Ecoreati tra mafia e corruzione. La risposta e l’impegno del sindacato
LUGLIO 2018
Società
Ecoreati tra mafia e corruzione. La risposta e l’impegno del sindacato
di   Andrea Costi

 

I fatti giudiziari e quelli di cronaca ci segnalano che siamo di fronte a nuovi paradigmi malavitosi che propongono, contemporaneamente, aspetti per i quali non c’è più soltanto la mafia a cercare, ricattare e corrompere il livello istituzionale e politico o il sistema produttivo. Sempre più spesso, infatti, assistiamo ad un ribaltamento delle situazioni, dove è il politico, l’imprenditore o il rappresentante istituzionale a cercare il mafioso.

Sindaci costretti a lasciare perché impegnati a fare rispettarele leggi, talora minacciati e sfiduciati, e, insieme, anche sindaci primi attori di un vero eproprio sistema di potere mafioso. Un’asse fra corruzionee mafia che affonda gli artigliin molteplici ambiti attinenti isettori ambientali e territoriali:dal traffico o smaltimento illegale di rifiuti, al settore del ciclo del cemento, dall’inquinamento da sostanze radioattiveall’inquinamento delle risorseidriche, al fenomeno degli incendi, e così via.Un esempio, fra tutti: le agri-mafie. Il settore agroalimentare, infatti, rappresenta unterreno privilegiato di investimento della malavita organizzata, anche per il riciclaggio di denaro sporco. Ed è un pericoloso impatto non solo sul tessuto economico locale e nazionale, ma anche sulla salute dei cittadini (e dei lavoratori) e sull’ambiente. L’interesse mafioso riguarda tutta la filiera: dalla produzione al trasporto, dalla gestione dei grandi centri di stoccaggio e smistamento, fino alla rete di vendita, perché si esercita sia attraverso lo sfruttamento della manodopera, quindi del lavoro nero e del caporalato, sia attraverso il condizionamento nella definizione dei prezzi e dei tempi del raccolto… Un giro d’affari enorme, e, oggi, ben documentato.

Secondo il Rapporto Ecomafia 2018 di Legambiente, i reati nel settore agroalimentare toccano ormai quota 37 mila, e sono in crescita, con oltre 20 mila persone denunciate o diffidate, quasi 200 arresti e 2800 sequestri: un bollettino di guerra, che colpisce soprattutto i settori ittico, della ristorazione, di vini e alcolici, della sanità e cosmesi, e con un valore dei sequestri 2017 di ben oltre 1 miliardo di euro (a fronte di neppure 700 milioni, del 2016). “La prima battaglia da vincere è quella contro il lavoro nero… dobbiamo affidare alle parti sociali la gestione sul territorio dell’incontro tra domanda e offerta di lavoro d’intesa con le prefetture, dobbiamo mobilitarci verso tutta la filiera affinché l’eticità del lavoro sia alla base di un nuovo marketing… così come dobbiamo rimettere ordine nella giungla degli appalti al “massimo ribasso”, dove ciò che effettivamente si abbassa è il livello di sicurezza del lavoro, provocando inaccettabili infortuni e morti bianche” (Stefano Mantegazza, segretario generale Uila-Uil). Altri dati di conferma della pericolosità di questo fenomeno, quindi della necessità di risposte adeguate e responsabili, come sollecita Mantegazza: il fatto che quasi la metà dei beni confiscati sia costituito da terreni e aziende agricole (circa 30 mila), e il fatto che il made in Italy, le produzioni doc e tutte le eccellenze dell’agroalimentare italiano tanto siano supercontrollate in Italia (Nas dei carabinieri, guardia di finanza, istituto repressione frodi, istituto superiore di sanità, Asl, uffici d’igiene, ecc) quanto poco lo siano negli altri Paesi, anche europei (falsificazione o imitazione dei prodotti italiani nel mondo, in mano alle mafie, con un giro d’affari stimato da Eurispes intorno a 60 miliardi di euro l’anno).

Più in generale, tornando al Rapporto Ecomafia 2018 di Legambiente, emerge chiaramente come il bollettino di guerra delle agrimafie sia solo quotaparte di un dato complessivo, per ‘materie’, tanto omogeneo quanto allarmante: crescono a dismisura sia i numeri dei reati contro l’ambiente, sia il fatturato dell’ecomafia: + 9,4% nel 2017, fino a quota 14,1 miliardi di euro, con un picco di illeciti concentrato nel settore dei rifiuti e nella regione Campania, ed una risposta repressiva molto forte (+140% di ordinanze di custodia cautelare rispetto al 2017). Un numero di arresti per crimini contro l’ambiente mai così alto. Un numero di inchieste sui traffici illeciti di rifiuti mai così alto.

“Cementificazione, abusivismo edilizio, ciclo illegale dei rifiuti, incendi, roghi e criminalità nel settore agroalimentare sono obiettivi primari anche per la Uil, in una azione costante di lotta alla corruzione e di argine concreto ai tanti “ladri di futuro” che ancora oggi condizionano la vita e le aspettative dei cittadini e dei lavoratori italiani”, così commentava la segretaria confederale Uil Silvana Roseto, già un anno fa, esprimendo una valutazione positiva nei confronti del Rapporto Ecomafia di Legambiente e riaffermando una convinzione costante negli anni da parte della Uil (a più ragione, quindi, circa questi dati 2018, tanto più ‘severi’) per “un rinnovato impegno del Sindacato, insieme agli altri soggetti coinvolti: Magistratura, Forze di Polizia, Capitanerie di Porto, Polizia giudiziaria, polizie municipali, e sistema di monitoraggio e controllo sul territorio (Arpa, Ispra, ecc)… in particolare, la Uil conferma l’efficacia della legge 68/2015 “Disposizioni in materia di delitti contro l’ambiente” che sollecita una maturazione “concordata e sinergica” della società italiana nei confronti dell’ambiente, in termini di rispetto e tutela”.

