Si riaprono le porte della P.A.: stabilitą e nuova occupazione
GENNAIO 2018
Attualitą
Si riaprono le porte della P.A.: stabilitą e nuova occupazione
di   Alessandro Fortuna

 

 

Per la Pubblica amministrazione il 2018 è l’anno della ripartenza non solo per il rinnovo dei contratti ma anche per il tanto atteso sblocco del turn over. Questi anni di blocco hanno messo in estrema difficoltà gli enti pubblici anche nella normale erogazione dei servizi alla comunità, perché alle fisiologiche uscite, in parte tamponante dall’estensione temporale dei requisiti contributivi ed anagrafici per l’accesso alla pensione, non sono corrisposti i naturali nuovi ingressi. Ciò in alcuni casi ha comportato vere e proprie situazioni di carenze di organico che sono state fronteggiate dai pubblici dipendenti nonostante anni di mancati rinnovi contrattuali che ne riconoscessero la loro dignità professionale. Le amministrazioni, pertanto, non hanno potuto che rispondere con un ampio ricorso, anche contra-legem (venendo meno ai limiti temporali previsti per i rinnovi), delle forme di lavoro flessibile, arrivando così fino ad oggi a consegnarci un quadro della precarietà nel pubblico impiego con dimensioni patologiche.

Questo stallo occupazionale ha prodotto inevitabilmente l’invecchiamento dell’età media della forza lavoro e ciò di certo non ha giovato nemmeno in termini di facilità nell’aggiornamento continuo degli organici con le incessanti nuove tecnologie a cui necessariamente, anche attraverso gli ultimi processi di riforma, la P.A. si sta adeguando per essere al passo con i tempi e rendere i servizi più accessibili. La luce in fondo al tunnel si è intravista con l’accordo del 30 novembre 2016, nel quale Governo e organizzazioni sindacali hanno sottoscritto l’impegno di porre finalmente rimedio al precariato nella P.A. e di riaprire, contestualmente, le porte della stessa con l’indizione di nuovi di bandi di concorso. Un’esigenza, tra l’altro, strutturale a fronte dei circa 80 mila pensionamenti in arrivo e ai prospettati, come aveva avvisato nei mesi scorsi il sottosegretario alla P.A, Angelo Rughetti, circa 400 mila dipendenti pubblici in uscita nei prossimi cinque anni.

Una necessità quindi che si sostanzia in nuovi programmi che guideranno le assunzioni nel 2018 e non solo. Con riferimento alle stabilizzazioni, infatti, l’impegno dell’accordo del 30 novembre 2016 è stato poi tradotto nel decreto Madia relativo alla modifica del Testo unico del pubblico impiego, stabilendo all’art. 20, per il triennio 2018/2020, due canali ai fini dell’assunzione a tempo indeterminato nelle amministrazioni, ognuno con rispettivi requisiti di accesso. Il primo prevede la possibilità di trasformazione diretta a tempo indeterminato dei dipendenti reclutati con procedure concorsuali a tempo determinato che risultino in servizio presso l’amministrazione che bandisce successivamente all’entrata in vigore della legge 124/2015 (c.d. delega Madia), ossia il 28 agosto 2015, e che abbiano maturato al 31 dicembre 2017 tre anni di servizio, anche non continuativi, negli ultimi otto.

Occorre precisare che il primo requisito richiesto seppur vero che si ritiene maturato anche nel caso in cui l’interessato sia stato in servizio, con contratto a tempo determinato, anche un solo giorno successivamente alla data del 28 agosto 2015, il comma 12 dell’art. 20 pone, tuttavia, un criterio di priorità nell’assunzione del personale in servizio alla data di entrata in vigore del D.Lgs. n. 75/17 (22 giugno 2017).

In relazione all’esser stati selezionati tramite procedure concorsuali, il criterio si ritiene maturato anche qualora l’ente abbia attinto eventualmente da graduatorie di altra istituzione. Infine, per il conteggio del triennio utile si ricomprendono tutti i rapporti di lavoro prestati direttamente con l’amministrazione riconducibili però alla medesima area o categoria professionale.

