti nuovi interventi e politiche dedicate, ma, oltretutto, si rimodulano e si spostano negli anni futuri 1,6 miliardi di euro già destinati tra fondo sviluppo e coesione e cofinanziamento nazionale ai fondi comunitari. Inoltre, si tagliano 250 milioni di euro al credito d’imposta per investimenti al Sud. Il rilancio del Mezzogiorno, invece, richiede, con urgenza, una politica economica non più soltanto orientata al superamento della crisi, ma espansiva e capace di far ripartire la produzione e i servizi nonché di generare quel processo di redistribuzione della ricchezza che è mancato in questi anni. In particolare, Cgil, Cisl e Uil chiedono sia un piano di investimenti su opere infrastrutturali, completando alcuni grandi assi viari e ferroviari, accelerando la realizzazione degli interventi già programmati, sia un investimento finalizzato a connettere efficacemente territori e persone da e tra le diverse aree del Mezzogiorno.

 

• Mercato del lavoro: favorire l’occupazione stabile.

Incrementare le tutele nelle crisi aziendali, applicare completamente la legge 199/2016 contro lo sfruttamento e il caporalato e contrastare il crescente fenomeno delle imprese senza terra. Il lavoro stabile si promuove facendolo costare meno del lavoro precario: è necessario, di conseguenza, ridurre in maniera ancor più significativa il cuneo contributivo/ fiscale per i contratti a tempo indeterminato.

Vanno, al contempo, rese strutturali le misure previste nell’ultima Legge di Bilancio per affrontare le crisi e le ristrutturazioni aziendali al fine di dare certezza alle esigenze di proroga degli ammortizzatori sociali, in particolare quelle relative alla cessazione di attività e procedure concorsuali, nonché quelle inerenti le aziende con piani di risanamento complessi ed in aree di crisi complesse. Infine, va abolito il décalage del 3% oggi previsto per la NASpI. L’attuale quadro normativo mette in evidenza l’inadeguatezza degli strumenti per far fronte alle crisi aziendali. Il limite di durata della CIG e della NASpI e il contemporaneo aumento dell’età pensionabile, producono una conseguenza particolarmente drammatica: lavoratori in età avanzata espulsi dal mondo del lavoro senza il diritto alla pensione.

A ciò si aggiungono situazioni di lavoratori che ricevono trattamenti differenziati pur avendo analoghe condizioni e ambiti parzialmente o totalmente esclusi dal sistema degli ammortizzatori. Occorre risolvere ciascuna delle criticità evidenziate dall’esperienza concreta, con una logica di coerenza interna, che sappia tener conto delle caratteristiche del tessuto produttivo del nostro Paese. Altro elemento di forte criticità è costituito dal settore di imprese cooperative e loro consorzi che esercitano attività di trasformazione, manipolazione e commercializzazione, disciplinato dalla Legge 240/1984 art. 3, rientranti nella previdenza agricola, che dopo la fine della mobilità non hanno altra copertura se non la CIG, in quanto esclusi dalla NASpI.

È necessario, inoltre, prevedere un adeguato ammortizzatore sociale per il settore agricolo, che intervenga nelle ipotesi di rilevanti calamità naturali, quali prolungata siccità e dissesti idrogeologici, volto ad integrare il reddito nel caso in cui si perdano giornate di lavoro o perdita del lavoro stesso. Non da ultimo, ribadiamo l’urgenza di prevedere un apposito intervento per tutelare il reddito dei braccianti agricoli stagionali pugliesi, e non solo, che hanno visto ridursi drammaticamente le proprie giornate di lavoro a causa del combinato disposto di Xylella e gelate. Allo stesso modo, occorre un intervento che renda strutturale il sostegno di un ammortizzatore sociale per i lavoratori del settore della pesca estendendo anche ad essi la possibilità di accedere alla CISOA Agricola. Per quanto riguarda la lotta al lavoro nero e alle varie forme di sfruttamento Fai, Flai e Uila esprimono la più viva preoccupazione in quanto alla vigilia delle grandi campagne di raccolta, l’iniziativa governativa è ancora ferma al confronto racchiuso intorno ai tanti tavoli costituiti.

Tra poche settimane torneranno ad imperversare caporali e imprenditori sfruttatori senza che alcuna delle promesse vantate sia stata realizzata. Fai, Flai e Uila ribadiscono, inoltre, che va rafforzata, valorizzata ed incentivata la rete del lavoro agricolo di qualità e vanno istituite in tutto il Paese le sezioni territoriali della rete con l’obbiettivo di creare una filiera produttiva eticamente orientata in grado di salvaguardare la dignità del lavoro anche in questo settore. Al Governo chiediamo di dare subito piena applicazione alla Legge 199/2016 superando i ritardi nella parte propositiva che prevede collocamento, alloggi e trasporto dei lavoratori impegnati nelle grandi campagne di raccolta e di incrementare i controlli sui territori attraverso un ampliamento delle risorse, anche umane, destinate all’Ispettorato Nazionale del Lavoro.

