Il sistema produttivo nel Lazio
OTTOBRE 2019
Sindacale
Il sistema produttivo nel Lazio
di   Alberto Civica

 

 

Perde posizioni il LAZIO nella classifica delle regioni europee, redatta con cadenza triennale dal Joint Research Centre della Commissione Europea, sulla base di undici indicatori sociali, economici e istituzionali. Se nel 2016 infatti la nostra regione occupava la 156 posizione, quest’anno scende alla 163 perdendo quindi 7 punti rispetto al triennio precedente e ben 20 punti rispetto al 2013. A penalizzare la Regione è soprattutto la debolezza economica con un pil cresciuto nel 2017 (ultimo dato disponibile) dell’1,2%, contro l’1,6% della media nazionale e soprattutto il 2,5% dei Paesi dell’Eurozona. Molti i fattori di debolezza, dalla mancata crescita occupazionale, alla frammentarizzazione delle imprese, alla mancanza di infrastrutture e investimenti, dalla deindustrializzazione, al calo dei salari e dell’export che, dopo un biennio 2016-2017 positivo, nel 2018 segna un decremento del 4,3% in controtendenza anche con la media nazionale. A pesare sull’andamento dell’intero sistema la perdita di imprese di medio-grandi dimensioni, “sostituite” da un tessuto terziario in cui sono le micro-imprese e le imprese individuali a presentare i più alti tassi di crescita e i risultati occupazionali che, con un incremento di appena lo 0,2% nel 2018, confermano una generale difficoltà di ripresa della nostra regione, superata nei dati dalle altre regioni italiane (0,8%) e dalla media dell’Eurozona (+1,5%).
 
 
Il tasso di occupazione infatti rimane fermo al 60,9%, contro il circa 70% dell’Eurozona. I dati relativi alle singole realtà territoriali evidenziano come Rieti sia la provincia con la più alta crescita del tasso di occupazione tra il 2017 e il 2018 (+2,6 punti percentuali) seguita a grande di stanza da Roma che – pur registrando una crescita molto contenuta (+0,2 punti) – si conferma l’unico territorio con un indice di occupazione superiore alla media regionale (63,8% nel 2018). Debolezza occupazionale che si traduce anche in debolezza retributiva: nell’ultimo quinquennio, infatti, le retribuzioni dei lavoratori e delle lavoratrici del Lazio diminuiscono dell’1,3% per cento (da 22.265 euro nel 2013 a 21.980 nel 2017) a fronte di una qualità dei servizi sempre più precaria, se non addirittura inesistente. L’intero sistema produttivo appare quindi fortemente frammentario: mentre la ricchezza prodotta stenta a crescere e l’occupazione rimane stabile, le imprese registrate nel Lazio segnalano un incremento pari all’1,1% (+0,2% su scala nazionale e +5,7% nel medio periodo), confermando pertanto una generale perdita di competitività del sistema imprenditoriale, caratterizzato ormai da numerose imprese di piccole dimensioni, difficilmente in grado di apportare un contributo significativo in termini di innovazione, valore aggiunto e capacità di crescita. Nel 2018 le imprese del Lazio sono 657,9 mila unità, e rappresentano il 10,8% del totale nazionale (pari a 6,1 milioni di unità); nello specifico, il 74,1% afferisce al terziario, mentre il comparto industriale assorbe una quota pari al 19,2% delle attività produttive e l’agricoltura raggiunge il 6,7%.  Dinamica sostenuta soprattutto dalla città di Roma dove le imprese registrate aumentano dell’1,4%.
 
 
E se l’economia stenta, il sociale certamente non decolla. Scarsa competitività, crisi delle imprese e occupazione precaria impattano fortemente sulla qualità di vita dei cittadini e compromettono la tenuta sociale, visto tra l’altro la carenza di una programmazione a medio e lungo termine e la gestione continua di situazioni di emergenza. La Capitale è un esempio in questo. La liquidazione delle aziende municipalizzate, i licenziamenti annunciati in alcuni casi e già attuati in altri, la fuga di molte imprese verso Milano (che non a caso si colloca in una posizione migliore rispetto a Roma) non fanno che acuire una crisi che a Roma appare sempre più evidente e oramai insostenibile.
 
 
 
 
 
 
 
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