La Repubblica romana
GENNAIO 2018
Cultura
La Repubblica romana
di   Domenico Proietti

 

 

La Repubblica romana del 1849 è stata la vicenda più gloriosa ed epica del Risorgimento; la prima e l’ultima esperienza di governo di Giuseppe Mazzini; l’episodio che ha consacrato Garibaldi alla guida della lotta per l’indipendenza italiana; l’evento che ha dimostrato come il repubblicanesimo poteva rappresentare un regime idoneo per gli italiani; il cammino, lungo e complicato, per raggiungere la democrazia e la moderna libertà politica; insomma, la testimonianza di un’Italia migliore, concreta, progressista, partecipata, costruita sull’iniziativa popolare e sul suffragio universale. Essa ha costituito una storia di straordinaria e struggente bellezza, perché è riuscita a concentrare in pochi mesi un’esperienza di idee e di passioni proiettate nel futuro. È la storia dell’impegno, del sacrificio e del martirio di uomini e donne che si sono battuti per un ideale.

La Repubblica Romana è stata infatti un laboratorio di idee nuove, che hanno trovato realizzazione nei decenni successivi, e, in molti casi, sono ancora di stringente attualità. Conclusasi dopo cinque mesi per effetto dell’intervento militare dell’Europa legittimista e controrivoluzionaria, la Repubblica proiettò la sua luce sulla vicenda post-unitaria: una luce densa e accattivante, corretta ideologicamente ed obliata dall’Italia ufficiale, capace di penetrare come mito e memoria tra i ceti popolari e di contribuire all’alfabetizzazione laica e civile degli italiani.

In una prima fase, dal 9 febbraio al 29 marzo, la Repubblica fu guidata da un Comitato esecutivo composto da Carlo Armellini, avvocato concistoriale, Mattia Montecchi, altro avvocato capitolino e da Aurelio Saliceti, famoso giureconsulto abruzzese del foro partenopeo, uno dei primi meridionali affiliati alla Giovine Italia e politico partecipe dei moti napoletani del 1848. Nell’azione di governo, questo Comitato fu affiancato da un Consiglio di ministri, costituito da un mix tra tecnici e rivoluzionari di antica data, e dall’Assemblea che si impegnò nella veste di legislatore costituente e di legislatore ordinario.

Il Comitato proseguì l’opera di rinnovamento politico e sociale in senso democratico-borghese iniziata nella fase di interregno provvisorio, adottò importanti riforme sul piano politico e giuridico, fronteggiò il caos amministrativo, il dissesto finanziario e i primi casi di insorgenza reazionaria, ma non affrontò con la dovuta energia le questioni dell’organizzazione militare e la ripresa della lotta nazionale.

La seconda fase della Repubblica, dal 29 marzo al 30 giugno, fu politicamente dominata da Giuseppe Mazzini. Eletto deputato in una consultazione suppletiva il 24 febbraio e giunto a Roma la sera del 5 marzo, il patriota genovese garantì un indirizzo più energico al governo repubblicano, orientandolo verso la guerra d’indipendenza nazionale e la difesa militare, senza interrompere l’azione di rinnovamento e modernizzazione delle istituzioni avviata in precedenza.

Raggiunta Roma da patrioti ed esuli provenienti da tutta la penisola e dall’estero, il triumvirato mazziniano proseguì l’opera di laicizzazione dello Stato mediante l’abolizione dei tribunali ecclesiastici e la confisca dei beni del clero, e di rinnovamento politico e sociale delle strutture pontificie.

Soprattutto si affermò un governo nazionale, incentrato sul richiamo al popolo-nazione così qualunque categoria di cittadini venne chiamata da Mazzini a partecipare alla realizzazione e costruzione di una società nuova. Roma divenne in questi mesi una sorta di capitale della riconquistata libertà italiana. Fu uno Stato innovatore, che abolì la pena di morte, che riconobbe la piena libertà di culto e soppresse qualsiasi forma di censura sulla stampa, in cui un’intera generazione di giovani, intellettuali, borghesi, patrioti, uomini dalle incerte convinzioni, reduci della prima guerra d’indipendenza, si ritagliò uno spazio nella vita pubblica fino a pochi mesi prima inimmaginabile.

Infatti, uno degli aspetti più rilevanti della Repubblica romana è la sua Carta costituzionale, emanata dall’Assemblea costituente il 1° luglio 1849. È un atto che contiene “i principi fondamentali”, che si traducono poi nei principali diritti civili che hanno ispirato culturalmente e idealmente le Costituzioni dei paesi liberi e democratici.

È evidente come molti elementi di modernità siano contenuti nella Carta Costituzionale della Repubblica Romana. Ad esempio, è esemplare il modo attraverso il quale viene definito il rapporto tra lo Stato e la Chiesa cattolica. Infatti, l’articolo 8 della Costituzione afferma che «il Capo della Chiesa Cattolica avrà dalla Repubblica tutte le guarentigie necessarie per l’esercizio indipendente del potere spirituale».

E nell’articolo 7 di quella stessa Carta costituzionale è scritto: «Dalla credenza religiosa non dipende l’esercizio dei diritti civili e politici», introducendo così in Italia il principio della tolleranza e della separazione tra potere religioso e potere civile.

