Salute e sicurezza  - Silvana ROSETO
PER NON NAVIGARE A VISTA
Manuale per Rls e Rlst
13/10/2012  | Salute.  

 

Il Medico competente

 

Figura fondamentale della prevenzione sanitaria.

 

Prima il D.Lgs. n. 277/1991, poi il 626/94, ed oggi il D.Lgs. n. 81/2008, Titolo I, Capo III, Sezione V “Sorveglianza Sanitaria”, composta da 5 articoli (da n. 38 a n. 42), fornisce una precisa definizione della figura del Medico Competente.

La ricca descrizione delle caratteristiche di competenza per questa figura (o funzione) deriva da un’evoluzione, maturata nel tempo, del concetto di sorveglianza sanitaria nel campo della medicina sul lavoro. Questa specialità nasce come branca di ricerca a sé stante, nel momento in cui aumenta l’interesse verso le malattie che trovano il proprio motivo d’insorgenza nell’ambiente di lavoro, differenziandosi dalle patologie comuni non tanto per i particolari connotati sintomatologici, quanto per le cause che le hanno prodotte.

Lo sviluppo industriale, molto rapido e poco sensibile alla protezione sul piano sanitario, ha determinato il veloce aumento delle patologie legate alle attività lavorative. La ricerca medica sul lavoro ha permesso di individuare, in circostanze sempre più frequenti, situazioni al limite della patologia che la medicina diagnostica tradizionale non era stata in grado di evidenziare. La Medicina del Lavoro riesce a meglio individuare quei primi segni premonitori, di natura clinica, che fanno da spia al passaggio, non sempre agevole da cogliere, tra salute e malattia.

Il numero di sostanze chimiche, più o meno tossiche per l’uomo, poste ogni anno nel ciclo produttivo, e quindi immesse in un modo o nell’altro nell’ambiente di lavoro e nello stesso ambiente di vita, è altissimo ed in continuo aumento. Questo avviene, ancora in molti casi, senza che di queste sostanze si conoscano le possibili ricadute sulla salute dell’uomo, con il risultato che i danni si rivelano, in molte circostanze, solo a distanza di tempo dal loro uso e dall’avvenuta contaminazione.

Pur in presenza di un notevole miglioramento dovuto a maggior attenzione alle conseguenze fisiche da sforzo, spesso le “posture” lavorative possono ancora essere innaturali ed evolversi in danno fisico, difatti, la movimentazione dei carichi ed il movimento ripetitivo sono ancora causa di notevoli danni all’apparato muscolo-scheletrico del lavoratore. L’ergonomia si sviluppa dalla considerazione che è la macchina e l’ambiente di lavoro che vanno adattati all’uomo e non viceversa.

La sorveglianza sanitaria effettuata dal Medico Competente (in seguito definito MC), oggi è un’importantissima branca della medicina, strutturata come una composita attività di prevenzione che si basa sul controllo sanitario periodico dei lavoratori, inseriti nel contesto dell’ambiente lavorativo, per abilitarli alla mansione cui sono destinati, con l’obiettivo di proteggere la loro salute e prevenire le malattie correlate al lavoro o che possono essere aggravate dalla specifica attività lavorativa.

Non va sottovalutato che il controllo dello stato di salute dei lavoratori può anche essere visto come mezzo per:

  • verificare l’efficacia delle misure di prevenzione adottate in azienda;
  • individuare ed anticipare ulteriori fattori di rischio;
  • prevenire le conseguenze dannose a carico del lavoratore.

 

Nelle sentenze n. 475 e 986 del 1988 si legge che “il legislatore fa riferimento ai suggerimenti che la scienza specialistica può dare in un determinato momento storico” e che “né per l’imprenditore, né per il giudice, può rappresentare un problema la consultazione della scienza”.

Dalla lettura delle disposizioni delle attuali norme si deduce che si richiede, tra i tanti metodi d’indagine, d’adottare monitoraggi sistematici anche di natura tossicologica sulla persona e sul gruppo, valutando ed analizzando la presenza delle sostanze (tutte anche quelle il cui impatto negativo non è ancora ben conosciuto) potenzialmente dannose ed i loro metaboliti.