 

Ai ‘ladri di futuro’ è, insomma, possibile contrapporsi. A partire dal dato riguardante la corruzione, che resta il nemico numero uno dell’ambiente e dei cittadini, in quanto, come afferma il Rapporto “l’alto valore economico dei progetti in ballo e l’ampio margine di discrezionalità in capo ad amministratori e pubblici funzionari, che dovrebbero in teoria garantire il rispetto delle regole e la supremazia dell’interesse collettivo su quelli privati, crea l’humus ideale per le pratiche corruttive”. Questione di volontà e capacità politica di tutti i soggetti coinvolti, nessuno escluso, per una sfida di fondamentale importanza: la riconquista di quel controllo sociale del territorio che oggi le mafie ancora esercitano, magari (?) attraverso la ridefinizione di un nuovo patto fra istituzioni e rappresentanze della società civile e del mondo del lavoro, sulla base di priorità a suo tempo concordate (2015) fra Uil, Cgil, Cisl, Libera e Legambiente:

 

Il 2018 è anche anno di record per lo scioglimento delle amministrazioni comunali per infiltrazioni mafiose (già 16 da gennaio, contro 20 del 2017), e sono oltre 40 i Comuni attualmente commissariati dopo lo scioglimento, mentre, negli ultimi cinque anni, salgono a oltre 2 mila le intimidazioni contro gli amministratori pubblici che difendono lo stato di diritto e la salvaguardia dell’ambiente da parte dei clan mafiosi. 331 i clan mafiosi censiti da Legambiente. Un numero enorme! La carta d’identità dei ‘ladri di futuro’, contro i quali l’applicazione della legge 68/2015 registra positivamente un’impennata netta del 75% lo scorso anno: gli ecoreati contestati da tutte le forze dell’ordine passano, infatti, da 173 del 2016 a 303, quasi 5 prescrizioni al giorno (e incasso relativo di più di 3 milioni di euro), oltre cento sequestri (pari a circa 12 milioni di euro), un migliaio di denunciati (fra persone fisiche e giuridiche), una trentina di arresti…

 

“Il domani ecosostenibile, con una affermazione piena della legalità, è una grande impresa civile, certamente alla nostra portata, che richiede un impegno culturale non minore dell’opera di prevenzione e di repressione dei reati che le forze di polizia, la magistratura e tutte le istituzioni sono chiamate a compiere ogni giorno con dedizione… il mio augurio è che il Rapporto Ecomafia contribuisca a fare crescere energie positive e impegno, anzitutto nei giovani, la cui sensibilità per i temi dell’ambiente – e dunque del loro futuro – è molto sviluppata… lo sfruttamento dei beni comuni, lo squilibrio, l’inquinamento, le azioni fraudolente, il dissesto sono veri e propri delitti compiuti contro le generazioni di domani, e costituiscono nell’oggi una violenza che comprime i diritti della persona”, così il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, in occasione della presentazione del Rapporto 2018 di Legambiente. È un augurio che trova una prima, positiva, risposta in una serie di proposte che Legambiente pone sul tavolo del confronto e della possibile condivisione da parte di soggetti coinvolti, non ultimo il Sindacato:

 

Quest’ultimo tema – i rifiuti – è, insieme a quello del cemento, il tema dove risulta particolarmente, e strettamente, connesso il legame tra legalità e tutela del territorio. Per lo smaltimento dei rifiuti industriali e urbani, i reati ambientali erano stati quasi 26 mila nel 2016, contro una crescita molto forte delle inchieste nel 2017 – la più alta percentuale settoriale di illeciti – e relativa crescita delle tonnellate di rifiuti sequestrate dalle forze dell’ordine – verso i 5 milioni, o, come si legge nel Rapporto, “pari ad una fila ininterrotta di 181.287 Tir per 2.500 chilometri”. Gli impatti sono (assai) negativi sulla salute sia dei cittadini che dei lavoratori che operano in tali ambiti. La responsabilità oggettiva delle aziende che conferiscono in discarica rifiuti tossici e nocivi classificati come normali si lega ad una rete di malaffare e corruzione propria di un sistema mafioso, che coinvolge - oltre ai clan - gestori, amministratori e sistema produttivo. Inoltre, è evidente il danno erariale dovuto alla conseguente evasione fiscale e contributiva. Insomma, una condizione economica di illegalità che – certo, non solo nel settore dei rifiuti – genera processi devastanti dal punto di vista morale, culturale, economico, ed è senza dubbio una delle principali cause delle difficoltà a ritrovare una prospettiva nuova di sviluppo sostenibile. Da qui la presenza di fenomeni come i ricatti, l’usura, le connivenze, le penetrazioni mafiose nella vita civile, ed in quella politica e istituzionale. A rischio gli spazi stessi di democrazia. Gli spazi che il Sindacato non abbandona.

 

 

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