Il punto sul personale delle societą partecipate
APRILE 2018
Sindacale
Il punto sul personale delle societą partecipate
di   Alessandro Fortuna

 

Finalmente ci troviamo a discutere di una partita le cui dimensioni, almeno sotto il profilo numerico, hanno preso forma. Quello che avremmo voluto, come organizzazioni sindacali, e che abbiamo richiesto volta per volta in ogni sede e a ogni interlocutore, sarebbe stato l’averne contezza molto prima e di certo non a giochi fatti. Eppure ora siamo in ballo e dobbiamo svolgere un ruolo importante nella gestione della mobilità dei 563 lavoratori indicati come eccedenti nell’applicativo informatico ANPAL al 31 marzo 2018. Salta subito all’occhio come non si tratti dei numeri drastici che si immaginavo come conseguenza dei proclamati tagli con cui si presentava, almeno mediaticamente, il decreto Madia (“da 8000 a 1000”). Certo ciò ci solleva ma ovviamente non può farci abbassare la guardia perché ora la priorità sarà garantire la ricollocazione di tutti e 563 quei lavoratori entro il termine del 30 giugno 2018. Questo lascia intendere che il processo di mobilità è partito ed anzi ci sta vedendo già da subito impegnati con le nostre strutture sui territori. Ma facciamo un passo indietro. L’ultimo comunicato unitario CGIL CISL UIL del 6 aprile invitava parti istituzionali e società a bloccare tutti gli eventuali provvedimenti che si sarebbero dovuti adottare nei confronti del personale quale diretto riflesso delle iniziative di razionalizzazione operate dalle stesse amministrazioni e aziende, preannunciando nel caso contrario ricorsi avverso tali atti.

Ci facevamo forti anche dell’unione di intenti raggiunta nel mese di febbraio scorso con la Conferenza dei Presidenti delle Regioni, Anci ed Upi, con i quali si è ritenuto che fosse necessario avviare un percorso condiviso di approfondimento, monitoraggio e verifica dei piani varati dalle singole amministrazioni e delle conseguenze intraprese dalle singole società, nell’obiettivo di salvaguardare in via prioritaria i livelli occupazionali, individuando insieme proposte e soluzioni da proporre al nuovo Governo e Parlamento. Insomma all’orizzonte dell’appuntamento elettorale del 4 marzo e quindi anche dell’incertezza degli nterlocutori con cui gestire questa partita nei tempi previsti dal decreto interministeriale della Funzione Pubblica e del Ministero del Lavoro, ritenevamo che, saltate varie tappe della “deadline” in quella sede previste, che probabilmente avrebbero agevolato i processi di mobilità, fosse il caso di fermarsi a riflettere sulle conseguenze in capo ai lavoratori e sulle eventuali e dovute tutele dei livelli occupazionali e retributivi da adottare nei loro confronti. Più volte ho ricordato su queste pagine le “pecche” formali e sostanziali sia del D.lgs. 175/16 quanto del decreto interministeriale appena citato che avrebbe dovuto regolare le procedure per la ricollocazione del personale eccedente, pertanto preferisco non tornare su questi profili anche perché ora, nei fatti, ci troviamo davanti una vertenza che, volente o nolente, deve risolversi garantendo ad ognuno dei 563 lavoratori un contratto di lavoro al 30 giugno.

Sì perché in sostanza cosa è rimasto delle disposizioni del Testo Unico delle società partecipate e del decreto interministeriale? Ben poco, residuano, infatti, i termini che sono rimasti in piedi perché successivi alla pubblicazione del DM avvenuta tardivamente. Si tratta dell’operatività nella gestione degli elenchi da parte di ANPAL e del termine ultimo (sempre il 30 giugno 2018) imposto alle aziende per il blocco delle assunzioni a tempo indeterminato, salvo che queste attingano tra i soggetti indicati in quell’applicativo. Un divieto che si pone, in pratica, come una sorta di cassa di compensazione tra le eccedenze di una società e i fabbisogni di un’altra. A pochi giorni dalla scadenza (30 marzo) di quella che sarebbe dovuta essere la gestione regionale degli esuberi secondo il Testo Unico, ci siamo rivolti all’Anpal per esser messi a conoscenza di eventuali esuberi indicati nel loro applicativo, al quale possono accedere solo le aziende partecipate. Qualche voce ci era già giunta sull’inserimento di alcuni nominativi, special modo in alcune regioni, ma non vi era la certezza e questo ad ulteriore conferma che la tardiva pubblicazione del decreto interministeriale dedicato, superando alcun termini, ha fatto venir meno tutta una serie di comunicazioni che le società non si sono premurate di inviare alle organizzazioni sindacali sui territori. Nel frattempo il 6 aprile ANPAL annuncia pubblicamente i famosi 563 esuberi e ne dà una parziale distribuzione a livello territoriale: “Da una prima analisi, le eccedenze di personale risultano maggiori nelle regioni Lazio (234), Abruzzo (87), Sardegna (46), Veneto (42), Umbria (36) e Toscana (28).  Non emergono, invece, eccedenze dichiarate nelle regioni Basilicata, Calabria, Valle d’Aosta, Trento e Bolzano”.

E ancora precisa: “In merito ai profili inseriti in elenco, si ravvisa una numerosità elevata di “impiegati amministrativi” (159) e di profili legati alla raccolta dei rifiuti (148 tra “operatori ecologici”, addetti alla raccolta dei rifiuti differenziati e conducenti di mezzi di raccolta di rifiuti)”. Alla luce di questo comunicato abbiamo insistito, quindi, con il Ministero del Lavoro, anche se uscente, affinché ci ricevesse per comprendere quali fossero le loro intenzioni. Ebbene dall’incontro con il Ministero, alla presenza anche di ANPAL, abbiamo potuto fare una quadra che forse, allo stato dell’arte, sembra, paradossalmente potremmo dire, fornire una tutela in più ai lavoratori coinvolti. Mi spiego meglio. La mancata comunicazione da parte delle società alle organizzazioni sindacali di cui vi accennavo non ci ha permesso di venire a conoscenza dei soggetti interessati e, per ragioni di tutela della privacy, non siamo stati edotti sugli esuberi nel dettaglio da ANPAL, tuttavia ci è stata indicata la posizione giuridico/ economica in cui versano le imprese che hanno indicato i nominativi. Si tratta di imprese tutte in stato di liquidazione, per lo più avviato da tempo, ed ecco il paradosso. A questi lavoratori si prospettava come unico scenario quello degli ammortizzatori sociali, invece in questo contesto si offre loro una procedura di ricollocazione agevolata da quel blocco delle assunzioni fino al 30 giugno di cui abbiamo già detto. Il numero ridotto di esuberi a livello nazionale può permetterci di farci prontamente attivare sui territori, come sindacato, per far transitare questi lavoratori in altre aziende partecipate. Una prospettiva che realisticamente non si sarebbe presentata a quei soggetti se non inseriti in questo contesto.

Certo i dubbi che ci ponevamo nel passaggio tra un’azienda e l’altra rimangono gli stessi: differenza dei livelli retributivi; applicazione del contratto a tutele crescenti; applicazione di contratti collettivi differenti da quello di provenienza. Senonché in questo caso è assolutamente prioritaria la tutela della continuità occupazionale, per cui dobbiamo far il possibile e l’impossibile per approfittare di questo blocco che consente assunzioni solo tra quelli indicati nel portale ANPAL, ossia solo per questi 563 addetti. Preciso, tra l’altro, che la platea a livello numerico è definita, come ribaditoci da ANPAL, dato che la possibilità di inserire nominativi si circoscriveva temporalmente fino al 30 marzo. Ebbene passato il 30 giugno non vi sarà più alcuna agevolazione per questi lavoratori, quindi bisogna mettersi a lavoro coinvolgendo anche le regioni, le province e i comuni al fine di individuare quanto prima le aziende con capacità assunzionali che facciano al nostro caso. Difatti, pur essendo venuta meno quella spettanza in termini di “agevolazione della mobilità” di cui parlava il decreto Madia, le istituzioni pubbliche di certo non possono che essere, insieme alle rappresentanze sindacali, che in prima linea in questo frangente, anche perché si tratta proprio degli enti controllanti quelle stesse aziende e quindi è più che nel loro interesse tutelare le società in cui hanno partecipazioni e di conseguenza i loro lavoratori. Questo anche perché la stessa ANPAL ha definitivo il suo ruolo quale quello di mero collettore di dati da fornire alle società interessate ad assumere nuovo personale entro il 30 giugno. Nell’incontro al Ministero, tra l’altro, abbiamo chiesto lumi su due aspetti del processo in corso. Il primo riguardava le nostre preoccupazioni circa un’indiscriminata mobilità a livello nazionale ma sul punto siamo stati tranquillizzati, confermandoci che ci sarà un’ovvia razionalità nelle ricollocazioni a tutela di una dovuta contiguità territoriale che sia rispettosa delle possibilità dei singoli lavoratori. Anzi semmai in questo contesto, non più esclusivamente regionale, potrebbero esser agevolati passaggi al di fuori della regione qualora si presentino opportunità in altre zone limitrofe.

La seconda preoccupazione atteneva alla “dichiarazione di eccedenza” e nello specifico se questa comportasse de facto un provvedimento di licenziamento, cosa che da alcune interpretazioni delle norme sembrava non escludersi. Ebbene anche su questo fronte il Ministero ci ha rassicurati, dandoci un’interpretazione che potremmo definire autentica in quanto fornita da chi ha scritto il decreto interministeriale, secondo cui l’indicazione nel portale ANPAL non comporta alcun automatismo in tal senso ed anzi per questo motivo si è precisata la permanenza all’interno dell’applicativo dei nominativi anche nel caso di avvio di procedure di licenziamento nei loro riguardi che, ovviamente, non siano per giusta causa o per dimissioni. In sostanza, il lavoratore viene semplicemente indicato come eccedente e inserito nell’applicativo in cui accedono le società che hanno esigenze di acquisire nuovo personale, al fine di agevolarne una nuova collocazione. Da questo punto vista è importante di conseguenza allertare le società che hanno interpretato diversamente la norma e sono in procinto di attivare le procedure della legge 223/91. Ciò premesso, devo dire che per la prima volta, in quest’ultimo incontro, si è fatta un po’ di chiarezza sulla questione. Cosa che probabilmente per l’estrema fumosità della materia e dei numeri non è mai stata possibile. A conti fatti gli scenari da dramma sociale che temevano non si sono fortunatamente presentati e la platea degli eccedenti, per i motivi riportati, sembra sicuramente gestibile. Rimangono però tutti i dubbi su un processo di razionalizzazione che, a parer di chi scrive, si è infischiato delle ripercussioni sui lavoratori non prevendendo alcuna forma di tutela che sarebbe stata più che naturale in un quadro di una portata così importante e che ben avrebbe potuto avere altri numeri.

A maggior ragione queste preoccupazioni diventeranno ancor più forti dopo il 30 giugno. Non bisogna, infatti, dimenticare che il Testo Unico sulle società a partecipazione pubblica non solo ha previsto l’odierna razionalizzazione straordinaria delle partecipazioni, dei cui effetti si sta ragionando, ma ha anche stabilito un’ordinaria revisione periodica annuale. Ebbene per queste revisioni ordinarie il D.lgs. 175/16 nulla prevede in termini di agevolazioni della mobilità del personale. Passeremo quindi da una tutela insufficiente a nessuna tutela. Un salto nel vuoto! Continuo a ritenere che tutto questo processo sarebbe stato retto molto più efficacemente se si fosse fatto ricorso, invece che abrogarle, alle disposizioni di cui ai precedenti piani di razionalizzazione disposti con legge finanziaria, le quali favorivano la mobilità tra società partecipate dello stesso ente controllante garantendo, inoltre, l’informazione e il coinvolgimento dei sindacati. Per questo il nostro ruolo come organizzazioni non potrà dirsi esaurito. Ritengo che appena insediato il nuovo Governo sarà più che doveroso, come abbiamo più volte fatto con quello uscente, attenzionarlo su tutte le criticità della norma, sempre con l’orizzonte rivolto alla garanzia dei livelli occupazionali e alla continuità dei servizi resi sui territori. È necessario un correttivo legislativo che accompagni il dovuto riordino delle partecipazioni pubbliche con strumenti di difesa dell’occupazione e del reddito, attraverso tempi adeguati che consentano di conoscere per tempo il fenomeno per poterlo gestire prontamente tramite le normali relazioni sindacali che affiancano sempre tutti i processi di mobilità, senza incorrere in ricadute sociali.

In sostanza, abbiamo due obiettivi da portare a casa. Il primo ed ora più importante è dare sicurezza a questi 563 dipendenti, ricollocandoli in società che permettano di assicurare loro quanto più possibile, se non del tutto, le condizioni lavorative pregresse. Il secondo è in prospettiva, ma si tratta di una prospettiva tutt’altro che remota. È impellente la modifica del D.lgs. 175/16 al fine di prevedere un sistema di protezione dei lavoratori coinvolti da questi processi che se da una parte possono chiudere il sipario su tanti sperperi pubblici non possono dall’altra far perdere potere d’acquisto ai lavoratori, se così fosse e se, come si è fatto, si trascurasse la componente delle “persone”, ci troveremmo solo di fronte a un cane che si morde la coda. Il rilancio e il benessere di un Paese non si ottiene solo per tagli ma tutelando e, ancor più, promuovendo la spesa e gli investimenti dei suoi cittadini, il che è possibile solo a fronte di un reddito da lavoro che pertanto va sempre garantito.

 

 

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