Gli obblighi a carico del medico competente, oltre a quelli sanciti dalla normativa specifica, sono anche quelli comuni al medico ordinario già presenti nel vigente panorama normativo. Il medico, nel momento in cui individua rischi per il personale, o patologie non chiaramente definibili, ha il preciso dovere d’intervenire ed attuare, con professionalità, tutte le azioni necessarie a tutelare “l’integrità psicofisica” del personale aziendale. Naturalmente nel caso in cui, al verificarsi d’eventi lesivi, la magistratura individui “un nesso causale tra il mancato intervento del medico e l’evento stesso”, il medico verrà chiamato a risponderne davanti all’Autorità giudiziaria.

Ciò è integrato anche dal D.Lgs. n. 81/2008, articolo 39 “Svolgimento dell’attività di medico competente”, dove al comma 1 recita: “L’attività di medico competente è svolta secondo i principi della medicina del lavoro e del codice etico della Commissione internazionale di salute occupazionale (ICOH)”, riportato integralmente in Allegato 1, indicando così come questo codice etico sia oggi di esplicito riferimento, anche normativo, per l’attività degli “Operatori di Medicina del Lavoro” (OML) a noi meglio noti come “Medici Competenti” (MC).

Il Decreto legislativo 81/2008, all’art. 38 “Titoli e requisiti del medico competente”, oltre ad elencare una serie di titoli e requisiti da possedere per assumere l’incarico, al comma 4 recita: “i medici in possesso dei titoli e dei requisiti di cui al presente articolo sono iscritti nell’elenco dei medici competenti istituito presso il Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali” puntualizzando così come questa sia riconosciuta vera e propria professione provvista di elencazione ufficiale nazionale.

Per avere un più preciso contatto con i lavoratori, il MC andrebbe affiancato oltre che dal RSPP/SPP, anche dal RLS quando visita gli ambienti di lavoro come buona prassi, nonché punto 2 dei doveri e compito OML nel Codice Etico ICOH, per perfezionare la sua conoscenza ed acquisire notizie, al fine di meglio connotare l’idoneità o meno alla mansione lavorativa dell’individuo sottoposto a sorveglianza sanitaria.

Articolo 39 - Svolgimento dell’attività di medico competente.

Comma 2. Il medico competente svolge la propria opera in qualità di:

a) dipendente o collaboratore di una struttura esterna pubblica o privata, convenzionata con l’imprenditore;

b) libero professionista;

c) dipendente del datore di lavoro …

Comma 4. Il datore di lavoro assicura al medico competente le condizioni necessarie per lo svolgimento di tutti i suoi compiti garantendone l’autonomia.

Comma 5. Il medico competente può avvalersi, per accertamenti diagnostici, della collaborazione di medici specialisti scelti in accordo con il datore di lavoro che ne sopporta gli oneri …

Il professionista, in possesso dei requisiti richiesti che accetti di svolgere la funzione di MC, non può considerarsi un soggetto esterno all’organizzazione aziendale con un rapporto regolato solamente da un semplice contratto economico-professionale, esso deve integrarsi completamente nell’organizzazione, fornendo e ricevendo il supporto e le informazioni necessarie per espletare, con efficacia, la sorveglianza sanitaria. Il Medico competente, per fornire una prestazione di “qualità”, deve necessariamente acquisire capacità, anche derivate da rapporti con altri esperti e soggetti istituzionali dedicati alla prevenzione, che vanno oltre il semplice mandato legale e le disposizioni in merito delle nuove norme.

Il mandato sanitario deve prevedere:

  • Accertamenti sanitari preventivi e periodici, anche mirati ed integrati da accertamenti specialistici.
  • Istituzione ed aggiornamento delle cartelle sanitarie ed anche dei registri previsti o auspicabili.
  • Conoscenza diretta dei luoghi di lavoro ed attività lavorative.
  • Comunicazione, almeno durante la prevista riunione periodica (articolo 35 D.Lgs. n. 81/2008), ai RLS dei risultati anonimi collettivi derivati dagli accertamenti sanitari per dare concretezza a ciò che è previsto dal comma 2: “l’andamento degli infortuni e delle malattie professionali e della sorveglianza sanitaria”.
  • Informazioni sulla sorveglianza sanitaria, eventuali anomalie riscontrate, tenuta dell’apposito registro ed aggiornamento delle cartelle sanitarie per i lavoratori esposti a cancerogeni.
  • Trasmissione all’ISPESL e all’organo di vigilanza di copia dei registri degli espositi ad agenti cancerogeni e biologici (l’obbligo di invio e di aggiornamento è in capo al datore di lavoro ma è ovviamente pienamente coinvolto il MC)
  • Informazioni all’individuo ed alla collettività circa il significato dei risultati della sorveglianza sanitaria attraverso la gestione della cartella sanitaria individuale, registri infortunistici, dei rischi, biostatistici ed ambientali, relazioni epidemiologiche e tossicologiche, ecc.
  • Giudizio d’idoneità alla mansione correlato ai rischi professionali anche riferiti alla flessibilità organizzativa, programmazione delle indagini sanitarie (sul singolo e sul gruppo omogeneo) su tutta la popolazione lavorativa e possibilità, per il lavoratore, di essere sottoposto su sua richiesta ad un controllo sanitario (articolo 41, comma 1, lettera b e comma 2 lettera c: “visita medica su richiesta del lavoratore, qualora sia ritenuta dal medico competente correlata ai rischi professionali o alle sue condizioni di salute, suscettibili di peggioramento a causa dell’attività lavorativa svolta, al fine di esprimere il giudizio di idoneità alla mansione specifica”).
  • Il controllo dello stato di salute dei lavoratori può, e deve, essere utilizzato anche come riferimento per individuare ulteriori fattori di rischio e per prevenire conseguenze alla salute del personale dipendente.
  • Collaborazione con gli altri soggetti deputati alla prevenzione in azienda (Datore di lavoro, RSPP/SPP, RLS, Tecnologia e Progettazione, Amministrazione, Risorse Umane, ecc.), per lo studio e la definizione degl’interventi sui rischi, le soluzioni e le precauzioni da adottare.
  • Collaborazione all’istituzione del pronto soccorso.
  • Collaborazione all’attività d’informazione e formazione.
  • Nell’ambito della tutela psicologica:

 

1. Un servizio di medicina del lavoro non ha senso se non affronta accanto alle urgenti questioni dell’inquinamento ambientale e della prevenzione sanitaria, il problema dell’adattamento psicologico dell’uomo al lavoro mediante ampie articolazioni con i servizi di assistenza sociale, con i servizi di orientamento professionale e di selezione attitudinale e con i centri di prevenzione e cura delle varie forme di disadattamento e neurosi del lavoratore.

2. La salute mentale dei lavoratori non può, d’altra parte, essere affidata solo ai servizi medico-psicologici. La natura, le condizioni del lavoro e l’organizzazione aziendale sono problemi che non possono essere risolti solo dai medici e dagli psicologi, infatti, essi richiedono delle scelte che si possono definire anche politiche. Qualunque decisione, pertanto, richiederà anche l’aiuto del medico e dello psicologo quali esperti di igiene mentale, ed essi saranno in grado meglio di ogni altro di denunciare i limiti di validità di un sistema.

Per questo è importante che il Medico Competente riceva dal Datore di lavoro:

  • Tutte le informazioni (soprattutto sulla realtà lavorativa, casistica infortunistica completa, cicli produttivi e di “attraversamento”, materiali in uso, organizzazione del lavoro e sue variazioni programmate, previste e prevedibili, ecc.) nonché i mezzi e le condizioni necessarie allo svolgimento dei propri compiti e la valutazione dei rischi a loro collegati.
  • Condizioni logistiche, quali spazio adeguato ed attrezzature, per esercitare la funzione strettamente clinica.
  • Supporto economico per finanziare analisi specifiche, ricerche epidemiologiche, la raccolta dei dati in una banca dati generale (potrebbe essere utile un collegamento attivo comune in Internet) e specifica (anche per il controllo dell’evoluzione di una particolare condizione misurata), aggiornamento delle attrezzature mediche (secondo l’evoluzione del progresso tecnico, scientifico e conoscitivo) nonché la possibilità di ricercare (e praticare) nuovi e più efficienti sistemi d’indagine.
  • Ampia agibilità, anche economica, per usufruire di consulenze ed interventi di medici e/o strutture specialistiche esterne.
  • Tutto il supporto necessario per il primo soccorso e l’eventuale addestramento di lavoratori incaricati (la cui formazione dovrà essere sempre e comunque mirata a adottare le precauzioni necessarie in attesa dell’arrivo, già preventivato in termini di mezzi e tempi d’intervento, del personale medico specializzato, interno o esterno l’azienda, sul primo intervento).
  • Disponibilità ad approntare adeguati percorsi formativi, destinati a rendere “trasparente” l’attività, a coinvolgere maggiormente i lavoratori al raggiungimento di obiettivi (o dati) attesi e a migliorare la cultura generale in merito.

