1° Maggio a Prato per rafforzare il tema della sicurezza
APRILE 2018
Sindacale
1° Maggio a Prato per rafforzare il tema della sicurezza
di   Silvana Roseto

 

Il 2018 si sta già delineando come l’anno record per le morti bianche, un numero che purtroppo è destinato ad aumentare di giorno in giorno. Secondo i dati diffusi dall’Osservatorio di Bologna sono già 157 le vittime di incidente mortale sul lavoro, soprattutto del settore edile ed agricolo. Gli ultimi dati disponibili sulle denunce di infortunio e di morte rilevati dall’Open Data dell’INAIL parlano chiaro e sono numeri a dir poco inquietanti. In Italia nel 2017 le denunce d’infortunio sul lavoro sono state 635.433 (a fronte delle 636.812 del 2016 con variazione rispetto al 2017 del -0,21%), ben 1.029 quelle relative ai casi con esito mortale (a fronte delle 1.018 del 2016 con una variazione rispetto al 2017 dell’1%) e 58.129 quelle riguardanti le malattie professionali (a fronte delle 60.347 del 2016 con una variazione rispetto al 2017 del -3,6%). Di queste 1029 vittime gli stranieri hanno rappresentato il 10% del totale, mentre il 25% ha più di 60 anni. Le Regioni con il più alto numero di incidenti mortali sul lavoro sono Veneto, Lombardia e Piemonte, e le province sono Milano, Treviso e Verona. In questa fase, in cui la lieve ripresa occupazionale si accompagna ad un preoccupante aumento di infortuni mortali, c’è la necessità di rilanciare con forza l’attenzione sugli infortuni gravi e mortali nei luoghi di lavoro, dal nord al sud dell’Italia, perché il tema della sicurezza sul lavoro è divenuto oggi più che mai una vera e propria emergenza che non può più essere procrastinata e ci obbliga a mettere in atto azioni drastiche ed incisive.

Non si può certo considerare un caso che quest’anno, l’iniziativa del 1° maggio, sia stata organizzata a Prato, una delle tante città simbolo di una realtà industriale italiana in continua evoluzione e trasformazione, in cui è elevata la presenza e l’incidenza delle imprese straniere inserite nel tessuto sociale ed industriale della città e dove il tema della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro è fortemente sentito. In Italia le imprese straniere sono pari a circa il 9,5%, mentre Prato censisce il 27,9%: la più alta in tutto il nostro Paese. Questo fenomeno crea delle difficoltà aggiuntive ed oggettive nei posti di lavoro. Spesso infatti la presenza di lavoratori stranieri all’interno delle aziende può generare fraintendimenti legati alla lingua che possono trovare delle conseguenze in termini di produttività, conflitti, ma anche vere e proprie sfide per la sicurezza del lavoratore basate su uno shock culturale non sempre valicabile. Troppo spesso queste problematiche si possono tradurre in incidenti gravi o mortali: come non ricordare i sette operai cinesi deceduti il primo dicembre 2013, e ancora altri due lavoratori – sempre di etnia cinese, ad agosto. Da queste tragedie scaturisce la necessità di aumentare i controlli, avere più ispettori al fine di monitorare il territorio anche perché, non è pratica desueta, i lavoratori stranieri, soprattutto gli irregolari, vengano fatti lavorare all’interno di abitazioni anziché nei luoghi di lavoro idonei, aumentando considerevolmente il rischio che si possa concretizzare un incidente, purtroppo anche mortale. Il fenomeno Prato può rappresentare un momento di riflessione rispetto alla presenza di diverse etnie all’interno dello stesso luogo di lavoro e partendo da esso si potrebbero sviluppare soluzioni da replicare su tutto il territorio nazionale; soluzioni che dovrebbero partire non solo dall’intensificazione dei controlli, ma anche nel pretendere il rispetto della normativa in materia di SSL tanto dalle aziende italiane quanto da quelle straniere; infatti, troppo spesso, queste ultime risultano competitive proprio perché risparmiano sui costi legati alla sicurezza.

