Il 6 febbraio nel mondo si celebra la “Giornata Mondiale contro le mutilazioni genitali femminili”.
Le mutilazioni genitali femminili ledono il diritto all’integrità fisica e psichica e il diritto alla salute sessuale e riproduttiva, la pratica costituisce una forma di violenza di genere.
Si calcola che le mutilazioni riguardino almeno 200 milioni di giovani donne in trenta Paesi. Ogni anno circa 3 milioni di bambine sotto i 15 anni vengono costrette a subire questa forma di violenza. Le mutilazioni vengono praticate principalmente alle bambine tra i 4 e 14 anni e, in alcuni casi, a neonate che hanno meno di un anno.
Le ragioni alla base della mutilazione genitale femminile sono varie e complesse ma le principali derivano da abitudini e tradizioni culturali profondamente radicate. Erroneamente si crede che la mutilazione genitale femminile sia un requisito religioso, ma la pratica è antecedente a tutte le grandi religioni e non è specificata in alcun testo sacro.
Nella maggioranza delle culture dove viene praticata la mutilazione genitale femminile, la ragione principale è originata dalla credenza che questa pratica sia necessaria per la buona riuscita di un matrimonio. In alcune comunità, le bambine che non si sottopongono alla pratica sono considerate promiscue e sporche, pertanto non riescono a sposarsi.
Come Uil ci auguriamo che la Convenzione di Istanbul (art.38) e l’art. 583 bis del C.p.p che proibisconoesplicitamente le mutilazioni genitali femminili vengano applicati adottando tutte le misure legislative necessarie per perseguire penalmente questi atti intenzionali e violenti.