Incontri con il governo: esprimeremo il nostro giudizio quando ci saranno i fatti
LUGLIO 2019
Intervista a Carmelo Barbagallo
Incontri con il governo: esprimeremo il nostro giudizio quando ci saranno i fatti
di   Antonio Passaro

 

 

Barbagallo, il mese di luglio è stato caratterizzato da una serie di confronti con il Governo in vista della definizione della manovra economica. Andiamo per gradi e proviamo a fare una sorta di “cronistoria” di questa vicenda. All’inizio del mese di luglio, Cgil, Cisl, Uil sono state convocate a Palazzo Chigi dal Premier Conte, presente anche il vice Premier Di Maio. Cosa è successo in quel primo appuntamento, all’indomani della conclusione della mobilitazione sindacale culminata nella grande manifestazione del 22 giugno di Reggio Calabria?

Hai fatto bene a ricordare che l’incontro del 3 luglio a Palazzo Chigi tra Cgil, Cisl, Uil, il premier Conte e il vice premier, Di Maio, è stato convocato a valle del percorso di mobilitazione unitaria iniziato con la manifestazione del 9 febbraio a Piazza San Giovanni e concluso con l’iniziativa per il Sud. È stata proprio questa nostra determinazione e, soprattutto, la grande partecipazione di lavoratori, pensionati e giovani a convincere il Governo a convocarci. In quell’occasione, a Palazzo Chigi, è stato avviato un percorso: il premier ha assicurato che, a breve, avrebbero predisposto un calendario di successivi appuntamenti, individuando priorità da affrontare e, per l’appunto, date per i successivi incontri. L’impegno a realizzare un percorso insieme è stato un cambio di impostazione da sottolineare.

 

E poi cosa è successo?

Il tempo è trascorso, ma il calendario degli incontri non è arrivato…

 

E, invece, è arrivata la convocazione del vice premier Salvini al Viminale…

Il vice premier Salvini aveva preannunciato, il giorno stesso della manifestazione di Reggio Calabria, che avrebbeconvocato le parti sociali. E lo ha fatto. Ha messo intorno al tavolo oltre 40 associazioni per ascoltare le nostre proposte. Cgil, Cisl, Uil hanno ribadito unitariamente le posizioni contenute nella piattaforma, dal Mezzogiorno al rinnovo dei contatti del pubblico impiego, dalle infrastrutture alla previdenza e, inoltre, abbiamo indicato una priorità: bisogna ridurre le tasse ai lavoratori dipendenti e ai pensionati. Ormai lo diciamo tutti in coro, perché c’è la necessità di rilanciare i consumi per accrescere i livelli produttivi e occupazionali.

 

Salvini, poi, si è impegnato a riconvocare le parti per un approfondimento specifico sul capitolo delle tasse e, infatti, l’incontro si è svolto il 6 agosto. Non sono mancate le polemiche su questo tavolo “parallelo” a quello di Palazzo Chigi. Si è parlato di tavolo irrituale. Landini e la Furlan non hanno partecipato alla seconda riunione. Cosa è successo?

Intanto, chiariamo subito che, anche nella seconda occasione, al Viminale c’erano sia la Cgil sia la Cisl, con due delegazioni guidate dalla vicesegretaria Fracassi e dal Segretario generale aggiunto Sbarra. Inoltre, non abbiamo stabilito unitariamente, prima del secondo incontro, come comportarci e, dunque, ognuno ha definito la propria delegazione come meglio ha creduto. Infine, alcuni hanno parlato di convocazione irrituale e di un fatto mai verificatosi: le cose irrituali e le novità non mi spaventano, se determinano risultati concreti. Soprattutto, io ritengo si tratti di una questione di coerenza: per mesi abbiamo invocato l’apertura di tavoli di discussione con il Governo per poter illustrare le nostre proposte; poi, ci convoca un vice premier al quale posso avanzare e spiegare le nostre rivendicazioni e io non mi presento? Se il Governo ha forti contraddizioni al proprio interno, questo non è un mio problema. Io devo fare il sindacalista e questo ruolo lo posso svolgere a un tavolo di trattativa. Se un soggetto istituzionale mi convoca, io mi presento per affermare le proposte e le richieste a favore dei miei rappresentati, i lavoratori, i pensionati e i giovani in cerca di lavoro. Poi, nel merito, esprimeremo il nostro giudizio quando ci saranno i fatti e cioè quando ci saranno i testi scritti: io stesso ho chiesto espressamente che, a settembre, ci consegnino qualche documento per capire se hanno recepito le nostre richieste. Quello sarà un primo momento importante di valutazione.

 

Facciamo un passo indietro. Dopo il primo incontro con Salvini, sono arrivate anche le attese convocazioni a Palazzo Chigi. Con il premier Conte, e con alcuni ministri, tra i quali Di Maio e Tria, vi siete incontrati il 25 e il 29 luglio e il 5 agosto. Di cosa si è parlato?

