Salute e sicurezza  - Silvana ROSETO
PER NON NAVIGARE A VISTA
Manuale per Rls e Rlst
13/10/2012  | Salute.  

 

Il lavoro temporaneo - interinale

 

Un tempo, nel mondo del lavoro, c’era l’incontro tra la domanda e l’offerta gestito da chiamate numeriche governate e controllate, mentre ora, sulla base di forti spinte economiche e politiche, si è oramai passati alla chiamata individuale e nominativa.

Se a questo aggiungiamo che i nuovi aspetti di mercato sono governati dalla logica della competitività d’impresa, i riferimenti sono passati dal livello locale al globalizzato e i principi di qualità (per esempio il “Just in time”) hanno creato concetti d’estrema flessibilità organizzativa abbinata ad outsourcing sfrenato (esternalizzazione di risorse e lavorazioni), si comprende l’importanza che le aziende danno nell’inquadrare le risorse umane, di cui hanno bisogno, sempre più nell’atipico.

Va inoltre considerato che questi sistemi incidono in modo minore sui costi assicurativi - in riferimento al “costo puro” della prestazione lavorativa un dipendente con contratto a tempo indeterminato costa all’azienda circa il 50%, un parasubordinato il 14% ed un autonomo praticamente nulla -, considerati i minori costi e i pochi rischi che ne derivano, le aziende utilizzano sempre più questi contratti al posto dei vecchi sistemi di selezione e addestramento del personale.

Oggi, gli ispettori dello Stato si trovano in difficoltà a perseguire situazioni lavorative qualificanti in modo diverso il lavoratore dal suo reale utilizzo - spesso parasubordinati con rapporto continuativo ma dichiarato occasionale, oppure operatori con incarichi operativi e subordinazioni gerarchiche del tutto parallele ai dipendenti “diretti” ma “riconosciuti” come autonomi - innanzitutto perché la Corte di Cassazione, verso la fine degli anni ‘80, ha stabilito che per poter dimostrare la volontà a qualificare diversamente il lavoratore, espressa nel contratto di lavoro che lega le parti interessate, la fornitura delle prove è a carico dell’Ispettorato del Lavoro, e questo è praticamente impossibile se i soggetti sono d’accordo - più o meno volontariamente - nel sottoscrivere un contratto dove si esclude la subordinazione.

Inoltre, in un sistema dove sta imperando “l’esternalizzazione” (outsourcing) diventa sempre più difficile inquadrare la reale organizzazione del lavoro e quindi rilevare ed intervenire sul precariato.

Il lavoro atipico è, in pratica, utilizzato al posto della “classica” selezione del personale perché, i dati prima citati, potrebbero leggersi anche come implementazione di professionalità diretta ottenuta attraverso un sistema selettivo che “esternalizza” anche le tutele normative e contrattuali nonché i “rischi” d’impresa.

Dalla lettura dei dati emersi da recenti indagini operate nel mondo del lavoro, emerge comunque che la “flessibilità” è spesso elemento negativo per la sicurezza:

- in un sistema dove impera l’outsourcing, le organizzazioni del lavoro si dividono in tanti piccoli pezzi tra loro scollegati, dove l’unico rapporto (e colloquio) è fondato sul solo valore economico risultante, nonché nel rispetto dei tempi (e metodi) imposti dall’impresa commissionante o dalla concorrenza (spesso sleale) di mercato;

- uno dei principali fattori di rischio è sicuramente la perdita d’identità della struttura lavorativa, dove viene a mancare la condizione fondamentale per la partecipazione (coesione) dei soggetti interessati alla prevenzione;

- analizzando gli infortuni sul lavoro si nota un notevole incremento di quelli occorsi sulla strada, durante l’attività di trasporto o di spostamento per recarsi al lavoro. Il dato può essere sicuramente imputabile al notevole decentramento d’attività, spesso derivato da estromissioni di lavoratori e lavorazioni aziendali le quali contribuiscono all’aumento dei trasporti, all’incremento dei tempi operativi ed alla conseguente riduzione dei riposi compensativi ed in secondo luogo al fatto che il lavoratore atipico, proprio per la sua “flessibilità”, è costretto a continui e, spesso, lunghi spostamenti perché ben raramente l’opportunità d’impiego si trova nelle vicinanze della residenza abituale;

- se l’atipicità è legata alla ricattabilità del soggetto interessato, è facile pensare come l’attenzione sia concentrata al mantenimento dei (deboli) rapporti e quindi ben lontana dall’inserirsi in un percorso preventivo e protettivo comune e condiviso;

- la formazione data a personale atipico è generalmente scarsa e mirata esclusivamente all’aspetto operativo; la formazione sulla sicurezza, quando eseguita, generalmente è poco mirata (a basso costo) e basata sul minimo adempimento teso a dimostrare un rispetto formale agli obblighi dati dalle norme, comunque ben lontana da fornire le basi partecipative, collaborative, culturali, organizzative e comportamentali necessarie ad un efficace sistema preventivo e protettivo;

- l’informazione, anche sui sistemi protettivi collettivi ed individuali, è spesso ridotta al minimo indispensabile, lasciando l’individuo completamente isolato, soprattutto nelle prime fasi d’apprendimento della nuova realtà lavorativa;