Chiediamo, inoltre, un provvedimento urgente che ponga fine al fenomeno delle imprese senza terra e delle false cooperative che nel settore agricolo costituiscono la nuova frontiera del caporalato e nelle quali si annidano forme inaccettabili di sfruttamento di migliaia di lavoratrici e lavoratori. In agricoltura sono impegnati migliaia di lavoratori migranti: donne e uomini che scappano da situazioni terribili e che, arrivando nel nostro paese, troppo spesso non trovano accoglienza ma sfruttamento e situazioni abitative drammatiche. Le lavoratrici e i lavoratori migranti hanno diritto ad avere un’adeguata accoglienza, il rispetto del Contratto di Lavoro e godere di tutte le tutele e i diritti che devono stare in capo ad ogni lavoratore nel nostro Paese.

 

• Riforma fiscale: abbassare le tasse sul lavoro.

Avviare una decisa ed efficace lotta all’evasione fiscale. Nel Paese c’è un carico fiscale eccessivo sui redditi da lavoro dipendente e da pensione. Cgil, Cisl e Uil credono sia giunto il tempo di una riforma complessiva del sistema, nel nome dell’equità e della progressività, necessaria anche per favorire lo sviluppo del Paese. In quest’ottica non è più rinviabile una stretta sull’evasione fiscale che è stata quantificata in oltre 111 miliardi annui, di cui 35 miliardi di sola IVA.

Risorse che devono essere con urgenza restituite alla collettività. Ribadiamo, inoltre, l’assoluta contrarietà a ogni ipotesi di “tassa piatta” genericamente presentata come possibilità di ridurre complessivamente il carico fiscale. Essa, infatti, rischia di avere un effetto positivo solo per i redditi più alti, mentre per quelli medi e bassi, o non ci sarà alcun beneficio, o peggio, produrrà un aumento del carico fiscale.

 

• Previdenza: superare la Legge Fornero.

Tutelare gli stagionali ed inserire l’agricoltura, la pesca e la macellazione delle carni tra i lavori usuranti. Per molte lavoratrici e lavoratori dell’agroalimentare la pensione potrebbe arrivare all’età di 70 anni! Chiediamo la modifica della Legge Fornero per favorire, in modo strutturale, una maggiore flessibilità in uscita. Riteniamo, infatti, necessaria la definizione di una norma che renda strutturale la possibilità di andare in pensione in anticipo rispetto ai requisiti di età e di contribuzione previsti dalla normativa ordinaria.

Questo anche perché la così detta “Quota 100” rappresenta un provvedimento a termine che scadrà alla fine del 2021 e l’Ape Social è stata prorogata solo fino alla fine del 2019. Per tutti i settori lavorativi ed ancor più i settori a maggior tasso di usura, di stagionalità e di precarietà come i settori da noi rappresentati dell’agricoltura, della pesca e della macellazione delle carni, il problema da risolvere con urgenza è rappresentato dalle situazioni in cui il lavoratore perde il proprio lavoro per ragioni di salute o per il suo licenziamento, ad una età avanzata che rende estremamente difficile la possibilità di essere reinserito nel mondo del lavoro.

La Legge Fornero e la Legge 8 agosto 1995, n. 335 che ha introdotto il sistema di calcolo delle pensioni in forma contributiva ha, infatti, penalizzano pesantemente i lavoratori stagionali del settore agroalimentare che hanno un lavoro caratterizzato da una forte discontinuità, precarietà e da un basso reddito. Tali condizioni hanno come conseguenza la difficoltà a maturare i requisiti per la pensione, sia in termini di anzianità contributiva che di requisito di 1,5 volte l’importo della pensione sociale (€ 448,07 per il 2017). Riteniamo, poi, necessario introdurre dei correttivi affinché le pensioni dei giovani non risentano in modo estremamente negativo del calcolo contributivo, ma possano maturare importi che consentano una vita dignitosa.

Riteniamo, infine, non più rinviabile il riconoscimento del lavoro agricolo, della pesca e della macellazione delle carni (avicole, suine, bovine) tra i lavori usuranti in modo da permettere anche a questi lavoratori di potere anticipare l’età pensionabile.

 

• Salute e Sicurezza: aumentare la Prevenzione.

Riconoscere le malattie professionali tipiche del settore agroalimentare e promuovere un lavoro sicuro, dignitoso, legale e regolare. Non ci può essere lavoro buono se non c’è rispetto dei diritti, della qualità e della dignità delle persone e per questo consideriamo la tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro come elemento indispensabile e indisponibile. Lavoro sicuro, lavoro dignitoso, lavoro legale e regolare sono le nostre priorità dell’agire quotidiano.

La crisi ha portato un generale disinvestimento alla prevenzione lavorativa, assieme ad un lavoro sempre più debole, precario, fragile e povero. Nei nostri settori registriamo lavoratori con patologie molto importanti, dovute al tipo di lavorazione, che comportano una ridotta capacità lavorativa. Le denunce di malattie professionali non vengono riconosciute e lasciano il lavoratore nel limbo dell’incertezza e della difficoltà lavorativa. Inoltre, la dissonanza fra l’aumento dell’età lavorativa e il depotenziamento delle politiche della tutela della salute li mette davanti ad un forte rischio: l’espulsione dal mondo del lavoro.

 

 

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