È sempre più chiara e necessaria l’importanza delle lotte a favore del lavoro regolare, di qualità, affiancato ad una legalità che sia “super partes”, accompagnata da uno sviluppo del Paese che sia il più possibile sostenibile. Il contrasto agli infortuni e alle malattie professionali è un impegno prioritario che ogni Paese civile è tenuto a perseguire in modo concreto e nel pieno rispetto delle strategie comunitarie. Per analizzare i cambiamenti futuri del mondo del lavoro e per individuare le soluzioni e i percorsi più idonei per i nuovi modelli di sviluppo e crescita nel rispetto dei lavoratori, diventa quindi necessario affrontare in modo pragmatico queste importanti tematiche. Bisogna favorire un cammino comune basato sulla prevenzione in ogni luogo di lavoro, con un quadro di interventi chiari ed operativi. Tutti i soggetti addetti alla Prevenzione, così come indicato dalle norme europee ed italiane, devono essere messi in condizione di lavorare, di studiare, di approfondire, di fare ricerca e di fare prevenzione a 360 gradi. Serve una politica che sappia mettere al centro l’uomo, quale motore capace di generare quel “valore aggiunto” in grado di contribuire al benessere e allo sviluppo del Paese e che serva a creare e garantire dignità, ai giovani e alle famiglie. A tal fine, la stessa formazione deve essere considerata un investimento da cui ricavare profitto in termini soprattutto di capitale sociale. Come organizzazioni sindacali chiediamo con forza al Parlamento e al futuro Governo che la salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro vengano inserite tra le priorità dell’agenda istituzionale, perché queste “sciagure” vanno combattute in modo concreto, con maggiore determinazione puntando sulla prevenzione. Nonostante i tanti slogan ed i continui e accorati appelli a cui sempre più spesso assistiamo, il problema è evidentemente sottovalutato nella maggior parte dei casi per conto del profitto.  Reclamiamo che la sicurezza debba essere perseguita ogni giorno, affinché la prevenzione sia l’elemento virtuoso e fondante per tutti i lavoratori, e non un solo fatto di scartoffie e timbri.

Ribadiamo pertanto l’adozione di una Strategia Nazionale per la Salute e Sicurezza sul Lavoro. L’Italia è l’unico Paese dell’Unione Europea a non aver definito ed attuato una propria Strategia Nazionale sulla Salute e Sicurezza sul Lavoro che individui obiettivi e percorsi nazionali e territoriali chiari, al fine di programmare azioni e creare sinergia tra tutti i soggetti interessati intesi come istituzioni che parti sociali. La Strategia Nazionale, in linea con l’Europa e nel rispetto del legame normativo con la Direttiva Quadro 89/391, dovrebbe guardare ai temi della Strategia Europea (attualmente per il periodo 2014-2020), ed armonizzarsi con essa. Tale convergenza dovrebbe riversarsi a cascata tanto nel PNP (Piano Nazionale di Prevenzione) quanto nelle sue declinazioni, rappresentate dai diversi Piani Regionali di Prevenzione (PRP), quali basi di lavoro per quei Comitati, ex art. 7 (Co.Re.Co), che in molti territori trovano difficoltà nella loro piena attuazione e potenzialità. Tale Strategia Nazionale, nel rispetto del modello tracciato dal legislatore del D.Lgs. 81 del 2008, dovrebbe delineare, nell’ambito dei Piani annuali d’azione, le modalità operative per praticare fattivamente un modello partecipativo in tutti gli ambiti di intervento di carattere prevenzionale, a tutti i livelli, sia nazionale che locale.

L’assenza di una strategia Nazionale va necessariamente colmata ragion per cui, come OO.SS. in modo unitario, da anni, chiediamo ai vari Governi di impegnarsi e di svolgere questo importante compito perché l’Italia non può più rimandare queste priorità. Invitiamo quindi il Ministero ad attivarsi con tutti i soggetti interessati al fine di realizzare a breve questa necessaria Strategia Nazionale.

 

Parimenti bisogna agire su priorità che per noi sono imprescindibili:

a) rafforzamento del coordinamento tra gli enti e le parti sociali, potenziando il sistema istituzionale della salute e sicurezza sul lavoro nonché prevedendo l’applicazione integrale da parte delle Regioni dell’art. 13, comma 6 del D.Lgs. 81/08 (utilizzo dei proventi delle sanzioni per la prevenzione);

b) rapida approvazione del T.U. amianto con adeguati stanziamenti per finanziarlo;

c) promozione della cultura della prevenzione e della salute e sicurezza sul lavoro;

d) responsabilizzazione delle future generazioni sulle tematiche alla SSL, attraverso una loro integrazione nell’istruzione di oggi mediante il coinvolgimento delle OO.SS.;

e) definizione di linee guida specifiche per l’invecchiamento al lavoro.

 

Tra le altre priorità da conseguire ricordiamo, inoltre, il completamento del D.Lgs. 81/08, registrandosi parti che ad oggi necessitano ancora di attuazione. Tra queste l’art. 27, dedicato al sistema di qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi; eccezion fatta per il caso degli ambienti confinati, per tutti gli altri settori ad alto rischio infortunistico la sua attuazione è rimasta bloccata. Inattuato è l’articolo 52, a sostegno della pariteticità e della bilateralità. Si tratta di un articolo importante ritenendo questo aspetto della pariteticità e della bilateralità strumento strategico che può essere messo in campo dalle OO.SS. in attuazione degli accordi interconfederali sottoscritti. Come OO.SS. da tempo chiediamo la reazione di un fondo di sostegno alla rappresentanza e pariteticità e una reale assunzione di responsabilità da parte dei decisori istituzionali nel varare il repertorio degli Organismi Paritetici che porterebbe ad un aumento della condizione di legalità e trasparenza su questo tema. Elemento altrettanto determinante per rilanciare l’importanza della prevenzione nei luoghi di lavoro, è la presenza sempre più incisiva dei Rappresentanti dei Lavoratori per la Sicurezza (RLS) in tutte le realtà lavorative.