- la sorveglianza sanitaria, quasi esclusivamente mirata ad una “generica” abilitazione a mansione, ben raramente è tarata sugli effetti a lungo termine e su di una approfondita valutazione d’impatto delle malattie professionali, disturbi psicologici, muscolo-scheletrici, ergonomici (eccetera, eccetera);

- la frantumazione, precarietà e (conseguente) ricattabilità non permettono che si vengano a creare i rapporti con le Organizzazioni Sindacali che sono deputate a tutelare il lavoratore mentre viene a mancare la condizione fondamentale per la partecipazione, quindi si è ben lontani dalle stesse “basi”, anche culturali, su cui è poggiato l’intero sistema della prevenzione e sicurezza sul lavoro (anche le norme hanno fatto della partecipazione l’elemento fondamentale per la prevenzione e riferimento per la protezione dai rischi lavorativi);

- la ridotta permanenza sui posti di lavoro non permette d’acquisire le pratiche di sicurezza proprie dei lavoratori più “esperti”; lo stesso documento di valutazione dei rischi non tiene in considerazione il continuo avvicendarsi di personale, sicuramente poco esperto, sulle varie posizioni di lavoro e, ancora più frequentemente, non vengono nemmeno considerati i rischi connessi con l’attività a tempo determinato o comunque gestite in modo “atipico”;

- questo lavoratore sarà potenzialmente più esposto alla conseguenza del rischio residuo (la parte del rischio che rimane dopo aver approntato tutto quanto possibile fare) ed alle nuove (non conosciute ed emergenti) condizioni negative in quanto, almeno nella fase iniziale del rapporto di lavoro, ha bisogno di un periodo di apprendimento diverso e più intenso perché, in poco tempo, deve riuscire a capire come è strutturata l’azienda e l’organizzazione del lavoro, apprendere l’attività cui è destinato e le condizioni di rischio generale e specifico cui può essere esposto, conoscere i sistemi d’emergenza, i responsabili di riferimento ed approntare le relazioni umane con i colleghi di lavoro, memorizzare tutte le parti operative della sua mansione, ecc. Il soggetto, avendo l’attenzione rivolta alle macro componenti identificative della nuova attività, essendo privo della naturale e comune base d’attenzione alla sicurezza già propria dei diretti, sarà più esposto alle micro negatività presenti nell’ambiente di lavoro e su questo dovrà diventare destinatario di maggiori attenzioni e tutele.

Come può intervenire il RLS nell’atipico

Il RLS può intervenire su queste situazioni fattivamente, e le testimonianze in merito sono alquanto concordi, quasi esclusivamente nei rari casi dove questa figura è attiva e presente costantemente sul posto di lavoro. Questo tipo di rappresentanza dei lavoratori, così come oggi concepita, è già fortemente limitata all’interno delle aziende, e delle organizzazioni lavorative specifiche, quindi è facilmente immaginabile quale possa essere il suo grado d’intervento nell’estrema flessibilizzazione del lavoro.

Per questo è importante che le OO.SS. stimolino la ricerca di altre, e più incisive, forme di rappresentanza in quanto, è oramai chiaro, come la situazione peggiorerà sempre di più, perché quasi tutti questi meccanismi di fornitura del lavoro sono artificiosamente radicati sulla disinformazione, poca chiarezza e l’inesistente partecipazione all’organizzazione aziendale.

I problemi legati al lavoratore atipico, proprio perché rivolta a soggetti in accordo col sistema e con scarsa conoscenza dell’organizzazione aziendale, comunque spessissimo fondato sulla ricattabilità del singolo (dove questa aumenta al diminuire della dimensione aziendale e dell’assenza delle rappresentanze sindacali), fanno emergere quanto la rappresentanza per la sicurezza, ma anche sindacale, di questi lavoratori sia difficile nonché ben poco considerata e tutelata sia dalle norme vigenti, sia dalla contrattazione collettiva, nazionale ed aziendale.

Anche i lavoratori parasubordinati e autonomi hanno diritto di ricevere le informazioni perché la loro attività è soggetta a valutazione del rischio, quindi prevedere misure preventive e protettive; in particolare per l’appalto con l’obbligo di emissione del Documento Unico dei Rischi Interferenti (DUVRI) – D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81, articolo 26 “ Obblighi connessi ai contratti d’appalto o d’opera o di somministrazione” comma 2, lettera b), i datori di lavoro: “coordinano gli interventi di protezione e prevenzione dai rischi cui sono esposti i lavoratori, informandosi reciprocamente anche al fine di eliminare rischi dovuti alle interferenze tra i lavori delle diverse imprese coinvolte nell’esecuzione dell’opera complessiva” e successivo comma 3: “Il datore di lavoro committente promuove la cooperazione ed il coordinamento di cui al comma 2, elaborando un unico documento di valutazione dei rischi che indichi le misure adottate per eliminare o, ove ciò non è possibile, ridurre al minimo i rischi da interferenze. Tale documento è allegato al contratto di appalto o di opera e va adeguato in funzione dell’evoluzione dei lavori, servizi e forniture”. In questi casi si configura, senza dubbio, un obbligo di accertamento professionale, valutazione dei rischi ed adozione d’adeguate misure preventive.

Comunque, l’introduzione di nuove forme di lavoro nel panorama lavorativo italiano ripropone, nelle tutele della legge, il tema della sicurezza e della salute per tutti i lavoratori interessati.