 

Disponibilità a definire nuove organizzazioni del lavoro, che andranno concordate preventivamente con le Organizzazioni sindacali e con i Rappresentanti dei lavoratori, mirate alla riduzione dei rischi e al miglior utilizzo di parziali o totali inabilità a mansione riscontrate.

Disponibilità a collaborare per l’individuazione e adozione delle protezioni e sicurezze collettive e/o individuali, nonché al loro continuo miglioramento, che potrebbero avere una ricaduta sulla salute del singolo (per esempio sistemi aspiranti/filtranti, depuratori, condizionamento ambientale, ecc.).

Disponibilità per partecipare all’individuazione e adozione di adeguati mezzi protettivi individuali commisurati alle patologie riscontrate sul singolo).

Sentendo i vari interventi e commenti nei seminari sinora svolti, la percezione dei RLS è generalmente positiva sull’operato del MC per la pura abilitazione a mansione e conseguente sorveglianza sanitaria di “base”, però, è comune opinione che esso sia fortemente limitato da imposizioni e indicazioni, imputabili principalmente alle varie direzioni aziendali nonché alla carenza culturale, riscontrata in merito a carico dei soggetti interessati, soprattutto per l’avvio d’indagini epidemiologiche sul conosciuto (per non parlare poi d’azioni, monitoraggi e verifiche mirati su potenziali patologie professionali “nuove” e diverse rispetto allo standard richiesto, le quali sono totalmente sconosciute). Tutto questo genera una diffusa mancanza di fiducia dei lavoratori e li porta ad intrattenere rapporti piuttosto sospettosi e poco producenti con la funzione sanitaria aziendale.

Sembra aleggiare la generalizzata convinzione che la raccolta di dati sulle situazioni ancora non classificate sia più inquadrabile in un dovere dello Stato, o del SSN, più che un “costo” (perché visto comunque sempre in questo modo da parte dell’imprenditoria e mai come attività di prevenzione dovuta e rientrante negli impegni assunti verso la Società) a carico dell’azienda e/o consulenza, rimandando così il tutto al momento in cui s’iniziano, per esempio, a contare i decessi a livello nazionale, ad avere uno sterile riscontro statistico di mortalità (l’INAIL fornisce tabelle aggiornate costantemente) e sulle cause, “piangendo” (anche con il contributo dei mass-media) poi sui dati emersi e, in qualche modo, giustificando psicologicamente e collettivamente la mancata considerazione dell’attività di prevenzione e del suo contenuto fattivo e morale.

Manca comunque, per qualsiasi dimensione aziendale, un percorso di “visibilità” verso i lavoratori (trasparenza dell’attività, coinvolgimento nelle finalità dell’indagine, spiegazione dei risultati, ecc.), un elemento formativo di diffusione conoscitiva dell’attività medica aziendale, dei metodi utilizzati e, soprattutto, dei risultati attesi, i quali saranno tanto più precisi e fondati quanto più deriveranno anche dalla collaborazione diretta e spontanea dell’interessato, o del gruppo, in esame.

Il RLS deve considerare questa figura come l’esatto contrario del Medico di famiglia; ovvero il medico “classico” ha le capacità di effettuare un’anamnesi clinica del soggetto in esame ed elaborare la sintomatologia di una patologia già in atto al fine di adottare le cure più opportune mentre, per il medico competente, se il soggetto è già in stato di malattia, questo è indice che ha fallito il suo lavoro. Difatti quest’ultimo deve operare eseguendo un’analisi dell’ambiente lavorativo, dei rischi presenti, della situazione e stato fisico del lavoratore e della compatibilità con la mansione (idoneità) monitorato attraverso un preciso programma di sorveglianza sanitaria da lui stesso definito, al fine di adottare, o far adottare, tutti gli accorgimenti necessari a non arrivare alla tecnopatia (o malattia professionale), agendo così in modo preventivo.

