Apprendistato di I e III livello nell´artigianato: occasione per una riflessione sul lavoro artigiano
FEBBRAIO 2018
Sindacale
Apprendistato di I e III livello nell´artigianato: occasione per una riflessione sul lavoro artigiano
di   Giuseppe Briano

 

 
Italia resta un Paese ad alta presenza di imprese manifatturiere: sia per rispondere ai bisogni interni e sia per competere sul mercato globale. La micro impresa, l’impresa artigiana è parte significativa di questo mondo. Questa impresa manifatturiera è solo in parte un’impresa che può dare continuità a processi produttivi, a prodotti e servizi immutati e immutabili nel tempo. Pertanto, in questo nuovo contesto, dove l’innovazione di processo - oltre che di prodotto - è fattore determinante per garantire la continuità dell’impresa, è necessaria una proficua contaminazione dell’impresa con nuove intelligenze, culture, processi che può - per quota parte - venire da un’integrazione con il mondo della scuola e della ricerca.
 
A fronte di questa constatazione oramai ampiamente condivisa, nella realtà, permane uno scostamento tra scuola e lavoro, tra formazione e lavoro. Non ho i titoli e le conoscenze per approfondire scientificamente queste problematiche: come sindacalista e rappresentante del mondo del lavoro ne percepisco la presenza, fermandomi alla presa d’atto superficiale di queste problematiche. In questa veste, posso però cercare di dare un contributo alle riflessioni aperte, offrendo un percorso e trattando di un accesso al mondo del lavoro “duale”: come avviene con l’utilizzo del contratto di apprendistato. Con questa premessa, che vuole giustificare il seguito di questo tentativo di approfondimento della materia, parto dal recente Accordo Interconfederale che abbiamo sottoscritto, lo scorso 1° febbraio 2018, nel comparto artigiano. Per sviluppare meglio il contenuto e le finalità dell’Accordo, vorrei soffermarmi su alcune considerazioni di contesto: proprio dell’impresa artigiana.
 
Nel nostro Paese, l’impresa artigiana è l’unica forma d’impresa regolata da un’apposita legge (la n. 443/1985); tra gli elementi centrali dell’ordinamento giuridico vi sono la identificazione di ”artigiano”, insomma dell’”imprenditore artigiano”, e il dimensionamento numerico dell’impresa artigiana.  Per quest’ultimo aspetto, con un richiamo rilevante alla presenza e incidenza della figura del lavoratore “apprendista”. L’impresa artigiana è quella nella quale il proprietario, oltre che il capitale, mette il proprio quotidiano lavoro: insomma, l’artigiano si “sporca” le mani insieme, oltre che ai suoi familiari e collaboratori, ai propri dipendenti. L’imprenditore artigiano è parte integrante nel processo lavorativo, alla pari di chi opera con lui. Quindi è conoscitore dei processi, delle tecniche, della manualità necessaria per realizzare il fine della propria impresa. Oggi è anche l’esperto di comunicazione, di marketing, di innovazione tecnologica (soprattutto informatica, se questo termine non è riduttivo). Per questo è, insieme ai suoi collaboratori e dipendenti, tutor e insegnante. Una volta – ed ancora ora - si parlava, non a caso, di “maestro” artigiano. Il secondo richiamo alla legge è quello dimensionale. Infatti, l’impresa artigiana è regolamentata, in termini articolati, per la sua consistenza dimensionale. E, per questo aspetto, la presenza o meno di lavoratori apprendisti è determinante.
 
Infatti, l’impresa artigiana che non lavora in serie può passare da 18 a 22 dipendenti (se ha già almeno 9 apprendisti e ne assume altri tre); per le imprese con produzioni in serie si può passare da 9 - dei quali già 5 apprendisti - a 12 dipendenti, con tre nuovi apprendisti. E poi, nel settore artistico o dell’abbigliamento, l’impresa artigiana di 32 dipendenti massimi (con non oltre la metà di apprendisti) può arrivare a 40, con l’assunzione esclusiva di nuovi apprendisti. A queste aperture sulla consistenza d’impresa, si affiancano altre potenzialità, in termini di contributi ridotti, di IRAP ed altro. Non è quindi un caso che negli anni scorsi, sino all’inizio di questo nuovo millennio, la culla dell’apprendistato sia stata l’artigianato. È anche grazie all’apprendistato che si è consolidata l’impresa artigiana e in parte si è superato il problema di passaggio generazionale dell’impresa, non solo da padre in figlio, ma anche da artigiano a suo dipendente. E noi, come Sindacato, abbiamo accompagnato questa forma di accesso al modo del lavoro in termini positivi: in quanto favorisce l’emersione dell’impresa e del lavoro irregolare. Nel recente Accordo Interconfederale, che come UIL abbiamo attivamente contribuito a definire, con il lavoro congiunto del Coordinamento Artigiano con il Servizio UIL del Mercato del Lavoro di Guglielmo Loy, con la partecipazione attiva di Marco Massera, troviamo ancora le motivazioni e gli interessi storici.
 
Ma ora, per dare fattibilità ai suoi contenuti serve qualche cosa in più, che manca nel contesto e nel comparto. È un insieme di norme e prassi che mancano in generale per sviluppare questo straordinario strumento duale di accesso al lavoro nel complessivo mondo del lavoro. Infatti, non è incisivo come dovrebbe il ruolo delle istituzioni scolastiche, manca il ruolo delle Amministrazioni decentrate: forse manca anche il nostro ruolo di facilitatori dell’incontro della domanda e dell’offerta del lavoro. Manca una cultura di valorizzazione delle scuole superiori tecniche e degli istituti professionali. È troppo diffusa una cultura che vede le famiglie favorire l’istruzione classica rispetto a quella tecnica, come ascensore sociale. Gli ultimi dati dimensionali aggregati e approfonditi sulla presenza dell’apprendistato li troviamo sulla pubblicazione INAPP del 2017, riferita agli anni precedenti. 
 
