Non dimenticare mai!
GENNAIO 2018
Il Giorno della Memoria
Non dimenticare mai!
di   Sara Tucci

 

 

27 gennaio: Giornata internazionale della Memoria, in onore delle vittime dell’olocausto (shoah in ebraico). Era il 27 gennaio 1945 quando le truppe dell’Armata Rossa guidate dal maresciallo Ivan Konev liberarono il campo di concentramento di Auschwitz, ed è in questo giorno che simbolicamente si è stabilito, con la risoluzione 60/7 dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, di celebrare il Giorno della Memoria.

Ed è proprio in quel giorno che emerse in tutta la sua drammaticità, l’orrore per l’olocausto (dal greco oλ?καυστος “bruciato interamente”) di un popolo. Il mondo intero prese finalmente coscienza dell’agghiacciante stermino di ben sei milioni di ebrei, un massacro teorizzato da Hitler nel suo Mein Kampf: “unwertes leben zu vernichten, bedeuted kein schuldigwerden” letteralmente “distruggere la vita senza valore non significa essere colpevoli”. Coscientemente poi messo in pratica dopo la conquista del potere. Nel Mein Kampf Hitler formulò la sua tesi principale contro gli ebrei secondo la quale esisteva una cospirazione ebraica con l’obiettivo di ottenere la supremazia nel mondo e pose inoltre uno schema di carattere biologista, basato su una gerarchia di razze differenti, che lottavano per l’autoaffermazione e la cui razza definita migliore era quella ariana, destinata a trionfare purché il popolo tedesco si sottoponesse ad un processo di purificazione fisica e spirituale.

È nella Germania nazista, del Terzo Reich, di Hitler che l’ideologia antisemita, dunque, prese sempre più il sopravvento con le Leggi di Norimberga promulgate il 5 settembre 1935 durate l’annuale congresso del Partito Nazista. Il Terzo Reich stabilì che gli ebrei erano una “razza”, con caratteristiche biologiche specifiche, diverse da quelle degli europei cristiani.

Nel primo emendamento di Norimberga vennero considerate di “sangue tedesco” le persone con quattro nonni tedeschi, mentre furono considerati ebrei chi avesse tre o quattro nonni ebrei, senza considerare se quel particolare individuo si riconoscesse come tale o appartenesse alla comunità religiosa ebraica.

Le leggi di Norimberga ebbero come obiettivo la privazione per gli ebrei di ogni diritto civile e politico, costringendoli a portare come marchio d’infamia una stella gialla sul petto. Gli ebrei furono interdetti dagli uffici, dalle libere professioni, dalle scuole ariane, dalle banche; gli fu vietato di contrarre matrimonio con cittadini di sangue tedesco o affini, furono allontanati dalle loro abitazioni e rinchiusi in “ghetti” ovvero appositi quartieri recintati in cui vivevano da emarginati e confiscati dall’apparato nazista di tutti i loro beni e sfruttati come manodopera nelle industrie belliche del Reich.

Fino a quel momento il Regime Nazista operò nei confronti degli ebrei atti di discriminazione il cui obiettivo era costringerli all’emigrazione dalla Germania, ma è dalla cosiddetta “notte dei cristalli” (definita anche “pogrom di novembre”, letteralmente “devastazione”) che il regime diede inizio alla sua azione di sterminio. Tutto cominciò con il pretesto dell’assassinio di un diplomatico tedesco a Parigi da parte di un giovane studente ebreo che portò le SA e le SS a scatenare un vero e proprio inferno, distruggendo sinagoghe, negozi ebrei, arrestando per poi massacrare, in due giorni, centinaia di persone (all’incirca 1.500). Da quel momento e con l’invasione della Polonia occidentale, (che contava tra gli abitanti, più di due milioni di ebrei, i quali vennero sottoposti a restrizioni ancor più dure di quelle vigenti in Germania), fu ormai ben chiaro che Hitler intendesse avviare una politica, non solo di persecuzione e discriminazione ma di vero e proprio annientamento.