È in ogni caso impegno del RLS rapportarsi costantemente con il medico:

  • Segnalando tutte le condizioni di rischio di cui viene a conoscenza e discutendone, in collaborazione con Datore di lavoro e RSPP/SPP, l’opportuno intervento medico.
  • Adottando sistemi mirati al coinvolgimento del singolo per renderlo partecipe alle finalità dell’indagine medico-scientifica.
  • Definendo, in collaborazione, la mappatura del monitoraggio ambientale, i sistemi e le frequenze di rilevamento e su questo la frequenza del controllo medico sulla persona.
  • Approntando adeguati spunti formativi tesi alla conoscenza dell’indagine medico-scientifica e a migliorare la cultura generale in merito.
  • Per riuscire ad avere i parametri funzionali ad approntare e mirare tutti i budget finanziari, mezzi, strutture e supporti necessari alla corretta analisi medica sui posti di lavoro, comprese le nuove e più mirate attività di ricerca, sperimentazione ed intervento.
  • Per orientare, con la collaborazione della RSU dove presente, indagini sulle potenziali cause negative derivate da problemi organizzativi aziendali e proporre soluzioni.
  • Per tenere i collegamenti con le figure “parallele” limitrofe in modo da considerare anche probabilità d’eventuali danni (o elementi epidemiologici sensibili), in entrata ed uscita, arrecati a persone presenti nei luoghi adiacenti, non solo di lavoro, soggetti a diverse rischi ed emergenze.
  • Per monitorare continuamente l’efficacia delle misure adottate sotto l’aspetto medico-tossicologico nonché eziologico.
  • Per fare opera d’intermediazione affinché, anche la sorveglianza sanitaria aziendale, si mantenga “al passo con i tempi”.
  • Per ricercare nuovi sistemi di colloquio e d’informazione tra la funzione tecnologica aziendale, quella produttiva e operativa, il mercato esterno e le funzioni preposte alla prevenzione per conoscere sempre più a fondo le patologie collegate alla produzione ed ai ritmi che questa di volta in volta richiede.
  • Per adottare un concreto sistema relazionale fondato su di una comunicazione efficace “con” e “tra” i lavoratori ed i tecnici/responsabili aziendali in modo da contribuire a veicolare, coordinare, omogeneizzare e “stimolare” gl’interventi protettivi e preventivi.
  • Per trovare nuovi canali relazionali per essere sempre aggiornati sulle patologie da lavoro emergenti e “generalmente” sconosciute nonché il loro metodo analitico.

 

La “qualità” della prestazione medica.

La qualità della prestazione medica è anche rappresentata da un normale rapporto cliente-fornitore, dove “il cliente” assume diversi aspetti:

1 - colui che paga il servizio - l’azienda;

2 - colui che riceve il servizio - il lavoratore;

3 - il contesto in cui avviene il servizio - le norme legali da rispettare, lo “stato dell’arte” della prestazione lavorativa, la professionalità e, non ultima, l’etica professionale.

Paragonando l’attività di qualità del medico a quella di una qualsiasi attività commerciale risulta essere fondamentale, conoscere e gestire, in termini innovativi, i processi primari dove: “Un processo è un insieme di attività che trasformano ‘input’ in ‘output’ che hanno valore per il cliente ... in funzione dei processi fondamentali, o di vantaggio competitivo, connessi ai vari ‘business’, visti dal punto di vista del cliente finale (*)”.

La capacità, derivata da un processo primario di qualità specialistico in senso medico (essenzialmente fondata su rapporti con figure “dedicate”), è quella d’essere a costante conoscenza delle nuove patologie emergenti, il modo di tenerle monitorate ed i sistemi di cura e prevenzione loro collegate (si pensi, per esempio, a quanto “si sa e si fa” per patologie, diffusamente sconosciute e minimamente considerate, quali mobbing, stress da lavoro abbinato alla qualità della vita, patologie da turno e repentina flessibilità d’orario, nuovi generi d’otopatie, danni alla vista da VDT, lesioni dell’apparato muscolo-scheletrico derivate da nuove posture ed attività, ecc.). Per questo sarebbe opportuno poter inserire i dati rilevati in una banca dati comune in modo da poter diffondere la conoscenza e, contemporaneamente, fare tesoro dell’esperienza altrui.

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(*) Merli, 1997