“Accogliamo positivamente la crescita a giugno dell’occupazione a tempo indeterminato rilevata dall’Istat, ma non possiamo accontentarci dei numeri aggregati senza comprenderne la reale composizione. È fondamentale che le statistiche mensili sull’occupazione vengano accompagnate da informazioni puntuali e disaggregate”.
È quanto ha dichiarato la segretaria confederale della Uil, Ivana Veronese.
“Dietro l’apparente solidità dei contratti ’stabili’, infatti, si celano molteplici situazioni lavorative che meritano attenzione: quanti sono gli occupati in part time e, soprattutto, quanti di questi sono frutto di una scelta volontaria e quanti invece imposti? Qual è - ha proseguito Veronese - la quota di lavoratrici e lavoratori somministrati con contratti a tempo indeterminato? Quanti sono gli occupati con contratti a chiamata formalmente a tempo indeterminato, ma con redditi e orari del tutto incerti? E ancora: quanti sono i lavoratori e le lavoratrici ufficialmente occupati ma in cassa integrazione? Numeri freddi, quindi - ha sottolineato Veronese - che non raccontano appieno la qualità del lavoro nel nostro Paese. Senza questi dettagli, si rischia di restituire un’immagine parziale e fuorviante del mercato del lavoro italiano.
Questi elementi sono fondamentali per valutare la qualità dell’occupazione e capire se davvero il mercato del lavoro italiano stia andando verso una maggiore stabilità o se, al contrario, stia semplicemente mascherando forme di precarietà strutturale sotto un’etichetta rassicurante.
Altrettanto importanti sono i dati delle Comunicazioni obbligatorie, che fotografano come stanno assumendo le imprese. E’ dal 28 maggio - ha precisato la sindacalista della Uil - che attendiamo l’uscita di questi dati.
Un altro aspetto su cui è urgente riflettere è quello anagrafico: la crescita riguarda solo la fascia over 50, con 603 mila occupati in più rispetto a giugno dello scorso anno. Al contrario, tra i giovani di età compresa tra i 15 e i 34 anni, si rileva un calo dell’occupazione e un preoccupante aumento del numero di inattivi. Un segnale d’allarme che non può essere ignorato.
Positivo, seppur insufficiente, l’incremento dell’occupazione femminile: tuttavia, il tasso di occupazione resta tra i più bassi d’Europa, con appena 54 donne occupate ogni 100. Ciò evidenzia il persistere di profonde disuguaglianze di genere nel mercato del lavoro italiano - ha concluso Veronese - anche a causa di squilibri ancora profondi tra lavoro e cura, carenza di servizi e mancanza di politiche attive efficaci“.
Roma 31 luglio 2025