Sono stati tre incontri importanti perché si sono affrontati tutti i principali temi su cui abbiamo chiesto precisi impegni al Governo. Ne cito alcuni, solo a titolo esemplificativo: abbiamo riproposto le rivendicazioni sindacali in materia di lavoro e di politiche sociali, ribadendo, tra l’altro, la necessità di prevedere investimenti pubblici e privati in infrastrutture materiali e immateriali, di ridurre le tasse a lavoratori dipendenti e pensionati, di detassare gli incrementi contrattuali, di istituire una Cassa per il Mezzogiorno 4.0, di avviare le due Commissioni per la separazione della previdenza dall’assistenza e per l’individuazione, in termini tecnici e scientifici, dei lavori gravosi. A questo punto, siamo pronti per riunioni specifiche tecniche di approfondimento su alcune materie, prima che si giunga alla stesura della Finanziaria. Vogliamo discutere e dare il nostro contributo concreto anche perché il Paese non ha risolto i suoi problemi e non è uscito ancora dalla crisi: il monte salari e il monte orari sono ancora più bassi del 2008.

 

Dunque, appuntamento a settembre con riunioni specifiche operative e testi scritti?

È ciò che abbiamo chiesto ed è ciò che ci hanno assicurato accadrà. Vedremo. Noi abbiamo fornito i nostri documenti e le nostre proposte scritte, ora ci aspettiamo almeno qualche rigo che metta nero su bianco e che ci faccia capire le reali intenzioni del Governo sulla Finanziaria. In materia fiscale, ad esempio, siamo tutti d’accordo sulla necessità di ridurre le tasse, ma vorremmo sapere come e a chi.

 

Non entriamo nello specifico delle nostre proposte, ma ce ne sono alcune che hanno suscitato grande attenzione o, quantomeno, un interessante dibattito. Penso alla detassazione degli incrementi contrattuali e a quella che tu hai definito la Cassa per Mezzogiorno 4.0. Vogliamo dare qualche dettaglio?

Sono anni che chiediamo la detassazione degli incrementi contrattuali e, ora, sono in molti a condividere questa nostra proposta: si ottiene un vantaggio economico importante per i lavoratori, senza costi aggiuntivi perché il provvedimento dovrebbe riguardare i futuri rinnovi contrattuali. Per quel che riguarda il Mezzogiorno, poi, noi riteniamo che il Paese possa riprendere il suo cammino solo se riparte il nostro meridione. Oggi il Pil pro capite del Sud è quasi la metà di quello del Nord; cinque milioni di contribuenti di questo territorio sono al di sotto della soglia di sopravvivenza; il 50% dei pensionati percepisce meno di mille euro; 1 milione e 200mila cittadini sono emigrati. C’è bisogno di infrastrutture e di innovazione e, dunque, serve un intervento straordinario, rilanciando una sorta di Cassa per il Mezzogiorno 4.0, depurata ovviamente dai vecchi fenomeni corruttivi che all’epoca ne causarono la cessazione, da attivare tramite la Cassa depositi e prestiti, per avere uno strumento che consenta di realizzare i necessari interventi. Allo stesso tempo, però, occorre anche commissariare ad acta quelle regioni che non spendono le risorse destinate dall’Unione europea a questo scopo.

 

Ai tavoli con il Governo, si è parlato anche di salario minimo. In moltissimi hanno manifestato la loro contrarietà alla proposta così come è attualmente formulata. Quali sono le ragioni della contrarietà del Sindacato a questa idea?

Con quella proposta, c’è il rischio concreto che tutti abbandonino i contratti nazionali e che si abbassino i salari di tutti perché - abbiamo fatto i conti - il salario complessivo medio attuale è di 12 euro ed è questa la base minima dalla quale eventualmente bisognerebbe partire. Lasciassero fare, dunque, alla contrattazione collettiva che già sancisce un salario minimo: basterebbe estendere questo a tutti.

 

Un’ultima domanda. Alla fine del mese di luglio, Cgil, Cisl e Uil si sono incontrati anche con la Confindustria. Cosa si è deciso?

Abbiamo convenuto che entro la fine dell’anno il Patto della fabbrica dovrà essere operativo. È stato già definito il calendario dei prossimi appuntamenti, programmati per l’autunno. Ci rivedremo il 14 ottobre, il 5 e il 26 novembre e il 17 dicembre, per dare continuità al percorso di attuazione di tutti i punti di quel Patto. Cinque i capitoli che saranno oggetto di approfondimento: welfare, mercato del lavoro e politiche attive, partecipazione, formazione e Mezzogiorno. Abbiamo anche ribadito la comune posizione in merito a salario minimo e taglio del cuneo fiscale: è da tempo che conveniamo su questo punto, perché ridare potere d’acquisto ai lavoratori dipendenti e ai pensionati è importante anche per salvare e rilanciare produzione e occupazione di quelle aziende che lavorano per il mercato interno. A questo proposito, però, abbiamo sottolineato l’urgenza di rinnovare i contratti collettivi nazionali di lavoro, scaduti ormai da molti anni, che riguardano i lavoratori della sanità privata, dei multiservizi e della vigilanza. Alla ripresa, dunque, dopo la pausa estiva, non mancheranno gli impegni, su tutti i fronti dell’attività sindacale: la nostra Organizzazione, come sempre, saprà affrontarli con efficacia e determinazione, a tutti i livelli, offrendo il proprio contributo in termini di idee, proposte e soluzioni.

 

 

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