Il secondo canale di stabilizzazione, invece, consente alle amministrazioni di bandire procedure concorsuali riservate, in misura non superiore al 50% dei posti disponibili, al personale non dirigenziale che abbia tutti i seguenti requisiti:

a) risulti titolare, successivamente alla data del 28 agosto 2015, di un contratto di lavoro flessibile presso l’amministrazione che bandisce il concorso, compresi i titolari di varie tipologie di contratto flessibile, quali ad esempio anche le collaborazioni coordinate e continuative;

b) abbia maturato, alla data del 31 dicembre 2017, almeno tre anni di contratto, anche non continuativi, negli ultimi otto anni, presso l’amministrazione che bandisce il concorso.

Sul punto è intervenuta recentemente una circolare della Funzione Pubblica che ha illustrato l’applicazione di questa norma.

La circolare dà indicazioni alle amministrazioni pubbliche che potranno partire subito con le assunzioni, a partire da gennaio 2018, per il triennio 2018-2020, senza aspettare, dunque, il piano triennale dei fabbisogni, tenendo conto però dei limiti derivanti dalle risorse finanziarie a disposizione e delle figure professionali già presenti nella pianta organica. Sarà opportuno che le amministrazioni operino, comunque, una ricognizione del personale potenzialmente interessato e delle esigenze di professionalità da reclutare. Il testo firmato impone anche il divieto di riproporre nuovi contratti di tipo precario per il futuro e consentirà solo le cosiddette “collaborazioni genuine”. “Il divieto è infatti circoscritto esclusivamente alle professionalità e alle posizioni oggetto delle procedure di reclutamento speciale” si legge nella circolare.

Le amministrazioni che hanno necessità di ricorrere a tipologie di lavoro flessibile dovranno privilegiare, per il reclutamento speciale, “l’utilizzo di risorse di turn over ordinario nel rispetto del principio dell’adeguato accesso dall’esterno”. Orbene, da inizio mese è partito ufficialmente il piano triennale per la stabilizzazione di circa 50 mila precari storici. I dodici mesi che verranno potrebbero inoltre rappresentare l’ultima chance per 157 mila idonei in concorsi pubblici, visto che la manovra ha prorogato le graduatorie. Una mano, infatti, è arrivata anche dalla manovra. Con la legge di bilancio, per la scuola sono arrivati 50 milioni nel 2018 e altri 150 milioni l’anno dal 2019 per aprire la strada alla stabilizzazione di 18mila insegnanti precari. Anche le Province e le Città metropolitane quest’anno possono tornare ad assumere, a pagare però non sarà lo Stato ma le singole amministrazioni.

Le amministrazioni, infatti, devono essere in grado di sostenere a regime la relativa spesa di personale e prevedere nei propri bilanci la contestuale e definitiva riduzione del valore di spesa utilizzato per le assunzioni a tempo indeterminato. L’art. 20, tuttavia, prevede la possibilità di ampliare la facoltà assunzionale e la relativa provvista finanziaria utilizzando, in aggiunta alle risorse per il turn-over ordinario, anche le risorse previste per il lavoro flessibile già impiegate per retribuire lo stesso personale stabilizzabile. Ovviamente ciò comporta il divieto di instaurare nuovi rapporti di lavoro flessibile per le professionalità interessate dalle procedure concorsuali.

L’obiettivo del divieto è chiaramente quello di impedire una duplicazione della spesa: se l’ente pianifica di assumere direttamente o attraverso nuova procedura concorsuale prevedendo di ampliare il budget assunzionale con le risorse finanziarie del lavoro flessibile, e a tal fine proroga i contratti di lavoro degli interessati sino alla conclusione delle procedure, ne discende che le risorse finanziarie necessarie sono indisponibili per nuove assunzioni con contratto di lavoro flessibile. La legge di bilancio (l. n. 205/2017), tra l’altro, ha introdotto alcune modifiche al succitato art. 20, al fine di renderne compatibile l’applicazione nell’ambito dei processi associati tra Comuni, chiarendo come in caso di amministrazioni comunali che esercitino in forma associata funzioni, il requisito dell’essere in servizio presso l’ente che bandisce e di aver maturato in quello tre anni negli ultimi otto possono ritenersi integrati e maturati anche presso le diverse amministrazioni con i servizi associati.

In questo comparto l’Anci ha stimato in 20mila le stabilizzazioni dei precari delle amministrazioni locali.Il piano di assunzioni dei precari storici della P.a. sarà applicato anche agli assegni di ricerca, che per la prima volta sono stati parificati a tempi determinati e co.co.co. Anche qui il requisito del periodo di tre anni di lavoro negli ultimi otto anni può essere conseguito anche con attività svolta presso diversi enti e istituzioni di ricerca. Stesso principio specifica la circolare vale per il personale medico, tecnico-professionale e infermieristico del Servizio sanitario nazionale, dirigenziale e non, che quindi possono conseguire i tre anni di lavoro negli ultimi otto anche presso diverse amministrazioni del Servizio sanitario nazionale.

