Salute e sicurezza  - Silvana ROSETO
PER NON NAVIGARE A VISTA
Manuale per Rls e Rlst
13/10/2012  | Salute.  

 

Il D.Lgs. 15 agosto 1991 n° 277

 

L’inizio della svolta culturale.

 

Il D.Lgs. n. 277/1991, oggi abolito ed integrato nel D.Lgs. n. 81/2008, è stato un provvedimento normativo sull’igiene del lavoro che dava disposizioni per la protezione dei lavoratori dall’esposizione ad “agenti chimici, fisici e biologici” in senso generale, e direttive corrispondenti alle parti specifiche, relative agli agenti piombo, amianto e rumore.

Prendendo in considerazione specifiche condizioni di rischio, il decreto andava a sostituire ed integrare solamente una limitata parte della normativa allora vigente. Però, per tutti i tre fattori di nocività espressamente considerati, esso aggiungeva tuttavia importanti elementi innovativi, quali:

  • Determinazione delle fasce di rischio, più che dei valori limite d’esposizione da non superarsi (valore numerico puro), ed in corrispondenza di ciascuna di esse l’indicazione delle misure di protezione e di controllo da applicarsi.
  • Valutazione del rischio in termini d’esposizione personale, di quantità cui è sottoposto ciascun addetto nell’arco delle otto ore lavorative e non di semplice misurazione del livello (Valore limite di soglia/esposizione espresso come VLE o TLV) dell’agente nocivo presente nell’ambiente di lavoro.
  • La possibilità di limitare il rischio adottando misure di tipo organizzativo e procedurale e non solamente tecnico.
  • Consultazione, formazione ed informazione dei lavoratori e dei loro rappresentanti.

 

 

Sentenze di Cassazione Penale, sez. III.

11/4/92, Quaini. “Il D.Lgs. n. 277/1991 integra e rafforza il DPR n. 303/1956 in materia di rumore. Infatti l’art. 42, primo comma (sanzionato penalmente a carico dei datori di lavoro e dei dirigenti e preposti), stabilisce il principio fondamentale secondo cui occorre ‘ridurre al minimo, in relazione alle conoscenze acquisite in base al progresso tecnico, i rischi derivanti da esposizione al rumore mediante misure tecniche organizzative e procedurali, concretamente attuabili, privilegiando gli interventi alla fonte’. Il principio della massima sicurezza possibile già sancito nell’art. 24 DPR n. 303/56, è ribadito dal legislatore con il D.Lgs. n. 277 del 15 agosto 1991, con riferimento non alle sole prescrizioni ed acquisizioni tecniche, ma anche ad altre misure organizzative e procedurali”.

21/10/92, Gallus. “L’art. 41 D.Lgs. n. 277/91, pur avendo espressamente abrogato per la parte relativa ai soli danni acustici l’art. 24 DPR n. 303/56, non ha introdotto alcun sostanziale limite all’obbligo imposto ai datori di lavoro di adottare tutte le misure idonee a ridurre i rumori nocivi”.

 

Abbinando questi nuovi concetti alle prescrizioni date dalle leggi italiane allora in vigore, è chiaro come il rischio accettabile non è il livello di rischio comunque esistente, anche se attestato al di sotto dei limiti tabellati, bensì quello residuo dopo aver predisposto tutti gl’interventi alla fonte concretamente attuabili, secondo principi della miglior tecnica ed adottando misure protettive collettive e/o individuali corrispondenti al rischio stesso.

Si percepisce immediatamente come, all’emanazione di questo decreto, ci troviamo di fronte al punto di svolta culturale, definito per legge, che partendo da una cultura espressamente protezionistica, passa da un sistema d’adempimenti a fini prevenzionistici ed arriva a concepire un sistema di programmazione della prevenzione, in seguito espresso e normato nel D.Lgs. n. 626/1994.

Le nuove norme suggeriscono, per l’attività RLS, uno spazio d’intervento che indirizzi la politica prevenzionistica aziendale verso lo spirito di base del decreto:

  • verso l’indagine globale delle situazioni di rischio attraverso l’allargamento dei monitoraggi sulla persona per tutte le ore lavorative e su tutti gli agenti nocivi di natura chimica, fisica, biologica e organizzativa,
  • verso l’adozione della “miglior tecnica e conoscenza” per arrivare a ridurre la presenza dell’agente nocivo nell’ambiente (inteso sia come luogo di lavoro, sia come patrimonio ecologico) al più basso livello possibile.