E parlavano di poco meno di 400.000 persone (statisticamente rilevante sul complessivo dei dipendenti privati). Il Rapporto rileva una significativa contrazione di questa tipologia di contratto di lavoro (è di oltre centomila unità questa contrazione negli utili anni). Questo strumento di accesso al lavoro è stato fortemente penalizzato dalle politiche governative che hanno facilitato l’accesso al lavoro con altre soluzioni temporanee e con l’utilizzo di incentivi a tempo.  L’Accordo Interconfederale nazionale sull’Apprendistato di 1° e 3° livello nell’artigianato tende a dare una risposta positiva al rilancio dell’apprendistato. Ha le caratteristiche di base trasversali previste dalla Legge: il riferimento ai giovani da 15 a 25 anni (1° livello) e da 18 a 29 anni (3° livello); consente di acquisire una qualifica o un diploma (1° livello) oppure alta formazione (3°livello). Va detto che è stato preceduto da due Accordi Interconfederali sottoscritti in due delle principali realtà produttive e artigiane del Paese, la Lombardia e il Veneto.  Si differenzia dagli altri Accordi in quanto, in tutti e tre i casi, il richiamo all’intervento della bilateralità artigiana è presente.
 
Quindi si affida agli Enti bilaterali regionali la possibilità di sostenere queste forme di accesso al lavoro in forma duale. Questo in un sistema contrattuale dove la bilateralità artigiana è vera, operativa sul territorio. È una bilateralità che oramai si avvicina a raccogliere l’80% dei lavoratori del comparto. Con la partecipazione della bilateralità, il contratto di apprendistato diventa lo strumento privilegiato di inserimento dei giovani nel mercato del lavoro con il conseguimento di un titolo di studio e, contestualmente acquisendo l’esperienza professionale diretta attraverso un modello formativo integrato tra scuola e lavoro, definendo un rapporto continuo e organico tra realtà che si sono sempre parlate poco: il sistema dell’istruzione, quello della formazione professionale e il mercato del lavoro. Particolarità dell’esperienza nell’artigianato, quindi nella piccola impresa diffusa su tutto il territorio, potrà essere l’apprendistato di primo livello. Questa scelta favorirà il contenimento della dispersione scolastico con l’acquisizione di un diploma professionale e/o di istituto tecnico, acquisendo nel contempo la conoscenza reale del mondo lavorativo.
 
Mettendo in pratica le nozioni scolastiche con le professionalità multiple richieste nella micro impresa, per produrre prodotti o servizi, spesso di nicchia e non applicando processi produttivi di massa e ripetitivi. Rivolgendoci alla micro impresa è importante il ruolo della bilateralità, per l’individuazione di un supporto reale all’impresa, facilitando l’inserimento dell’apprendista, accompagnando l’artigiano e il lavoratore con tutor capaci di valorizzare il portato delle due diverse parti in causa, ottimizzando il percorso formativo con quello lavorativo. E qui si apre un nuovo importante capitolo in ambito di rappresentanza delle Parti Sociali nel mondo del lavoro. Infatti, in questi giorni è stato affermato dal INL- Ispettorato Nazionale del Lavoro (in due distinte Circolari) che possono essere solo i CCNL, e gli Enti Bilaterali, che vedono partecipi Parti Sociali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, titolati a far beneficiare le imprese del godimento dei “benefici normativi e contributivi”, questo anche per l’apprendistato. Con ciò facendo chiarezza nel mondo della proliferazione dei CCNL e degli Enti Bilaterali “commerciali” che, con questi pronunciamenti, è giustamente ridimensionato. Tutto questo porta a dire che si potrebbe aprire una nuova stagione dell’apprendistato nell’artigianato, attraverso questo Accordo Interconfederale, i CCNL e la bilateralità artigiana (con il primo e secondo livello). Un apprendistato nuovo in un’impresa artigiana nuova, che sia in grado di riappropriarsi di un ruolo solido nell’offerta di beni e servizi.
 
Certo occorre che ci si riappropri di una cultura che guardi al lavoro manifatturiero - evoluto e no -, all’istruzione tecnica, come a uno dei modi per essere riconosciuti e valorizzati come individui a livello sociale. A questo dibattito dobbiamo portare il nostro contributo di Parti Sociali che rappresentano il lavoro artigiano. Dobbiamo andare nelle scuole a promuovere il lavoro artigiano. Dobbiamo andare nelle imprese per convincere gli imprenditori meno sensibili a conoscere e utilizzare un’opportunità. E un impegno straordinario affidato alla bilateralità artigiana, che ne esalta la funzione a sostegno del lavoro. Sappiamo che chiediamo a tutti soggetti coinvolti, ai giovani e alle imprese, di percorrere una strada non semplice. Sappiamo altresì che nella riscoperta di valori un po’ dismessi, vestendoli di un vestito nuovo, possiamo contribuire al recupero di un senso di responsabilità e partecipazione utile a tutta la società. Valori che già stanno alla base dell’impresa artigiana, dove chi vi opera si sente appieno parte attiva del progetto e della sua realizzazione. E questo è un bel modo di lavorare con soddisfazione.
 
 
 
 
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