Salute e sicurezza  - Silvana ROSETO
PER NON NAVIGARE A VISTA
Manuale per Rls e Rlst
13/10/2012  | Salute.  

 

Le Competenze dei RLS

 

La gestione del rischio nell’attività quotidiana.

 

Dai confronto avuti nel tempo nei coordinamenti, emerge come l’esperienza generale dei RLS orbiti quasi esclusivamente su interventi in area strutturale perché coinvolti, dalle aziende, prevalentemente negli interventi tecnici evidenti e necessari, assolutamente destinati ad essere inseriti nel Documento di Valutazione dei Rischi (vedasi capitolo “L'attenzione individuale ed il comportamento”). Ciò deriva sia da una generica mancanza culturale nel campo della sicurezza, sia da una chiara e diffusa volontà aziendale di lasciare al sindacato solamente le questioni “controllabili”: difatti, spesso le aziende, ma anche alcuni sindacalisti, associano l’attività della sicurezza alla pura attività sindacale.

Concedere la consultazione esclusivamente su questioni di natura tecnica, non rende possibile (ecco il paradosso) la partecipazione degli operatori in modo attivo ed incisivo nel progetto, investimento e applicazione della soluzione perché (questa è la scusa più gettonata) “lo studio” necessita esclusivamente di capacità ingegneristiche e pertanto ai lavoratori, che generalmente non sono considerati qualificati ad esprimere un proprio indirizzo e/o giudizio tecnico sui contenuti progettuali, ed al RLS che li rappresenta, non resta che prendere atto e validare la decisione già operata dagli esperti. Ma ciò non è vero, in quanto l’azienda è composta da una serie di figure esperte del proprio lavoro ed il lavoratore, visto come utilizzatore finale, ha sicuramente qualcosa da dire per quanto attiene a ciò che quotidianamente fa.

Se consideriamo che possiamo riassumere il sistema azienda in tre figure fondamentali:

  • Chi paga – il datore di lavoro, l’imprenditore che ha come obbiettivo l’economicità dell’impresa funzionale al profitto; ovvero colui che ha i poteri decisionali e di spesa e quindi colui che avvalla le spese e gli investimenti;
  • Chi progetta – coloro che nell’organizzazione aziendale sono preposti a progettare strutture, metodi produttivi/operativi e organizzazione del lavoro mirate sia allo sviluppo aziendale, sia al contenimento delle perdite produttive e rischi lavorativi;
  • Chi utilizza – il lavoratore, colui che utilizza costantemente o frequentemente ciò che è reso disponibile dalla “progettazione” aziendale.

 

Possiamo immaginare che queste figure si posizionino ai vertici di un triangolo, ognuno di questi ha professionalità, esperienza, esigenze e prerogative diverse e complementari. Il sistema però mantiene l’equilibrio nel momento in cui chi progetta colloquia con chi utilizza per ricercare le migliori forme applicative le quali, se efficienti e funzionanti, saranno anche apprezzate da chi paga e da il consenso finale.

Da qui risulta chiaro come il lavoratore è portatore di professionalità (operativa, applicativa, d’uso quotidiano, gestionale, ecc.) complementare a quella progettuale. La combinazione di queste due “esperienze” darà sicuramente il risultato migliore con la minore spesa.

Per questo non si capisce perché le aziende continuino a percorrere la strada del far credere al RLS (e ai lavoratori) di essere coinvolto in modo corretto, giustificandosi con il fatto che i problemi (relativi ai rischi) “sono solamente d’ordine tecnico” e le “eccellenze” di questa natura sono proprie dei tecnici; non vale la pena “d’investire risorse e perdere tempo”, è più efficace, pratico, semplice ed economico impostare una finta collaborazione in modo d’avere la coscienza tranquilla nei confronti della legge e, nello stesso tempo, mantenere il “pieno controllo” della situazione.

Il lavoratore è purtroppo ancora visto, per fortuna non in tutte le aziende, come una figura attiva solamente per la resa che dà in campo operativo, per la forza fisica che spende, mentre non è abbastanza considerato per le potenzialità riferite all’esperienza, inventiva, capacità di miglioramento delle attività collegate alla “risorsa umana”.

Tornando alla valutazione ed intervento sui rischi, tra l’individuazione componente di rischio (misurata per frequenza e gravità) e la definizione tecnico-organizzativa dell’intervento (progettazione e realizzo), di solito passa un certo lasso di tempo. La logica vuole, ma anche la legge (vedi art. 28 comma 2, lettere “c”-”d” del D.Lgs. n. 81/2008), che a rischio individuato segua un’azione tesa ad eliminare i difetti rilevati senza che nel frattempo il rischio individuato generi danno e quindi, nell’attesa della realizzazione definitiva, non resta altra strada che determinare soluzioni provvisorie rapide da adottare, efficaci per ridurre il rischio (l’eliminazione, o la riduzione massima, si dovrebbe riscontrare nel progetto definitivo) e con la possibilità di essere coperte da un investimento economico e/o organizzativo immediato.

 

 

Le misure provvisorie

La situazione odierna vede la misura provvisoria (azione adottata in attesa di soluzione definitiva altrimenti definita “temporanea” o “tampone”) praticamente sconosciuta alle aziende italiane, forse perché alla base vi è una cultura della gestione basata su fattori che rendono difficilmente collegabili tra loro questioni tecnico-manutentive, organizzazione del lavoro ed investimenti economici.

Le misure provvisorie, se correttamente individuate ed applicate, nella maggioranza dei casi possono assumere natura prevalentemente organizzativa e/o comportamentale in quanto la parte specificatamente tecnica è lasciata alla soluzione definitiva (a meno che il rischio stesso non sia di natura organizzativa), e si basano su di un “concerto” d’esperienze, coordinate anche dal RLS, derivate dalla conoscenza specifica dell’attività (a carico del lavoratore), delle misure adottabili (evidenziabili dal Datore di lavoro, RSPP e tecnologia), dalle risorse organizzative e finanziarie “spendibili” (concordate tra Capo del Personale e RSU/RSA) e, non ultimi, da interventi medico-sanitari mirati (in capo al Medico Competente).

 

Una verificata, coerente ed efficace struttura di progettazione dell’intervento risolutivo può essere ostacolata, o addirittura inibita, da un’inadeguata organizzazione del lavoro e/o da una mancata, o poco chiara, definizione dei flussi di responsabilità. Difatti, tutto quanto progettato per la sicurezza ha fortissime probabilità di rimanere “sulla carta” per molto tempo se non saranno preventivamente chiarite le priorità di realizzazione, chi dovrà deciderle e finanziarle, chi dovrà fare, che cosa è di competenza, chi dovrà verificare, ed in che modo il soggetto responsabile ne dovrà rispondere.

Le risorse finanziarie da destinare agli interventi protettivi, preventivi e di sicurezza, devono seguire percorsi diversi dai normali investimenti aziendali, altrimenti queste spese saranno inserite nella scala prioritaria generale ed inevitabilmente subordinate ai, pur importanti e fondamentali, investimenti di sviluppo produttivo. Il RLS deve poter contare su di un supporto contrattuale che renda chiaramente individuati gli investimenti, le organizzazioni e le priorità destinate alla sicurezza, le aree su cui dedicare maggior attenzione ed i supporti vitali per il sistema. Senza questo, sarà praticamente impossibile per il RLS far riferimento su risorse da poter destinare agli interventi nel campo della prevenzione e protezione SSA (non va dimenticato che questo tipo d’attività è diffusamente considerata improduttiva dalle aziende e quindi non degna d’attenzione), nonché cooperare alla individuazione di soluzioni e alla gestione delle problematiche in modo partecipativo e preventivo per non essere sempre destinato, come spesso succede, a seguire l’azienda nelle proposte e gestire le negatività quando già esplose.

Ai fini dell’individuazione delle migliori misure di prevenzione, è utile per il RLS procedere ad una precisa caratterizzazione del rischio in base alla sua natura. Forniamo di seguito una griglia utilizzabile come una sorta di chek list cui aggiungere osservazioni dirette e commenti.  

 

Griglia di valutazione

 

Topologia
dei rischi

 

 

Caratteristiche dei rischi

 

 

Osservazioni dirette/commenti

 

 

ambientali

 

 

Potenziali inquinamenti o spandimenti, emissioni verso aria, acqua e suolo e/o potenzialmente dannose per l’uomo sia riferite al luogo di lavoro sia alla popolazione potenzialmente coinvolta, sommatorie di micro inquinanti, gestione e manipolazione dei rifiuti, rumore, vibrazioni, illuminazione, temperatura e microclima, tossicità dei prodotti, emissioni elettromagnetiche o radioattive, ergonomicità della postazione, monitoraggi ambientali, non salubrità dei luoghi di lavoro, disordine e sporcizia, e molto altro ancora

 

 

 

strutturali

 

 

Strutture esistenti non progettate tenendo in considerazione la componente “uomo” che vi deve operare, attrezzature e sistemi protettivi collettivi e individuali insufficienti, non utilizzabili o non manutenzionati, fattori negativi meccanici o loro sommatorie, modifiche produttive repentine, e molto altro ancora

 

 

 

organizzativi

 

 

Fanno parte di queste negatività l’organizzazione del lavoro non concepita in funzione della sicurezza, i mancati scambi informativi (comunicazione efficace) tra funzioni aziendali diverse nonché la ridondante stratificazione delle gerarchie, oppure, dove il lavoratore si trova ad operare isolato in presenza di una condizione pericolosa sarà opportuno adottare modifiche organizzative in modo da consentire l’affiancamento di una seconda persona addestrata all’intervento specifico, per contro, potrebbero risultare necessarie soluzioni organizzative tese alla riduzione del personale esposto al rischio o alla riduzione temporale dell’esposizione; comunque, essendo i riferimenti di questo tipo non schematizzabili in senso generale perché derivati dalle organizzazioni proprie delle aziende, l’argomento, di solito, dovrebbe essere abbastanza inquadrato dalle organizzazioni sindacali presenti in loco o sul territorio di competenza

 

 

 

gestionali

 

 

Non sono ben chiare le responsabilità connesse ai vari gradi di gestione delle attività, i responsabili fanno “pressioni” affinché i lavoratori, a scapito del rispetto delle condizioni operative di sicurezza, accelerino i tempi ed i rendimenti lavorativi in funzione esclusivamente di risultati produttivi, spinti da incentivi, anche informali e non espliciti, di natura economica e/o professionale o attraverso particolari “pressioni” individuali, e altro

 

 

 

comportamentali

 

 

I lavoratori faticano ad usare protezioni e dispositivi messi a disposizione o si prestano volontariamente ad orari straordinari a discapito dell’attenzione individuale, i rapporti intergerarchici o tra colleghi sono impostati sul sospetto e la mancanza di fiducia, e altro ancora

 

 

 

motivazionali

 

 

Dove i lavoratori non sono spinti a partecipare all’attività preventiva perché scarsamente formati, incentivati o non sono coinvolti negli obiettivi di tutela, e altro (a supporto dei punti sopra elencati vedasi anche il capitolo dedicato all’attenzione individuale e il comportamento)

 

 

 

Per gli aspetti sopra descritti, le condizioni di rischio rilevate vanno immediatamente segnalate al Datore di lavoro, attraverso una comunicazione scritta ed inserite nel Documento di Valutazione del Rischio.

Per questo, il RLS deve avere acquisito conoscenze e capacità che gli consentano:

  • di raccogliere informazioni da tutti i lavoratori su tutti i luoghi di lavoro;
  • catalogare le informazioni e selezionarle in base alle sei aree d’interesse prima descritte;
  • inoltre, ogni area abbisogna di diversi contatti, supporti, responsabili, modalità d’intervento e tutti questi percorsi devono essere preventivamente ben conosciuti ed individuati.
  • di conoscere il grado dell’evoluzione tecnica e conoscitiva, le novità di mercato e quant’altro sia utile alla diffusione informativa per contribuire a far individuare le migliori soluzioni.
  • di avere a disposizione spazi ed attrezzature che gli consentano di compilare e distribuire le segnalazioni scritte in merito alle condizioni di rischio riportate e non presenti, o non correttamente / efficacemente gestite, nel Documento di valutazione dei rischi (DVR).

 

A tal proposito il RLS dovrebbe compilare una segnalazione scritta, da indirizzare al datore di lavoro, RSPP e, se necessario per competenza, al medico competente, recante per oggetto: “Segnalazione di rischio potenziale, effettuata ai sensi degli articoli 20, comma 2 lettera e) e 29, comma 2 del D.Lgs. 81/2008, da allegare al previsto Documento di Valutazione dei Rischi (ex D.Lgs. 81/2008, art. 17, c.1, lettera a, art. 28 e art. 29)”. Tali segnalazioni dovranno poi essere ridiscusse, almeno per verificarne l’inserimento nel DVR, in occasione della riunione periodica prevista dall’art. 35 (per indicazioni più precise in merito, vedasi il capitolo dedicato al rischio evidente, latente e l’infortunio ed il suo paragrafo dedicato alla segnalazione delle condizioni di rischio).

La condizione di rischio deve essere valutata nell’immediatezza ed il conseguente intervento di bonifica, anch’esso di natura non solo strutturale, deve essere eseguito in tempi brevi. Lasciare “vivo e vitale” il rischio significa violare il principio di base dato dalle attuali norme: non si può tollerare (o consentire) che qualcuno operi in condizioni insicure o “incontrollate”, per questo è necessario intervenire rapidamente, secondo priorità “sostenibili”, chiaramente e preventivamente individuate in modo collegiale tra le varie funzioni interessate (tra cui rientra sempre il RLS nella sua prerogativa di essere sempre consultato in qualità di rappresentante dei lavoratori – utilizzatori), affinché il rischio sia eliminato o ridotto al minimo possibile o tamponato per precisi periodi temporali durante i quali si adotteranno soluzioni alternative, in questo preciso ordine di priorità.

Ipotizzando che ci sia già stata la consultazione preventiva per la redazione del DVR, il RLS deve avere a riferimento i tempi necessari all’intervento sui rischi individuati estratti da un programma tecnico-organizzativo preventivamente discusso, magari anche in occasione della riunione periodica prevista dall’articolo 35 D.Lgs. n. 81/2008. Solo così egli sarà in grado di poter agire, congiuntamente agli altri soggetti coinvolti nel programma di prevenzione, nel:

  • contribuire all’inserimento di un’attività a rischio prima non valutata, o considerata diversamente, nel DVR ed analizzare le potenziali ricadute negative (specifiche e generali);
  • coinvolgere i Medico Competente nel verificare l’esistente e, se necessario, nell’approntare nuovi e mirati monitoraggi sull’ambiente, sulla persona e sul gruppo, dopo aver impegnato l’azienda a finanziarli;
  • adozione di soluzioni provvisorie al rischio (normalmente di natura strutturale, organizzativa e/o comportamentale), in collaborazione con i lavoratori, responsabili aziendali, tecnologia ed RSU, affinché si arrivi a “tamponare” efficacemente il rischio individuato sino alla realizzazione tecnica definitiva;
  • definire, concordandolo preventivamente con i soggetti preposti, azienda, RSU e lavoratori, il percorso formativo-informativo destinato agli operatori interessati;
  • avere modo di verificare sul mercato, anche contattando chi ha già affrontato il problema in altra sede, se le soluzioni individuate sono state concepite in funzione della miglior conoscenza tecnico-scientifica;
  • la probabile ridefinizione dei tempi preventivati, se causata da ritardi giustificati, con la conseguente rivisitazione delle misure provvisorie e degli investimenti connessi;
  • nella fase iniziale, la possibilità di rimandare o sospendere un’attività pericolosa, anche in collaborazione con la RSU/RSA, a fronte di un rischio individuato se le misure correttive, o provvisorie, non possono essere adottate immediatamente;
  • la presa di posizione ufficiale della RSU (compresa la possibilità della dichiarazione di sospensione delle attività), investita dai RLS, se allo scadere del periodo previsto nulla si è fatto senza giustificato motivo;
  • interessare gli Enti Preposti esterni (normalmente quando i tempi preventivati sono scaduti o quando è manifesto il “disinteresse” per risolvere il problema) o l’Organismo Paritetico Provinciale (in presenza di problemi irrisolti di carattere formativo, informativo o di rappresentanza), quando la situazione lo necessita.