La crisi colpisce ancora duramente le imprese marchigiane. La disoccupazione oltre la media nazionale
OTTOBRE 2019
Sindacale
La crisi colpisce ancora duramente le imprese marchigiane. La disoccupazione oltre la media nazionale
di   Graziano Fioretti

 

 

L’economia delle Marche continua ad attraversare una crisi profonda e senza precedenti. Infatti, praticamente tutti i settori storici (legno, meccanica, calzature ecc…) organizzati in distretti subiscono un calo e di conseguenza le imprese produttive chiudono o, comunque, riducono gli occupati. Questo quadro è aggravato dal ricambio generazionale che ha prodotto chiusure di attività o cambio di proprietà. Su tutte, la Indesit acquistata da Whirlpool, con pesanti conseguenze occupazionali e un futuro molto incerto. I dati economici che emergono da più soggetti – Istat, Banca D’Italia, Associazioni Imprenditoriali - sull’andamento del primo trimestre 2019, confermato nel secondo, evidenziano un quadro negativo per tutta l’economia della nostra Regione che, contrariamente al dato nazionale, continua a registrare un costante declino in tutti i settori maggiormente rappresentativi.
 
 
Ciò a partire  dal tasso di crescita negativo (-0,7%) del numero delle imprese. Un saldo negativo, come risulta dai dati della CCIAA, a cui non eravamo abituati se consideriamo che la nostra forza economica si è sempre basata sulla piccola impresa e sul suo continuo rigenerarsi. Infatti, dati CNA, dall’inizio dell’anno hanno cessato l’attività oltre 4000 aziende ponendo le Marche al penultimo posto nella classifica per il numero di nuove imprese (0,82% per le Marche, 0,35% in Italia). Ovviamente le attività manifatturiere sono quelle che hanno visto il dato peggiore, mentre crescono i servizi in genere come quelli a supporto delle imprese e le attività immobiliari. In tale contesto, il sisma ha contribuito ad aggravare, nella parte sud della regione, le difficoltà del sistema produttivo e del terziario. Ma lo stesso sisma potrà produrre, per effetto delle ingenti risorse a disposizione, un grande rilancio della nostra economia regionale a beneficio di tutti i settori, ovviamente se ben e prontamente utilizzate. In tal senso abbiamo firmato, insieme a tutti gli attori, con la Regione un accordo - VERSO IL PATTO PER LA RICOSTRUZIONE E LO SVILUPPO – che purtroppo a distanza di un anno non sta ancora producendo i suoi effetti positivi.
 
 
Ciò è da ricondurre, in particolare, all’eccesso di burocrazia e ad una macchina regionale che si è dimostrata incapace sotto vari aspetti, a partire dall’uso dei fondi della programmazione Europea. La stessa situazione di stallo la notiamo nella realizzazione dei benefici relativi alle “aree di crisi complessa” che vanno erogati a sistemi di imprese non compatibili con il nostro modello di piccole imprese, che determina il non utilizzo dei finanziamenti. Da ciò la nostra richiesta al Governo di abbassare significativamente il livello minimo di finanziamento per i progetti di ogni singola impresa. In sostanza ed in generale occorre un cambio di marcia attraverso un’azione strategica di sostegno ai settori produttivi e non solamente una politica di redistribuzione a pioggia di contributi alle imprese, secondo la quale, peraltro, prevale ultimamente una burocrazia insostenibile ed inefficiente per quanto riguarda le procedure che ingessano l’intero sistema senza fornire tempi certi neppure sull’uscita dei bandi regionali, talvolta tardivi e inefficaci. Penso in particolare anche ai fondi per la formazione dei disoccupati e la riqualificazione degli occupati: uomini, donne e giovani che spesso si perdono nel generalismo, invece di puntare a specifiche azioni di sistema. Tutto ciò si colloca in un contesto di sottocapitalizzazione delle nostre imprese, generando un enorme freno potenziale alla crescita ed una forte dipendenza dai finanziamenti bancari che, purtroppo, sempre meno, riescono a valutare il merito creditizio delle microimprese. Ciò in conseguenza anche della perdita del sistema creditizio regionale,  con la crisi e conseguente chiusura di Banca Marche, assorbita dal circuito nazionale di UBI banca. In tale contesto va rivista la politica dei Confidi che ad oggi risponde più alle esigenze parcellizzate che ad un disegno di grande respiro: necessita una loro riorganizzazione. Le esportazioni ancora reggono, ma certamente l’abbandono di fatto da parte della politica della Giunta Regionale del grande disegno della Macro Regione Adriatico Ionica ne ha limitato l’allargamento e il potenziamento.
 
 
Ciò è grave se consideriamo la strategia di impulso dell’Europa verso lo sviluppo delle  Macro Regioni. Questa situazione ha portato l’UE a far retrocedere la Regione Marche tra le Regioni italiane in “osservazione “ mentre, storicamente, ci collocavamo tra le Regioni del Nord. Da questo sintetico e parziale quadro si evince l’effetto profondamente negativo sull’occupazione, come emerge da tutti i dati a disposizione che la pongono al di sopra della media nazionale (da decenni avevamo di fatto la piena occupazione). Ciò è tanto più grave se pensiamo che la crisi ha colpito in particolare il manifatturiero. In una regione fortemente manifatturiera ha, quindi, prodotto un effetto devastante, anche socialmente riscontrabile in diverse aree dal Fabrianese (distretto del bianco) al sud della regione. Purtroppo con la Giunta Regionale il Sindacato Confederale, contrariamente al passato, fin dall’inizio della legislatura non ha avuto la possibilità di confronto sia sui temi della crisi e conseguentemente dello sviluppo, sia sui temi del socio sanitario e della sanità, nonostante diverse iniziative messe in atto. La giunta si è chiusa nel palazzo, bypassando volutamente il rapporto con i corpi intermedi; i particolare con Cgil Cisl Uil. Arriviamo pertanto alla fine di questa legislatura nel modo peggiore. Abbiamo unitariamente un nostro progetto di regione che certamente presenteremo ai prossimi candidati e ne ascolteremo la eventuale loro condivisione.
 
 
 
 
 
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