Salute e sicurezza  - Silvana ROSETO
PER NON NAVIGARE A VISTA
Manuale per Rls e Rlst
13/10/2012  | Salute.  

 

L’infortunio e la malattia professionale

 

Nozione di “infortunio professionale”

 

Mutuando la nozione fornita dal Testo unico delle disposizioni per l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, DPR n. 1124 del 30 giugno 1965 articolo 2, può definirsi, in via generale, infortunio sul lavoro l’infortunio occorso per “causa violenta” in “occasione di lavoro”. Per l’indennizzabilità, ai fini dell’assicurazione INAIL, è necessario che dall’infortunio sia derivata, o la morte, o un’inabilità permanente al lavoro (assoluta o parziale) oppure un’inabilità temporanea (assoluta) che comporti l’astensione dal lavoro per più di 3 giorni - una curiosità non più attuale se non per particolarissime attività: tra i casi di infortunio sul lavoro le vigenti norme prevedono compresa, sempre ai fini dell’assicurazione INAIL e secondo la sentenza della Corte Costituzionale n. 226 del 4 giugno 1987, l’evento dannoso derivante da infezione malarica -.

Deve considerarsi:

- inabilità permanente assoluta: la conseguenza di un infortunio che tolga completamente e per tutta la vita l’attitudine al lavoro;

- inabilità permanente parziale: la conseguenza di un infortunio che diminuisca in misura superiore al 15% e per tutta la vita l’attitudine al lavoro;

- inabilità temporanea assoluta: la conseguenza di un infortunio che impedisca totalmente e di fatto per più di tre giorni di attendere al lavoro.

Ad avviso della giurisprudenza, il requisito della “causa violenta” sussiste:

1. ogni qualvolta un’azione determinata e concentrata nel tempo - ancorché non imprevedibile, straordinaria o accidentale - arrechi danno all’organismo del lavoratore;

2. anche quando l’infortunio non sia derivato da una forza esterna al lavoratore o non sia stato determinato da un atto abnorme compiuto dal lavoratore nell’ambito dello svolgimento della sua abituale attività, nel senso che il requisito della causa violenta sussisterebbe anche in caso di sforzo del lavoratore compiuto in condizioni di normale svolgimento dell’attività lavorativa;

3. è stata compresa nel concetto di causa violenta anche l’azione di fattori microbici o virali che, posti in rapporto di causa-effetto con la prestazione lavorativa, diano luogo ad invalidità (es.: epatite virale).

Per quanto concerne il requisito “dell’occasione di lavoro”, la giurisprudenza riconosce l’esistenza di un infortunio sul lavoro, quando:

1. è derivato dall’esposizione del lavoratore ad un rischio specifico (cioè ad un rischio al quale è sottoposto solo l’assicurato a causa della specificità dell’attività da esso svolta: es. l’operaio addetto ad una taglierina automatica, in relazione al rischio di subire lesioni dalla stessa);

2. è nella forma del rischio ambientale - cioè ad un rischio eziologicamente (riconosciuto nesso causa-effetto a livello sanitario) riconducibile al rischio insito nell’ambiente di lavoro e determinato, per esempio, dallo spazio delimitato, dal complesso dei lavoratori in esso operanti e dalla presenza di macchine o di altre fonti di rischio -;

3. è riconducibile ad un rischio generico aggravato (cioè ad un rischio al quale sono sottoposti tutti, ma che viene aggravato dallo svolgimento dell’attività lavorativa: es. un impiegato di banca in relazione al rischio di subire rapine o il lavoratore rimasto ucciso nel corso di una rapina commessa in occasione dell’acquisto di materiale necessario per la produzione).

Anche sulla base di queste considerazioni, la giurisprudenza ha ritenuto che il requisito della occasione di lavoro sussista ogni qualvolta l’infortunio sia collegato con un nesso causa-effetto, sia pure indiretto e mediato, con l’attività lavorativa.

Infortunio in itinere.

Dall’applicazione dei principi sopra esposti, la giurisprudenza della Corte di Cassazione è pervenuta alle conclusioni che, sempreché occorso al lavoratore nel raggiungere o rientrare dal posto di lavoro, l’infortunio in itinere si possa considerare alla stessa stregua dell’infortunio sul lavoro purché:

1. “sussista un nesso tra l’itinerario seguito e l’attività lavorativa nel senso che il primo non sia stato percorso per ragioni meramente personali”;

2. “in caso di infortunio occorso durante l’uso di veicolo privato, l’uso di tale mezzo sia stato imposto dalla inadeguatezza di altri mezzi di locomozione”.

Non lo può essere in caso d’infortunio avvenuto:

1. al lavoratore che si sia infortunato nell’andare a trovare, tornando dal lavoro, i familiari residenti in luogo diverso da quello dove sorge l’unità produttiva alla quale il lavoratore è addetto;

2. al lavoratore che si sia infortunato durante o al rientro da uno sciopero;

3. al lavoratore in trasferta che si sia infortunato durante il percorso necessario per recarsi dal luogo di svolgimento dell’attività lavorativa all’albergo nel quale soggiorna durante le pause dell’attività stessa, e da lui liberamente scelto.

Nozione di “malattia professionale”.

Si considera malattia professionale quella contratta nell’esercizio e a causa della lavorazione alla quale è adibito il lavoratore. In particolare, la giurisprudenza riconosce la natura di malattia professionale a quello “stato di aggressione dell’organismo del lavoratore, eziologicamente (derivato da indagine sanitaria mirata a rilevare un preciso rapporto di causa-effetto) connessa all’attività lavorativa, in seguito e ad esito del quale sia residua una definitiva alterazione dell’organismo stesso comportante, a sua volta, una riduzione della capacità lavorativa”.

In merito alla prova del “nesso eziologico” particolare rilievo assumono le malattie professionali contenute negli appositi elenchi.

Il Ministero del lavoro con il DM 11 dicembre 2009 (G.U. 19 marzo 2010, n. 65), integrato con la pubblicazione dell’elenco sul S.O. n. 66 alla G.U. 1° aprile 2010, n. 76, ha approvato l’aggiornamento dell’elenco delle malattie professionali che, in base all’art. 139 del Testo unico infortuni, obbliga il medico alla relativa denuncia alla Direzione Provinciale del Lavoro (DPL). Il nuovo elenco sostituisce il precedente approvato con DM 14 gennaio 2008 e tiene conto dell’evoluzione che il sistema produttivo può determinare sull’insorgere di sicure o possibili malattie di origine professionale e sulle nuove ricerche mediche in materia di patologie di origine professionale.

Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno affermato il principio secondo cui, “per le malattie comprese in tali tabelle e manifestatesi entro i termini previsti”, opera in favore del lavoratore una “presunzione legale dell’esistenza di un rapporto di causalità tra lavoro e malattia”. Peraltro, sempre secondo la Corte di Cassazione, tale presunzione, potrebbe essere “invocata anche per le lavorazioni non espressamente previste nelle tabelle purché queste presentino una identità dei connotati essenziali, non già una semplice somiglianza, con le fattispecie incluse nella lista”.

Per le malattie diverse da quelle tabellate, in genere riconducibili a lavorazioni diverse da quelle descritte in tabella (o manifestatesi oltre i termini indicati), “spetta al lavoratore dimostrare la causa di lavoro”.

Effetti sul rapporto di lavoro.

L’infortunio sul lavoro e la malattia professionale producono, sul rapporto di lavoro, i medesimi effetti derivati dall’infortunio non avvenuto sul lavoro e dalla malattia comune.

Infatti sia nell’uno che nell’altro caso il Codice Civile prevede che:

  • se la legge non stabilisce forme equivalenti di previdenza o assistenza, è dovuta al lavoratore la retribuzione o un’indennità nella misura e per il tempo determinata dalle leggi speciali, dai contratti collettivi, dagli usi o secondo equità (laddove trovi applicazione la tutela INAIL, il datore di lavoro è generalmente tenuto in forza di disposizioni contrattuali collettive a erogare un trattamento economico integrativo delle prestazioni economiche erogate dall’Istituto, inoltre è obbligato, su richiesta dello stesso Istituto, o in presenza di specifiche disposizioni contrattuali, ad anticipare quelle prestazioni);
  • il datore di lavoro ha diritto di recedere dal contratto (con preavviso) solo decorso il periodo di tempo stabilito dalla legge, dai contratti collettivi, dagli usi o secondo equità (periodo di comporto);
  •  il periodo di assenza dal lavoro, per una della cause anzidette, deve essere computato nell’anzianità di servizio.

 

È bene tuttavia tener presente che la distinzione tra infortuni e malattie professionali, nonché tra infortuni e malattie non professionali, assume comunque notevole rilevanza perché:

  • i due diversi eventi danno luogo a forme di tutela previdenziale separate e distinte;
  • i contratti collettivi tendono a regolare diversamente le due fattispecie stabilendo in caso di infortunio e malattia professionale norme più favorevoli per il lavoratore, tanto con riferimento al periodo di conservazione del posto, quanto con riferimento all’ammontare del trattamento economico.