Sotto questo profilo si coglie tutta l’innovazione della Repubblica Romana e la sua caparbia volontà di proiettarsi verso l’idea di un paese libero e civile. Un secondo aspetto della Costituzione della Repubblica Romana che è bene affrontare è legato alla forma di organizzazione dello Stato. Nel testo costituzionale della Repubblica Romana vi è infatti una chiara opzione federalista, all’articolo 5 della Carta Costituzionale si afferma che: «I municipi hanno uguali diritti: la loro indipendenza non è limitata che dalle leggi di utilità generale dello Stato».

Ancor più significativo tuttavia è l’articolo in cui si aggiunge: «La più equa distribuzione possibile degli interessi locali, in armonia con l’interesse politico dello Stato, è la norma del riparto territoriale della Repubblica». Si promuove l’adozione di scelte armoniche volte a tener conto di realtà storico-politiche diverse, che necessitano di essere attuate con sagacia ed equilibrio.

Al Municipio stesso si conferisce poi, nello stesso articolo, il diritto primario di deliberare in modo «assoluto e plenario sopra tutti gli oggetti relativi ai bisogni fisici e morali della municipale popolazione del suo territorio», riconoscendo quindi alle autonomie comunali una funzione primaria e imprescindibile. Un ultimo aspetto è quello relativo alla definizione dei fondamenti sui quali nasce e si basa la Repubblica: la sovranità del popolo e le regole di uguaglianza, libertà e fraternità. Questi principi concorrono a connotare una nuova idea di Patria.

Quanti combatterono per la Repubblica Romana si batterono per un patriottismo repubblicano. Il carattere distintivo di questa nuova concezione poggia le proprie fondamenta su un’idea di Patria che vuol dire una repubblica in cui tutti i cittadini vivono liberi ed uguali sotto il governo della legge.

L’amore per la Patria significa amore della libertà comune, della Costituzione e delle leggi che la difendono. Soprattutto, vuol dire che il bene pubblico è parte del nostro bene individuale. Un punto importante su cui riflettere è che in questi ultimi due decenni è stata riscoperta nella maniera giusta l’idea di patria. Come hanno sottolineato gli storici, noi abbiamo vissuto, principalmente a causa del fascismo, una fase di occultamento di questa idea di patria perché l’ideologia fascista ed anche il comportamento fascista avevano snaturato quello che Mazzini aveva posto in maniera molto precisa, cioè la patria, la nazione, non il nazionalismo.

La nazione per Mazzini era, infatti, intesa in senso non colonialista ma come solidarietà tra i singoli nel rispetto delle esigenze di ognuno. L’Unità d’Italia era al centro del pensiero mazziniano che conciliava un’unità patriottica e territoriale con quella morale. Nell’ultimo decennio l’idea di patria così come concepita all’origine è stata ripresa da un grande statista che è Carlo Azeglio Ciampi, ma anche da studiosi coraggiosi come Maurizio Viroli.

Il quale ha scritto un libro molto bello intitolato Per amore della patria, in cui ha riassunto, partendo dall’esperienza mazziniana, il concetto di come l’idea della patria fosse un’idea propria della sinistra democratica e che dunque non bisognava lasciarla a una certa ideologia di destra.

La Repubblica romana è stata quindi un bellissimo esempio storico di amore e di rispetto per la propria patria. La vita di questo avvenimento storico e politico fu intensa e breve. Infatti, la lunga ed eroica resistenza militare della Repubblica, che costò oltre un migliaio di vittime, si concluse di fatto il 30 giugno con i francesi padroni dei bastioni e di tutte le alture capitoline. Tuttavia, è bene rammentare che la Repubblica romana fu uno Stato italiano. Lo confermano la visione profondamente italiana degli avvenimenti propria di Mazzini, alla sua prima ed ultima esperienza di governo; la presenza di migliaia di patrioti giunti ad offrire il proprio valoroso sostegno ad uno Stato che faceva sua la solidarietà tra le nazioni oppresse e la fratellanza universale dei popoli; la rappresentatività italiana in seno a tutti i principali organi dello Stato; la difesa e il sostegno alla nazionalità italiana contenuti in tutti gli atti principali della Repubblica, dal primo (il decreto del 9 febbraio) sino all’ultimo (la Costituzione, il cui IV principio fondamentale affermava che la Repubblica, pur rispettando ogni nazionalità, propugnava quella italiana); la diffusione di inni, componimenti, giornali e stampati tutti improntati allo spirito italiano ed al sentimento nazionale; la simbologia acquisita, dall’adozione del tricolore come bandiera della Repubblica, all’utilizzo della sciarpa tricolore come tratto distintivo dei deputati della Costituente, dalla proclamazione del Po a fiume nazionale al varo di cerimoniali nel palazzo del Quirinale tuttora vigenti.

Con la Repubblica del 1849, la causa patriottica e nazionale smise di essere un concetto elitario e scarsamente percepito e trovò spazio in una sorta di centro fondativo di un’Italia ancora divisa. Per tali ragioni e per il suo valore storico dobbiamo continuare a celebrare, la Repubblica Romana, proprio come progetto incompiuto in quanto profetico. Dalla Repubblica Romana resta ancora valida la preziosa lezione di lavorare e cooperare per l’affermazione di un nuovo umanesimo, che sia in grado di superare i confini nazionali, culturali, razziali, religiosi, e che attui la costruzione di una Repubblica umana che realizzi i principi di libertà, uguaglianza e fratellanza.

 

Potrebbe anche interessarti: