Voci e commenti dal XVII Congresso - Le risposte dei delegati all’inchiestina elaborata da Lavoro Italiano
LUGLIO 2018
Congresso Uil
Voci e commenti dal XVII Congresso - Le risposte dei delegati all’inchiestina elaborata da Lavoro Italiano
di   Piero Nenci

 

Come ha fatto nei precedenti congressi, Lavoro Italiano ha voluto dar spazio e voce ai delegati che hanno partecipato al congresso nazionale dello scorso giugno. Se non tutti, molti avrebbero voluto prendere la parola: per approvare o precisare, per incoraggiare o mettere sull’avviso, per allargare i discorsi o almeno aggiungere qualcosa. Impossibile farlo in quella sede. Molti avevano già dato il proprio contributo durante tutta la fase dei congressi locali, delle strutture, delle categorie, delle realtà regionali. Ma parlare al congresso nazionale sarebbe stata un’altra cosa. Ebbene Lavoro Italiano ha aperto un piccolo spazio per dar voce a tutti anche nella sede del congresso nazionale. Abbiamo preparato una scheda con tre domande e l’abbiamo distribuita a quanti ci sono passati davanti. Forse eravamo un po’ stonati in questo XVII congresso così tecnologico ma l’intento era di fare quattro chiacchiere senza troppe pretese e dare a tutti la possibilità di parlare come se lo facessero dal palco. Per chiedere: e tu che ne pensi? Ce la faremo a realizzare il nostro programma? La Uil che è già così cresciuta, continuerà a crescere o diventerà striminzita come un circolo dopolavoristico? Dunque abbiamo distribuito le nostre schede con tre domande. Nessuno l’ha rifiutata. Purtroppo solo un numero ridotto ce l’ha restituita con le risposte. Ma non sono state risposte banali. Vale la pena di leggerle. Le abbiamo sintetizzate in queste pagine

 

LA PRIMA DOMANDA

Nel confronto col governo gli ultimi anni sono stati particolarmente laboriosi e solo per la tenacia del sindacato (della Uil in particolare) da un clima di conflitto si è passati alla discussione e agli accordi. Ora questo governo giallo/ verde sembra voler considerare il sindacato una realtà da ridurre all’irrilevanza. Secondo te esistono margini per attivare circuiti virtuosi per conservare il dialogo sociale e tutelare i diritti acquisiti?

Sì, questi margini esistono; magari esigui e difficili ma ci sono e sarebbe sciocco non vederli o non cercarli: così la maggior parte dei delegati. Sono stati pochissimi quelli che hanno affermato il contrario. Allora questi margini, queste aperture, questi spazi vanno percorsi. Cominciando a mostrarli anche a chi non se n’è accorto. “I circuiti si attivano se noi creiamo le condizioni partendo dalla sensibilizzazione e dalla mobilitazione di lavoratori, pensionati e cittadini”. “I margini per operare ci sono sempre; è nostro dovere allargare questi spazi per la difesa dei nostri rappresentati. Lo abbiamo fatto con i governi passati, lo faremo anche col governo attuale”.

“Certo che questi margini ci sono, l’importante però è mantenere il rapporto di fiducia con la gente”. Un altro delegato ha sottolineato che “il dialogo sociale conviene anche a quelli del governo” e altri ancora hanno osservato: “non mi sembra che il governo attuale voglia limitare le organizzazioni sindacali” e “da quanto affermato dal ministro Di Maio ci sono buone speranze”. Un’altra voce ha aggiunto che gli spazi per il sindacato ci sono ma “occorre conservare ed incentivare il dialogo, tanto più che il ministro Di Maio nel suo intervento ha lasciato intravedere una certa buona volontà in quel senso”. Dunque da queste prime risposte si coglie un clima di fiducia: lo spazio per operare c’è e d’altra parte “Chi non comprende l’importanza delle parti sociali che in questi anni hanno garantito la democrazia può considerarsi già sconfitto”. Dunque il sindacato ha davanti a sé sufficienti margini di manovra dove agire, “a condizione che unitariamente faccia vedere e sentire di essere nella piazza, sia quella fisica che quella virtuale”. Qualcuno invece si è soffermato sulle possibili difficoltà che il sindacato potrebbe incontrare col nuovo governo: “Se non dialogheranno con il sindacato dovremo dare segnali di protesta forte con iniziative sui luoghi di lavoro e arrivare, se necessario, allo sciopero generale”. Non sono però mancati delegati che hanno avuto accenti di pessimismo.

Ha risposto uno: “con questo governo circoli virtuosi non ce ne saranno e questo ci offrirà l’occasione di tornare a fare educazione civica, sociale e dei diritti in contrapposizione all’attuale populismo”. E un altro: margini di manovra? Pochi “ma vanno perseguiti con decisione”. Tanto più che il governo “non può ridurre ai minimi termini l’attività del sindacato che è l’unico soggetto che tutela lo stato sociale, come fa la Uil, sindacato di tutti i cittadini”. Su un’altra scheda leggiamo che stiamo vivendo “in un clima da diritti requisiti; la contrapposizione tra diritti acquisiti e diritti requisiti allontana e svia soluzioni e proposte a vecchi e nuovi problemi sociali. Per cui il sindacato deve mantenere la barra sul merito delle questioni”. Un delegato ha spostato i termini del problema: saremo capaci di azioni forti ma i lavoratori ci seguiranno? Ed ha dato questa risposta: “Bisogna fare più scuola di sindacato negli ambienti di lavoro; per impedire chi ha deciso di chiuderci la bocca l’unica risposta sono la storia e le finalità del sindacato raccontata e spiegata a chi si è dimenticato chi siamo noi”. Un altro delegato ha completato a modo suo: “Abbiamo l’opportunità di coinvolgere e comunicare col mondo del lavoro; le nostre idee e le nostre strategie improntate alla concretezza sono un’arma vincente; è indispensabile utilizzare tutti i canali di comunicazione ed essere ancora più presenti nei luoghi di lavoro”. Il discorso è stato allargato in modo improvviso da un altro congressista che ha scritto: “Il sindacato deve considerare la parte datoriale non come un nemico da combattere ma come una parte con cui collaborare per il bene dei lavoratori e dell’azienda per la crescita del Paese”. Altri hanno risposto con toni incoraggianti: “Le condizioni necessarie per il lavoro del sindacato ci sono, via ogni pregiudizio!” piuttosto – ha detto un altro – “Il sindacato deve trovare i tavoli governativi per portare avanti il confronto, per continuare il dialogo sociale e per conservare e ampliare i diritti”. Un delegato ha risposto chiaro e tondo di non condividere l’idea che “l’attuale governo voglia ridurre il sindacato all’irrilevanza” e un altro, quasi a completare il suo pensiero ha aggiunto che “margini di manovra ce ne sono nella misura in cui il sindacato riesce ad intercettare e a rappresentare i bisogni reali di tutti i lavoratori, specie di quelli privi di tutele”, ma “bisogna continuare a crederci”, “bisogna trovare le leve per allargare gli spazi che ci si presentano”, “sempre pronti all’ascolto”.

D’altronde – ha scritto un altro delegato – non ci sono elezioni in vista per poter cambiare il quadro politico; il governo giallo/ verde lo sa e per “mantenere l’equilibrio nel Paese instaurerà un dialogo tra le parti”. Insomma si ha la netta impressione che la gente Uil sia ben consapevole del clima in cui il sindacato è chiamato ad operare: le difficoltà non mancano ma il sindacato ha tutte le capacità per continuare il suo lavoro; i suggerimenti che qui abbiamo raccolto vanno tutti nella direzione per continuare dritti nella nostra strada, per insistere a coltivare la democrazia, per mantenere aperto il dialogo: come sindacato laico la Uil non guarda al colore di chi governa ma a come governa.

 

LA SECONDA DOMANDA

Quale comportamento dovrebbe mantenere la Uil, quale ruolo dovrebbe svolgere per continuare ad esercitare il proprio compito di sindacato dei cittadini?

“La Uil non deve aver paura ad entrare in campo sulle varie questioni, come fanno i sindacati di base. Ci si deve sporcar le mani e non temere d’andare incontro a situazioni di conflitto”. Bisogna “stare con e tra i lavoratori, più sulle piazze che nelle stanze”. Bisogna “rivendicare l’accoglienza più che la sicurezza, la solidarietà più che la paura che ci spinge nell’ombra”. “La Uil deve stare – e portare la gente – al centro”. Queste le prime risposte cui fanno seguito: “dare spazio ai giovani attraverso iniziative mirate”, “le persone devono avere più voce, dobbiamo ascoltare di più e meglio”. Dobbiamo “comunicare, comunicare, comunicare”, aggiunge un altro delegato. E per farlo bisognerà “sfruttare i social per attrarre i giovani, quelli che non ci conoscono e pensano che non siamo utili, bisogna far conoscere, rendere pubblico quanto facciamo”. Entrando più nel merito un delegato ha evidenziato la necessità di “sottolineare le contraddizioni, smascherare le menzogne, puntare sul merito delle questioni, non perdere di vista i nostri valori istitutivi”.

Un altro ha messo in guardia dal pericolo che la Uil possa imborghesirsi: deve invece avere una visione completa della società, creare un rapporto più stretto fra le varie categorie lavorative in modo da avere “una visione del lavoro a 360 gradi e non a comparti stagni. Allora saremo davvero il sindacato dei cittadini”. Un terzo delegato ha insistito sulla “unitarietà”: trovare cioè dei temi comuni, obbligare la discussione su questi temi “come baluardi della nostra agenda, così da catalizzare l’attenzione dei lavoratori, senza tanti giri di parole”. Ad una lettura veloce sembrerebbero osservazioni di poco conto invece, a ripensarci, si scopre che sono suggerimenti di saggezza dettati dall’esperienza e dalla pratica sindacale di cui sarebbe bene tener conto. È stato ribadito da parecchi l’invito al sindacato ad “ascoltare”, il che significa che più di un delegato ha colto una lacuna in tal senso. La Uil – è la voce di un altro delegato – non deve smettere di “pensare, studiare, comunicare” perché il sindacato “è uno dei pochi luoghi di formazione delle opinioni, luogo collettivo e democratico, rimasto in piedi”. Il lavoro flessibile e quello precario devono contare molto di più nei momenti di confronto e di mobilitazione. E bisogna “attualizzarsi sui nuovi mestieri, rappresentare tutti i lavoratori dipendenti ed autonomi”; ampliare i diritti a tutti, preoccupandosi di quanti ne sono esclusi.

“Essere sindacato dei cittadini – ha ragionato un delegato – è una grossa responsabilità; comporta la messa in pratica di concetti come uguaglianza, fratellanza, libertà. La Uil li ha perseguiti da sempre, pagando anche un tributo di sangue durante la guerra; questo non va dimenticato, va riaffermato”. Su altre schede si trovano indicazioni particolari di cui la Uil dovrebbe tener conto: ad esempio attenzione alla sicurezza del lavoro che nei primi mesi di quest’anno è stata poco sicura e su questo problema è importante una linea comune con Cgil e Cisl che però “a livello territoriale è difficilissima”. Oppure: attenzione ai “problemi quotidiani delle famiglie: asili nido, scuola, trasporti gratuiti per gli studenti, logistica per gli universitari”. E anche: “Stare tra la gente per percepire la povertà che avanza e capire quali sono le vere esigenze della gente”. Osservazione quest’ultima affermata anche dai dati Istat appena pubblicati che dimostrano come sia vero che l’ombra della povertà sta coprendo aree sempre più vaste di popolazione. Insomma la Uil dovrebbe essere “un osservatorio permanente del mondo del lavoro con analisi, approfondimenti, proposte in continua verifica”. Forse, suggerisce un altro delegato, “c’è bisogno di tornare tra la gente, sui luoghi di lavoro, ascoltando le aspettative”. Ma come? Questo non è il compito quotidiano del sindacato? Probabilmente il delegato che ha scritto questo suggerimento ha notato che non sempre viene fatto. La Uil, leggiamo ancora, “deve indurre il governo a confrontarsi sulle proposte che unitariamente (speriamo) saremo capaci di avanzare; deve arrivare ai risultati, altrimenti non ci resta che la lotta”. “Lotta anche con forme non tradizionali – aggiunge un altro – ma bisogna insistere, non fermarsi a promesse e parole, esigere dei fatti concreti”.

Si dice che bisogna coinvolgere lavoratori e pensionati “su ogni scelta”, che bisogna affrontare il nuovo governo “con spirito laico e senza pregiudizi”, che il sindacato deve essere trasparente, avere professionalità e competenza e insistere “in modo asfissiante”. Si aggiunge che l’azione della Uil deve essere “collaborativa ma mai collusiva col governo”. Un delegato ha indicato due problemi sui quali “bisogna portare a casa ulteriori risultati: sul sovraccarico fiscale di lavoratori e pensionati e sulle norme per le pensioni. Un altro delegato, attento e preciso, ha stilato per la Uil un programma in quattro punti: scegliere ed elaborare proposte concrete. A conclusione leggiamo la risposta di una delegata lombarda: “Credo che la Uil sia il sindacato della differenza, perché di strategico dialogo con le controparti finalizzato alla soluzione per la ricerca del ‘benessere’ negli ambienti di lavoro. Questo bisogna raccontarlo a tutti, iscritti e non, per persuadere chi ci ascolta che noi siamo un valore aggiunto nel mondo del lavoro”.

 

LA TERZA DOMANDA

Se tu potessi incontrare amichevolmente un ministro (quello dello sviluppo e del lavoro, ad esempio) quale problema gli presenteresti come più grave e più urgente?

Questa terza domanda ha sollecitato quasi tutti a tracciare veri e propri programmi per il ministro del lavoro. I temi suggeriti al ministro sono anzitutto quello della disoccupazione: dei giovani, delle donne, dei laureati, di quanti sono stati espulsi e non trovano nuova collocazione; per creare occupazione sono però necessari nuovi investimenti e più attenzione allo sviluppo industriale, bisogna ridurre il peso fiscale sul mondo del lavoro, trovare soluzioni ai casi di crisi. Qualche delegato si è soffermato su qualche problema particolare come la questione sicurezza, gli appalti e i subappalti, i casi di sfruttamento, la necessità di mandare in pensione gli anziani posti in cassa integrazione che non riescono a ricollocarsi. Sono stati indicati come argomenti da sottoporre all’attenzione del ministero anche il superamento del decreto Po-letti, l’insufficiente potere d’acquisto, la troppa burocrazia che intralcia le aziende, il ripristino dell’art. 18 dello Statuto, una possibile riduzione dell’orario per far posto ai giovani, la necessità di estendere la contrattazione e quella di una maggior attenzione al Mezzogiorno.

Più di un delegato ha detto di voler parlare col ministro della sempre più evanescente dignità del lavoro. Un delegato ha risposto alla nostra domanda scrivendo: “di che parlare col ministro? Di tutto, perché tutti i problemi del mondo del lavoro sono urgenti”. Qualcuno ha polemizzato, vorrebbe dire al ministro: quando il vostro governo capirà l’evanescenza del suo programma, “cosa intenderete fare per il Paese?”. Oppure: “prima studiate, poi avrete una miglior concezione delle politiche che assillano il nostro Paese”. Più dettagliatamente viene richiesto: l’attivazione di tutti gli strumenti che possono generare lavoro, a cominciare dagli investimenti pubblici; la valorizzazione del capitale umano di cui disponiamo; il dialogo con i sindacati perché sono loro che conoscono meglio – meglio di qualsiasi ministro – il mondo del lavoro; si chiede al ministro di leggersi bene i contratti di lavoro e capirà meglio come operare e lo si invita a non lasciare soli quei lavoratori che a causa di ristrutturazioni o crisi restano senza alcun impiego. Lo si invita anche a non sprecare il capitale dei laureati e a non pensare solo alle grandi opere poiché si potrebbero avviare molte piccole opere e servizi più vicini alle esigenze quotidiane dei cittadini.

Altri delegati hanno detto di voler sottolineare al ministro del lavoro situazioni che gli dovrebbero essere ben note: il peso del fisco sul lavoro, il mondo oscuro degli appalti dove tutte le regole vengono disattese, l’importanza della contrattazione che deve essere estesa a quanti ancora non ne godono, la particolare attenzione al gender pay gap. E perché per i disoccupati non utilizzare i vecchi lavori socialmente utili? E per i giovani un servizio civile obbligatorio per almeno sei mesi? Ma soprattutto la gente Uil chiede di conoscere il piano di sviluppo industriale che questo governo ha intenzione di seguire, controllando con attenzione i flussi di spesa e la sicurezza di chi lavora; di sapere come intende rapportarsi con l’Europa per superare il blocco della spesa, cosa intende fare per snellire la macchina della burocrazia, come rendere efficienti i centri per l’impiego.

Qualche vecchio pensionato, ricordando la lunga storia del sistema pensionistico, afferma che dopo una vita di lavoro le persone hanno diritto ad un adeguato e dignitoso riposo e un altro propone che ai lavoratori dai 55 anni in su venga ridotta la settimana a 30 ore, in modo da fare spazio a disoccupati e giovani. E chi accetta di decurtare la settimana venga concesso di anticipare la pensione. Altri ricordano i vari meccanismi del lavoro a tempo determinato che non devono diventare occasioni di sfruttamento ma devono essere regolarmente contrattualizzati. Un lavoratore del terziario invita il ministro a rivedere l’obbligo del lavoro festivo per “restituire dignità” al settore. E più d’uno ricorda l’impellente necessità della sicurezza sul lavoro, troppe volte già violata in questa prima parte dell’anno. Anzi, questo tema della sicurezza dovrebbe diventare materia di studio nelle scuole dalle quali escono i futuri lavoratori. Infine l’invito perché il ministro non si dimentichi delle rappresentanze sindacali, che qualcuno vorrebbe fossero tutelate per legge.

 

CHI HA RISPOSTO

La scheda di Lavoro Italiano chiedeva agli intervistati di esplicitare struttura di appartenenza e ruolo occupato. Per la fretta pochi l’hanno fatto; meritano quindi di essere citati i solerti: i pensionati, gli appartenenti alla Uiltucs, alla Uilpa, alla Uilrua, alla Uilcom, alla Feneal, al Cnr e alla Uila; hanno partecipato anche lavoratori delle poste, della scuola e dei metalmeccanici. Geograficamente i delegati che hanno risposto alla nostra inchiesta vanno da nord al centro: Piemonte e Lombardia, Liguria, Veneto e Bolzano e Molise. Grazie comunque a tutti.

 

 

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