La sottoscrizione dei contratti contribuisce a ridare fiducia all’intero sistema
APRILE 2018
Intervista al Presidente Aran Sergio Gasparrini
La sottoscrizione dei contratti contribuisce a ridare fiducia all’intero sistema
di   Antonio Foccillo

 

Presidente abbiamo rinnovato i contratti per circa 3 milioni di lavoratori dopo quasi 10 anni! È stato un grande risultato sia per le sigle sindacali che per il Governo. Ritiene che sia stato un momento significativo la sottoscrizione di tutti e quattro i contratti collettivi e perché?

E' stato un risultato importante sotto molti punti di vista. Aver rinnovato i contratti significa aver invertito il senso di marcia rispetto alla scelta (più o meno giustificata o giustificabile) di recuperare risorse dal sistema pubblica amministrazione nel suo complesso ed in particolare dal lavoro pubblico. I dati che periodicamente Aran pubblica sull’andamento delle retribuzioni e sull’andamento dell’occupazione mostrano il segno di un progressivo “impoverimento” della forza lavoro delle pubbliche amministrazioni. La ripartenza della stagione contrattuale e la rapida risposta che le parti hanno saputo dare con la sottoscrizione dei contratti contribuisce a ridare respiro e fiducia all’intero sistema che ha bisogno di essere sostenuto e valorizzato per metterlo in condizioni di offrire servizio sempre più qualificati ai cittadini ed alle imprese.

 

La stagione contrattuale appena terminata ha mosso i suoi primi passi con l’accordo per ridefinizione dei comparti di contratta zione. Questo ha prodotto necessariamente una esigenza di omogeneizzare, per quanto possibile, la disciplina degli ex undici comparti. È stato raggiunto questo intento? E, se sì, quali sono state le parti più significative e quali le parti più complicate?

Di certo l’accordo sulla riduzione dei comparti non è stato un obiettivo semplice. Abbiamo impiegato molto tempo prima di individuare una soluzione soddisfacente per tutte le parti sedute al tavolo. Purtroppo la legge non consentiva molti margini di azione avendo già individuato la soglia di massimo 4 comparti di contrattazione. Tuttavia ritengo che, nonostante il limite imposto dalla legge, le parti abbiano saputo individuare con grande pragmatismo una buona soluzione di compromesso. La prova dei fatti ha poi dimostrato ciò che avevamo inizialmente prefigurato quale unico punto di vera criticità dell’accordo, ovverosia, la scarsa assimilabilità delle discipline contrattuali riferibili agli ex comparti Scuola, Ricerca, Università ed Afam, confluiti, come è noto, nel comparto unico Istruzione e ricerca. Di contro possiamo invece affermare che la omogeneizzazione delle discipline relative al rapporto di lavoro degli altri ex comparti di contrattazione abbia dato un buon risultato. Ad oggi le preesistenti differenze (a volte marginali e difficili da giustificare) sui singoli istituti del rapporto di lavoro della generalità dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni sono state quasi totalmente azzerate perseguendo l’obiettivo di una maggiore equità, chiarezza e semplicità applicativa.

 

Può farci un esempio dell’istituto che ritiene più innovativo, per tutti e quattro i comparti, della c.d. parte comune?

La parte più innovativa dei nuovi accordi riguarda la maggiore elasticità e flessibilità che è stata introdotta per consentire ai lavoratori ed alle amministrazioni di conciliare le loro rispettive esigenze. Sono state introdotte, infatti, maggiori tutele e garanzie per lavoratori che presentano esigenze meritevoli di particolare attenzione soprattutto in relazione ai mutamenti intervenuti nel contesto sociale. Penso ad esempio alle opportunità offerte alle donne vittime di violenza ed al pieno riconoscimento delle unioni civili. Al contempo aver riconosciuto contrattualmente modalità di esecuzione della prestazione lavorativa con maggiori margini di flessibilità concede alle amministrazioni di poter articolare l’orario di lavoro in modo più elastico e quindi più confacente alle effettive esigenze della collettività.

 

Nelle trattative ci siamo posti l’obiettivo di salvaguardare e garantire quanto più le singole specificità dei comparti nelle sezioni contrattuali. E questo andava necessariamente fatto perché ogni realtà ha alle spalle una sua storia e funzioni differenti che inevitabilmente ricadono anche sull’organizzazione della singola istituzione e del rapporto di lavoro. Ritengo che la tutela delle autonomie si sia raggiunta soprattutto riconoscendo e promuovendo il ruolo della contrattazione integrativa. In che modo si è rilanciato questo livello di contrattazione dopo anni di stallo?

I frutti di questa scelta debbono ancora essere raccolti, e la qualità di questi frutti dipenderà dalla capacità delle amministrazioni da un lato e delle parti sindacali dall’altro di interpretare con una rinnovata maturità la nuova sfida che i contratti di lavoro appena siglati offrono alle parti in campo. Le relazioni sindacali di posto di lavoro avranno il delicato compito di dare concretezza e quindi sostanza all’applicazione delle nuove regole. Lo schema che abbiamo condiviso con i sindacati si sviluppa esattamente su questa direttrice. Un contratto nazionale tendenzialmente più snello (nei limiti oggettivi derivanti anche dall’accorpamento dei comparti), composto da regole meno ambigue e rinvio alla contrattazione integrativa della regolazione di dettaglio cercando di evitare inutili (talvolta dannose) sovrapposizioni tra le discipline contrattuali.

