“L’Istat ha certificato oltre 217 miliardi di euro di attività sommerse e illegali, pari al 10,2% del Pil. Di questi, 185 miliardi di euro, sono il valore del sommerso nel lavoro, alimentato da sotto-dichiarazioni e lavoro irregolare. Una cifra, quest’ultima, cresciuta di 14,5 miliardi in un solo anno quasi il valore di una Finanziaria. Questi dati siano un segnale d’allarme. Il Paese non può permettersi altri ritardi”.
È quanto hanno dichiarato i segretari confederali della Uil, Ivana Veronese e Santo Biondo.
“Nel 2023 il lavoro nero è aumentato: oltre 3,1 milioni di lavoratrici e lavoratori ne sono coinvolti, +145.000 rispetto al 2022. Questi numeri - hanno aggiunto Veronese e Biondo - raccontano un mercato del lavoro in cui illegalità, sfruttamento e mancanza di diritti continuano a essere tollerati. Il lavoro sommerso danneggia lavoratrici e lavoratori, crea lavoro povero, altera la concorrenza tra imprese, erode le risorse pubbliche e mina la sicurezza sul lavoro. È evidente - hanno rimarcato Biondo e Veronese - che le misure finora adottate non sono sufficienti. Il lavoro nero non solo resiste, ma cresce”.
“L’unico modo serio per ridurre il peso dell’economia sommersa è il contrasto attraverso la vigilanza, i mezzi elettronici, rendendo tracciabili tutte le transazioni e limitando l’uso del contante. Servono controlli digitali efficaci, incroci automatizzati dei dati e strumenti tecnologici che permettano di far emergere ciò che oggi sfugge alla fiscalità generale. Chiediamo che ogni euro recuperato dall’evasione e dal sommerso sia destinato a rafforzare la spesa sociale, migliorare i servizi pubblici e investire nella competitività del Paese. Trasparenza, legalità e innovazione - hanno concluso i segretari della Uil - devono diventare i pilastri di una nuova politica economica che premi chi produce e lavora onestamente”.
Roma, 17 ottobre 2025