Contemporaneamente in quegli anni si allungarono le liste degli “indesiderati” aggiungendo a comunisti e socialisti anche gli zingari, gli omosessuali, i malati di mente e i disabili che non furono internati nei lager ma sottratti alle loro famiglie e uccisi negli ospedali.

Nel 1941 fu impartito direttamente dal Fuhrer, ai due suoi più importanti gerarchi: Hermann Goring, numero due del regime, ed Heinrich Himmler, comandante supremo delle SS, l’ordine di dare avvio alla “soluzione finale alla questione Ebraica “.Il 20 gennaio 1942 quando, quindici tra i maggiori funzionari del Partito Nazista e del Governo tedesco si riunirono a Wannsee per discutere e coordinarsi sull’esecuzione dello sterminio.

Per la sua realizzazione si stabilì che non fosse più sufficiente catturare gli ebrei durante la conquista dell’Est costringendoli a scavare grandi fosse comuni per poi essere fucilati in massa e seppelliti nelle stesse fosse. Era necessario una pianificazione dello sterminio. Fu così che i Nazisti costruirono diversi campi di sterminio a partire da quello di Dachau poi Chelmno, Auschwitz, Majdanek, Treblinka per ricordarne solo alcuni tra i tanti. Centinaia di migliaia di persone vennero così deportate verso i lager, in un viaggio senza ritorno; ammassate come bestie nei cosiddetti “treni della morte” ced al loro arrivo venivano selezionati dai responsabili del campo: gli anziani, le donne e i bambini venivano condotti direttamente alle camere a gas e sterminati con il devastante topicida Zyklon B; gli abili al lavoro, invece, costretti ad indossare un camice a righe, tatuati con un numero di matricola, venivano prima sfruttati, ridotti a vere e proprie larve umane, costretti a lavorare non meno di dodici ore al giorno ritrovandosi a morire di stenti, al termine di un percorso fatto di malattie, fame e sevizie. Un ristretto numero di deportati veniva invece costretto a collaborare con le SS nello sterminio di altri ebrei deportati insieme a loro, durante le operazioni di rimozione dei corpi dalle camere a gas e quelle successive di cremazione.

Queste squadre erano note come Sonderkommandos (Unità Speciali) e le ritroviamo nelle parole di Primo Levi, superstite di Auschwitz: “Aver concepito ed organizzato i Sonderkommandos è stato il delitto più demoniaco del nazionalsocialismo. [...] Attraverso questa istituzione, si tentava di spostare su altri, e precisamente sulle vittime, il peso della colpa, talché, a loro sollievo, non rimanesse neppure la consapevolezza di essere innocenti”.

È in questi campi della morte che il Regime assassinò quasi sei milioni di Ebrei, due terzi circa degli Ebrei europei, tramite l’uso di gas tossico o tramite fucilazione. La disumanità di quanto avveniva nei campi di concentramento è sintetizzabile nelle parole del comandante nazista Franz Stangl: “Lo scopo del lager è l’annientamento dell’uomo, che prima di morire deve essere degradato in modo che si possa dire, quando morrà, che non era un uomo”.

“Se questo è un uomo” è un’opera memorialistica di Primo Levi sopravvissuto all’orrore del campo di concentramento di Monowitz, lager satellite del complesso di Auschwitz. Queste le sue parole:

“Voi che vivete sicuri nelle vostre tiepide case, voi che trovate, tonando a sera, il cibo caldo e visi amici. Considerate se questo è un uomo, che lavora nel fango, che non conosce pace, che lotta per mezzo pane, che muore per un sì o per un no. Considerate se questa è una donna, senza capelli e senza nome, senza più forza di ricordare, vuoti gli occhi e freddo il grembo, come una rana d’inverno. Meditate che questo è stato: vi comando queste parole. Scolpitele nel vostro cuore, stando in casa, andando per via, coricandovi, alzandovi; ripetetele ai vostri figli. O vi si sfaccia la casa, la malattia vi impedisca, i vostri nati torcano il viso da voi”.

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