Un nuovo sistema fiscale per rilanciare il Paese
SETTEMBRE 2018
Attualità
Un nuovo sistema fiscale per rilanciare il Paese
di   B. Francia e F. Porcelli
 
Uno dei nodi centrali per il rilancio del Paese è quello di attuare una riforma del sistema fiscale declinata sul principio dell’equità. Una riforma che porti ad una maggiore giustizia redistributiva, ad una semplificazione degli adempimenti, ad una maggiore tutela dei contribuenti onesti, ad una vera azione di lotta all’evasione e ad un sistema fiscale e che possa nel suo insieme divenire il pilastro per il rilancio e la crescita della nostra economia.  In questo periodo di proclami e di promesse è necessario che il dibattito sul fisco si concentri sulla necessità di dare al sistema una reale equità redistributiva. Infatti, ad oggi, lavoratori dipendenti e pensionati versano quasi il 95% dell’intero gettito Irpef nazionale. Inoltre, l’attuale struttura delle aliquote è particolarmente penalizzante per i redditi medi con un salto dell’aliquota marginale di 11 punti percentuali, passando dal 27% al 38% per i redditi superiori a 28.000 €. 
Quindi, la via da intraprendere non può tradursi in una mera riduzione o addirittura in un appiattimento del numero delle aliquote. Ipotizzare una “Flat Tax” o una nuova Irpef con 3 aliquote significherebbe solo accentuare il peso fiscale a discapito dei redditi dei lavoratori dipendenti e pensionati. Sulla base di ciò riteniamo ingiusta qualsiasi riforma fiscale che non rispetti il principio di progressività, sancito dalla nostra Carta Costituzionale all’art. 53. Infatti, la nostra Costituzione fa leva su di un sistema tributario “informato a criteri di progressività” poiché essa è orientata ad una forma di equilibrio sociale e le ampie disparità nel reddito dei cittadini sono considerate “ostacolo di ordine economico” tali da impedire il pieno sviluppo della persona umana. Pertanto, il dovere di concorrere a sostenere la spesa pubblica è espressione di un generale dovere di solidarietà, cioè dell’obbligo di contribuire ad assicurare eguaglianza e creare un sistema in grado di prevedere dei servizi per tutti, anche per i meno abbienti. Un intervento che incrementi e riorganizzi le detrazioni specifiche per i redditi da lavoro dipendente e da pensione avrebbe un doppio beneficio: poter rimodulare la progressività senza incidere drasticamente sulle attuali strutture e senza disperdere risorse, dare immediatamente più reddito a milioni di cittadini, attuando così quel circolo virtuoso che porterebbe ad un incremento dei consumi ed al sostegno della domanda interna, necessaria per rilanciare la nostra economia.
Tuttavia, per rendere il nostro fisco più equo la strada è, ancora lunga ed una revisione delle imposte sui redditi rappresenterebbe solo il primo dei passi da compiere. Fondamentale per la nostra crescita diventa la reale volontà politica di mettere in campo una determinata lotta all’evasione fiscale. L’evasione e l’elusione fiscale rappresentano un male endemico dell’Italia e minano alla base i principi democratici del nostro Stato di Diritto. Chi evade si sottrae ai propri doveri di cittadino, deruba la comunità, avvia sistemi di concorrenza sleale che penalizzano le imprese oneste e fa ricadere sui cittadini che adempiono al loro dovere, il carico dei costi della cosa pubblica. Quindi è importante affrontare il reato di evasione riconoscendone in pieno la complessa natura. L’evasione e l’elusione sono reati gravi, si tratta di fenomeni non distanti concettualmente dal riciclaggio ma collegati ad esso, per questo è necessario istituire una vera e propria procura nazionale contro l’evasione. Al contempo, si deve porre fine all’utilizzo di strumenti che garantiscano condoni, paci fiscali, che depotenzino il sistema sanzionatorio per chi evade. Continuare ad alimentare la “retorica del lassismo e del permissivismo” è un segnale che contrasta con i principi di uno Stato democratico, che dovrebbe tutelare gli onesti e perseguire i disonesti. È importante potenziare la struttura amministrativa dedicata all’accertamento, per incrementare significativamente i controlli fiscali, destinandovi un maggior numero di risorse umane e istituendo una i golden rule fiscale che preveda che i redditi dichiarati da tutti i contribuenti, a prescindere dunque dall’essere o meno assoggettati alla ritenuta alla fonte, vadano controllati almeno una volta nell’arco di un periodo di 5 anni.
Ricordiamo, infatti, che i pensionati e i lavoratori dipendenti, essendo soggetti a sostituto d’imposta, prima pagano le tasse e poi ricevono l’assegno mensile, contrariamente ciò non avviene per liberi professionisti ed imprese. Un sistema unicamente vessatorio non sarebbe, però, sufficiente ad arginare un fenomeno diffuso e radicato, pertanto riteniamo che vada implementato il conflitto d’interessi nei servizi alle famiglie, come avvenuto nel caso del bonus ristrutturazioni, che riconosce un credito d’imposta pari al 50% della spesa sostenuta. Anche se dilazionato in più anni questo meccanismo ha posto i cittadini di fronte una situazione che potremmo definire win-win nella quale agire restando nella legalità garantiva un risparmio notevole. Successivamente, per sovvertire la retorica che fa percepire l’evasione come un reato minore o di poco impatto è necessario destinare automaticamente le risorse recuperate annualmente alla diminuzione della pressione fiscale ed alla realizzazione di servizi e strutture pubbliche. Tasselli fondamentali per riformare il sistema sono l’elevazione a rango costituzionale dei principi fondamentale contenuti nello Statuto del Contribuente, come la irretroattività delle leggi tributarie e l’avvio di un vero processo di semplificazione sia della struttura fiscale che del rapporto tra amministrazioni e contribuente. Il livello di alfabetizzazione fiscale e digitale non è omogeneamente diffuso, per questo motivo procedere nella sola direzione di delegare a procedure informatiche gli obblighi tributari, potrebbe risultare una scelta controproducente.
Valorizzare i Caf è quindi un’opportunità da cogliere ed esercitare nella direzione di un processo di modifica strutturale del sistema. Infatti, i centri di assistenza fiscale agirebbero in direzione opposta rispetto alla disintermediazione digitale e potrebbero giocare un ruolo cardine nel processo di semplificazione del sistema, mettendo a disposizione dei cittadini quella interazione e mediazione “umana” per pagare le tasse, ma anche per un’adeguata comprensione del sistema fiscale e per individuare le corrette procedure, per non incorrere in errori. Una riforma del fisco così concepita, che non sottovaluti la complessità degli interventi da operare, può divenire il volano per la ripresa e lo sviluppo sociale, politico ed economico dell’Italia, perché non potrà esserci vera democrazia senza giustizia fiscale.
 
 
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