Bisogna far emergere il tema del rafforzamento del loro ruolo di rappresentanza nelle aziende, anche attraverso l’estensione delle attribuzioni cosi come definite dall’art. 50 del D.Lgs. 81/08, potenziando le attività di formazione, conoscenza ed agibilità. Da non sottovalutare, inoltre, sono le problematiche ambientali legate alla salute e sicurezza, attualmente molte critiche; gli aspetti ambientali, interni ed esterni alle realtà lavorative, devono essere affrontati e presi in maggior considerazione dalle organizzazioni sindacali a tutti i livelli e dai RLS in particolar modo. Ma, per una crescita orientata alla sostenibilità, è necessario coniugare la tutela ambientale con la prevenzione e la formazione dei lavoratori (come il rappresentante dei lavoratori per la Sicurezza e l’Ambiente - RLSA), attività queste supportate da un sindacato preparato, attento e collaborativo anche su queste tematiche. Garantire la presenza e la sinergia tra RLS, RLSA, RSA e RSU nel tessuto aziendale contribuisce in modo evidente al miglioramento delle condizioni di lavoro a favore dello sviluppo e della protezione dei territori, dell’ambiente e delle comunità.

È necessario fare in modo che la figura del RLSA diventi protagonista anche nei CCNL, visto il suo ruolo cruciale e in un contesto aziendale basato su uno sviluppo che sia il più possibile sostenibile ed attento alle tematiche ambientali. Serve pertanto un’azione mirata per il controllo della formazione dei lavoratori, dei Rappresentanti dei Lavoratori per la Sicurezza (RLS), dei Datori di Lavoro e di tutti i Tecnici della Prevenzione ai vari livelli promuovendo, come organizzazione sindacale, percorsi di formazione per RLS/RLSA sul loro ruolo, la comunicazione e la contrattazione. A tal riguardo sottolineiamo che troppo spesso ci troviamo di fronte a finta formazione, a finti Attestati rilasciati da dubbi Enti di Formazione e Organismi Paritetici non rappresentativi. In questa direzione deve essere realizzato uno sforzo congiunto importante. L’aumento della sicurezza nelle aziende non può che tradursi nell’impresa in un vantaggio anche dal punto di vista economico. Per questo gli investimenti in sicurezza non devono essere visti come uno dei tanti oneri burocratici, ma devono essere declinati nella loro reale veste: come un’opportunità. In questo contesto è fondamentale il ruolo degli organi di Vigilanza non solo per il controllo da questi esercitato ma anche come supporto alle imprese, agli RLS e ai lavoratori nel settore specifico delle piccole e medie imprese. Le parti sociali sono tra i soggetti principali per definire ed attuare una fattiva opera di prevenzione, ma il ruolo delle istituzioni (Regioni, INAIL, ASL, Servizi di Prevenzione e Vigilanza), soprattutto a livello locale, risulta fondamentale.

Le relazioni che le OO.SS. instaurano con le istituzioni devono basarsi su linee programmatiche congiunte, nelle quali definire azioni, risultati da raggiungere e adeguate funzioni in modo da monitorare tempo ed efficacia. In un quadro dove le variabili sono molteplici diventa quanto mai decisivo individuare le specifiche esigenze e le criticità del territorio, nonché coordinare le risorse di tutti gli enti coinvolti (ASL, INAIL, Ispettorato Territoriale del Lavoro, Inps, Arpa, associazioni datoriali e sindacati, comitati paritetici ed enti bilaterali, ecc.). In tale contesto il ruolo dell’INAIL è centrale, non solo per la tutela dei lavoratori, ma anche per la ricerca e per i supporti alle imprese e ai lavoratori stessi, favorendo accordi territoriali tra le organizzazioni sindacali e gli organismi paritetici e sviluppando con regolarità bandi regionali per favorire e finanziare iniziative di informazione, formazione e ricerca. Come OO.SS. sosteniamo la necessità di istituire un “Osservatorio Nazionale” che abbia, come obiettivo, l’avvio di una nuova cultura della prevenzione con l’individuazione di aspetti chiari di analisi e operatività comuni. Si tratterebbe di riunire in un tavolo congiunto, di natura prettamente tecnica, tutti coloro che a vario titolo sono coinvolti ed interessati a SSL e che attraverso lo studio, la discussione, le analisi e riflessioni sui dati relativi agli infortuni e alle malattie professionali, possano individuare tutti gli strumenti operativi che rispondano alle esigenze di settore e di rischio in modo concreto. Il monitoraggio dei flussi informativi, delle banche dati e del SINP (SISTEMA INFORMATIVO NAZIONALE DELLA PREVENZIONE) consentirebbe, infatti, un’ampia e utile riflessione sui dati relativi agli infortuni in Italia al fine di georeferenziare gli interventi di prevenzione e di predisporre piani specifici in stretto coordinamento con le Istituzioni, l’INAIL e le Regioni, per orientare, programmare, pianificare e valutare l’efficacia della attività di prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali di tutti i soggetti coinvolti nella tutela della salute dei lavoratori.

 

 

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