Non di minore importanza poi il percorso di stabilizzazione, già avviatosi in precedenza con la c.d. Buona Scuola, dei docenti precari e del personale amministrativo e tecnico del nostro sistema scolastico che probabilmente ha rappresentato il settore simbolo di una precarietà che era divenuta regola. Dopo, infatti, gli oltre 50mila ingressi, ulteriori fondi per il comparto scuola sono stati stanziati come prima ricordato. Insomma, si è avviato un processo che mira a porre rimedio allo scenario che vari studi ci hanno descritto di una popolazione lavorativa della P.A. in età sempre più avanzata e a permettere, quindi, il corretto ricambio generazionale impedito per circa dieci anni. La lotta all’abuso che il datore di lavoro pubblico ha fatto in questi anni delle forme di lavoro flessibile passa da qui.

Non possono, tuttavia, ritenersi sufficienti le – giuste e dovute - stabilizzazioni dei precari della P.A. per il suo rilancio ma è necessario aprire le sue porte ai giovani e alle nuove professionalità. Il 2018 rappresenta, infatti, un anno di svolta in quanto si prevede una serie di bandi nelle diverse amministrazioni dello Stato che privilegeranno le giovani eccellenze. A quanto pare sono in arrivo concorsi (di cui alcuni hanno visto già chiudersi i loro bandi) per 1.500 giovani laureati.

A tal fine è interessante lo studio proposto da Il Messaggero dove si individuano con precisione le posizioni aperte presso le singole istituzioni, enti e agenzie. Già scaduto il termine per le domande all’Inps, che a fronte di 365 posti disponibili si è trovata a ricevere 22.519 domande, la cui età media dei candidati è risultata di 33 anni. Altro notevole bacino di affluenza sarà quello del Ministero dell’economia e delle finanze con ben 422 assunzioni, cui si aggiungono 236 posizioni per l’agenzia delle entrate. Significativa anche l’indizione concorsuale di 150 profili da parte del Parlamento. Come lo è, del resto, la recente entrata in quirinale di 8 neoassunti dopo ben 30 anni dall’ultimo esame.

Nel frattempo, a fine 2017, è stato disposto il primo scorrimento della graduatoria degli assistenti giudiziari per 600 unità, che seguono i primi 800 vincitori che sono entrati in servizio l’8 gennaio. La strada sembra quella giusta, senza dimenticare che una parte essenziale di questo processo di ricambio generazionale e, soprattutto, di rilancio della nostra macchina amministrativa passa per il rinnovo dei contratti. Alla data di chi scrive è stato sottoscritto solo un contratto dei nuovi quattro comparti di contrattazione Aran, quello delle Funzioni Centrali, ma sono in corso le trattative per il rinnovo del comparto Istruzione e Ricerca, di quello della Sanità e degli enti locali.

Il 2018 potrà essere ricordato come l’anno del cambio di rotta rispetto a tutte quelle politiche di spending review che hanno ingessato la nostra P.A., non producendo risparmi – come hanno dimostrato i bilanci - ma semmai solo inevitabili ricadute sui servizi resi ai cittadini. Le stabilizzazioni, i nuovi ingressi di personale, l’adeguamento dei salari dopo 8 anni, la ripresa della contrattazione e delle relazioni sindacali in generale non potranno che migliorare l’ambiente di lavoro dei pubblici dipendenti e di conseguenza anche quella tanto desiderata efficienza, che solo con gli investimenti e con la tutela delle sue risorse può essere raggiunta e non, come hanno dimostrato i fatti, con continui tagli alle Istituzioni, ai lavoratori e ai suoi servizi.

Non possiamo che confidare che lo sblocco del turn over possa essere anche un’ottima occasione non solo per dar slancio alla nostra P.A. ma anche per dar fiato alla nostra economia e ai consumi che solo attraverso l’occupazione e la sua protezione possono trovar linfa vitale.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Fonte: vedi articolo de Il Messaggero, Roma, lo Stato assume eccellenze, Diodato Pirone, 15.01.2018.
 
 
 
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