 

Più volte ci siamo trovati a discutere sui confini del perimetro legislativo tracciati attorno alla contrattazione. Le nostre interpretazioni del nuovo Testo Unico del Pubblico Impiego, per quel che riguarda il rapporto tra legge e contratto, non sono poi così coincidenti anzi. Mi sono sempre battuto al tavolo perché si riconoscesse al contratto il suo ruolo di fonte naturale della disciplina del rapporto di lavoro e ritengo che sul fronte della delegificazione (vedi la Scuola) si siano fatti dei passi in avanti. Anche se ancora se ne potranno fare nel prossimo contratto?

È un argomento molto appassionante che meriterebbe una risposta particolarmente approfondita. In questa intervista mi limito ad osservare che le distanze che abbiamo registrato nel nostro “vivace” confronto sull’argomento non sono poi così marcate come è apparso dai contenuti e dai toni della discussione. Di certo siamo stati sempre d’accordo nel riconoscere la centralità del contratto collettivo nella definizione delle regole concernenti il rapporto di lavoro e, di conseguenza, la capacità derogatoria dello stesso rispetto ad eventuali fonti legislative che fossero intervenute a disciplinare aspetti appartenenti alla sfera regolativa del contratto collettivo nazionale. In realtà, allo stato attuale, si è avvertito un limitato bisogno di questa capacità derogatoria, diversamene da quanto accadeva durante il periodo della cosiddetta “prima” e poi “seconda” privatizzazione del rapporto di lavoro laddove la primazia del contratto rispetto alla legge rispondeva ad una logica molto specifica e cioè quella di sostituire una intera disciplina contrattuale ad un impianto complessivo di regole provenienti dal passato.

 

Un notevole passo in avanti si è fatto per il nuovo modello di relazioni sindacali. Può illustrarci come e con quali contenuti si è tradotto nei diversi contratti?

Il modello delle relazioni sindacali si basa sulla nuova formulazione degli articoli 5 e 40 del decreto legislativo n. 165/01. Come ho già anticipato è un punto particolarmente qualificante delle intese firmate perché assegna alle parti un ruolo più maturo e consapevole. Da un lato il perimetro delle materie contrattabili è stato ampliato avendo riguardo di demandare a tale livello negoziale esclusivamente materie attinenti al trattamento economico ed ai diritti direttamente pertinenti al rapporto di lavoro, dall’altro le scelte più direttamente riconducibili all’organizzazione del lavoro nella sua accezione più ampia sono state ricondotte nell’ambito di nuove ed auspicabilmente più moderne modalità di partecipazione sindacale quali il confronto e l’organismo paritetico per l’innovazione.

 

Sul fronte degli incrementi economici sono state rispettate le linee dell’accordo del 30 novembre 2016: 85€ medi di aumento e la garanzia del bonus fiscale degli 80. Ma non solo! Abbiamo fatto di tutto per portare nel contratto quante più risorse possibili in aggiunta agli 85€ medi. Per lei quali sono state le maggiori difficoltà nel reperire queste risorse?

In effetti un risultato che potrebbe apparire scontato in realtà non lo è stato affatto. Va ricordato che per reperire gli oltre 5 miliardi complessivi necessari per i rinnovi sono state necessarie ben tre leggi di bilancio tra il 2016 ed il 2018. Era comunque presente da parte di tutti la consapevolezza che fosse assolutamente indispensabile onorare l’accordo del 30 di novembre ed in questo le parti al tavolo si sono mostrate coerenti e determinate. Anche aver garantito che gli aumenti non pregiudicassero la corresponsione del bonus degli 80 euro è stato un risultato tutt’altro che scontato. La discussione anche all’interno del Governo, ed in particolare con il Ministero dell’Economia, è stata molto accesa ma la soluzione trovata è stata senza dubbio la migliore.

 

Un’ultima domanda. In quelle quattro – ormai famose – nottate passate prima della sigla dei rispettivi contratti ci sono stati dei momenti dove ha pensato che non ci fossero le condizioni per arrivare alla firma? E di quelle insonni notti quale ritiene sia stata la più ostica?

Per la verità nonostante i numerosi momenti di tensione ho sempre avuto fiducia nella capacità di tutti i soggetti intorno al tavolo di trovare le giuste mediazioni. Sono convinto che sia da parte mia che da parte dei sindacati che hanno firmato le intese abbia sempre prevalso il senso di responsabilità verso tutti coloro che lavorano nel variegato mondo delle pubbliche amministrazioni, nei confronti dei quali era assolutamente indispensabile offrire una segnale di forte attenzione, per l’avvio di un percorso di rilancio e valorizzazione senza il quale non sarà possibile garantire la qualità e la quantità dei servizi alla collettività.

 

 

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