Salute e sicurezza  - Silvana ROSETO
PER NON NAVIGARE A VISTA
Manuale per Rls e Rlst
13/10/2012  | Salute.  

 

La valutazione dei rischi “partecipata”

 

Definizione accettata a livello comunitario di, “Valutazione dei Rischi”:

- “Procedimento di valutazione della possibile entità del danno quale conseguenza del rischio per la salute e la sicurezza dei lavoratori nell’espletamento delle loro mansioni derivante dal verificarsi di pericolo sul luogo di lavoro” (Circolare 102 del Ministero del lavoro 7/8/95).

La valutazione dei rischi, un obbligo che la normativa assegna al datore di lavoro, affonda le sue radici nelle prime inchieste sulla nocività nell’ambiente di lavoro che dalla fine degli anni Sessanta videro i lavoratori e il sindacato protagonisti delle lotte per la salute e la creazione di un modello di analisi che, per quasi vent’anni, fu al centro della scena della prevenzione nel nostro Paese e che ispirò i principi alla base della riforma sanitaria del 1978, definita dalla Legge 23 dicembre 1978, n. 833 (in SO alla GU 28 dicembre 1978, n. 360), istitutiva del Servizio Sanitario Nazionale (vedasi estratto all’inizio del capitolo dedicato alla valutazione dei rischi).

Gli adempimenti solo formali non sono solo inutili, ma dannosi perché radicano la convinzione che la prevenzione sia inutile. Purtroppo sono pochissimi i datori di lavoro che si assumono la responsabilità di tutelare il benessere dei loro dipendenti, addirittura alcuni imprenditori, ancora oggi, nei fatti dimostrano “di non sapere” di avere l’obbligo morale e legale (in questa sequenza prioritaria) di proteggere i lavoratori.

I rapidi cambiamenti avvenuti nell’organizzazione del lavoro, in particolare le modalità più flessibili di organizzazione dell’orario di lavoro e una gestione delle risorse umane più individuale e maggiormente orientata al risultato, hanno un’incidenza profonda sui problemi legati alla salute sul luogo di lavoro o, più in generale, sul benessere sul luogo di lavoro perché alla precarizzazione del posto di lavoro ne è sicuramente derivato un abbandono delle attenzioni per la sicurezza sia da parte degli imprenditori, sia da parte dei lavoratori (obbligati o meno).

Per questo motivo la partecipazione dei lavoratori va vista come uno dei mezzi più efficaci per migliorare la sicurezza sul lavoro, coinvolgendoli nel definire sia i rischi che le priorità.

I lavoratori si rendono perfettamente conto di cosa li danneggia o minaccia il loro benessere. Può darsi che non conoscano i meccanismi fisiologici o biologici all’ordine del problema o non siano abituati a parlarne, ma la loro esperienza è una fonte inestimabile di informazioni e di conoscenze di cui tenere assolutamente conto.

Nessuno conosce meglio l’ambiente di lavoro di coloro che vi operano ma, soprattutto nella situazione precaria e poco chiara odierna, sarebbe utile coinvolgere maggiormente i lavoratori.

La strada del coinvolgimento può essere percorsa in modo efficace cercando di rivalutare la figura che li rappresenta nel campo della prevenzione e protezione di salute, sicurezza e ambiente sul lavoro, il RLS.

Se si parte dalla considerazione che, secondo lo Statuto dei Lavoratori, Legge 20 maggio 1970 n. 300, articolo 9 - Tutela della salute e dell’integrità fisica, “i lavoratori, mediante le loro rappresentanze, hanno diritto di controllare l’applicazione delle norme per la prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali e di promuovere la ricerca, l’elaborazione e l’attuazione di tutte le misure idonee a tutelare la loro salute e la loro integrità fisica”, emerge come il mezzo più opportuno per operare in azienda potrebbe essere quello della definizione e dell’istituzione, attraverso la componente sindacale nazionale che ne definisca i criteri applicativi, di uno strumento integrativo basato sulla “ricerca integrata”, fatta dagli stessi lavoratori, in affiancamento al RLS, che si trasformano in ricercatori di rischio, senza bisogno di attrezzature sofisticate e di tecnici esperti o risorse onerose, una “valutazione dei rischi” senza l’approccio scientifico di un ricercatore esterno.

Questo può essere, in materia di salute e sicurezza, uno strumento che offre grandi vantaggi alle aziende in quanto offre un punto di vista diverso ed integrativo (non sostitutivo) a quello normalmente fornito dai consulenti esterni “super specializzati” ma mai in grado di entrare a fondo alle problematiche esistenti in azienda come gli stessi lavoratori.

I lavoratori sono in grado di richiamare l’attenzione su alcuni pericoli che, per la loro stessa natura, risultano di difficile identificazione.

Si tratta di problemi che possono derivare dall’organizzazione del lavoro, dal tipo di attività svolte o dalle caratteristiche del posto di lavoro. Sono purtroppo aspetti che talvolta si prendono per scontati o che determinano una riduzione anche tacitamente accettata delle condizioni normali di sicurezza.

Effettuare una “ricerca integrata dei rischi”, basata sulla rivalutazione delle esperienze di tutti (anche queste spesso diverse ed integrative tra loro) serve anche ad aumentare la conoscenza professionale del lavoro ed il saper organizzare la sicurezza sul lavoro fornisce ai lavoratori una maggior forza contrattuale per introdurre cambiamenti e aumentare il loro livello di salute e sicurezza (a vantaggio anche economico per l’azienda).

È importante sottolineare come un’attività di questo tipo, correttamente implementata, sia estremamente utile nel rendere aggiornato e più efficace il Documento di Valutazione dei Rischi, che peraltro dovrebbe individuare una serie di procedure ad hoc, sulle quali i lavoratori possono avere molto da dire, sia per l’individuazione dei punti critici operativi, sia per la ricerca delle soluzioni.

Tramite la collaborazione attiva dei lavoratori si raccolgono informazioni che poi verranno utilizzate per:

- individuare i problemi;

- trovare delle soluzioni;

- sviluppare tra i lavoratori una coscienza collettiva;

- contrattare con il datore di lavoro i metodi più efficaci e di minore impatto economico (non esistono lavoratori che volutamente intendono sperperare denaro aziendale per arrivare ad obiettivi non raggiungibili, esistono spesso imprenditori che non intendono far partecipare altri soggetti alla gestione, anche non opportuna, del capitale economico aziendale, ritenuto legato all’individuo) per la realizzazione di obiettivi fondamentali per la sicurezza sul lavoro.

Questo tipo di collaborazione non è certo un esercizio accademico, ma un umile approccio pratico per il miglioramento delle garanzie di base dei lavoratori e soprattutto delle loro condizioni di lavoro in aperto contrasto con la diffusa paura di non ottenere, o peggio di perdere il posto di lavoro o un reddito, accettando con remissione qualunque condizione di lavoro sia proposta. La ricerca integrata può contribuire a superare questo problema, ad esempio:

- facendo in modo che i lavoratori acquisiscano consapevolezza e fiducia nelle loro capacità, dal momento che l’elemento partecipativo del processo di ricerca valorizza i loro interessi, facendoli sentire protagonisti e autori del processo e dei relativi esiti;

- aumentando la forza della contrattazione sindacale attraverso l’azione collettiva da parte dei lavoratori;

- fornendo una certa protezione contro ricadute negative sui lavoratori, dal momento che è molto più difficile screditare o rimproverare un’intera forza lavoro che poche persone isolate; questo pubblicizzando i risultati, in quanto azioni contro i lavoratori che stanno promuovendo la sicurezza nella loro realtà lavorativa non è certamente un bel biglietto da visita per l’azienda;

- organizzando i lavoratori attorno ai problemi relativi alla salute, al benessere, e alle garanzie di base, laddove non esista un organismo collettivo, come un sindacato.

Si potrà poi valutare l’efficacia delle azioni tese a realizzare l’obiettivo finale, cioè il cambiamento, quando saranno intraprese azioni mirate il cui impatto potrà essere misurato.