Fondazione Leone Moressa  - Guglielmo Loy
Rimesse: trasferimenti scesi allo 0,31% del Pil, ma i fondi ai Pvs restano allo 0,16%
Le conclusioni dello studio della Fondazione Moressa basate su dati della Banca d’Italia e Ocse
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12/10/2015  | Sindacato.  

 

Di Rossella Cadeo, Il Sole 24 Ore

 

Roma, 12 ottobre 2015 - Più rimesse che cooperazione allo sviluppo «Aiutarli a casa loro». Per arginare l’emergenza dell’immigrazione irregolare è questo il “mantra” che si sente spesso proporre come soluzione ottimale. Peccato però che gli aiuti internazionali ai Pvs - salvo poche eccezioni - siano da anni fermi sotto allo zero virgola del Pil. Così i trasferimenti delle collettività all’estero verso i luoghi d’origine continuano a rappresentare il “sostegno” più cospicuo alle economie dei Paesi che maggiormente alimentano i flussi migratori. Sono queste le conclusioni principali tratte da uno studio della Fondazione Moressa sulle rimesse dagli immigrati, realizzato sugli ultimi dati della Banca d’Italia e dell’Ocse.

 

Secondo il centro di ricerca - che giovedì 22 ottobre a Roma presso la presidenza del Consiglio presenterà l’edizione 2015 del Rapporto annuale sull’economia dell’immigrazione, che non a caso ha come titolo “Stranieri in Italia: attori dello sviluppo” - nel primo semestre di quest’anno i trasferimenti dall’Italia sono scesi sotto i 2,5 miliardi di euro (ossia il 6% in meno rispetto allo stesso periodo del 2014, con una discesa di un quarto dal primo semestre 2010). A evidenziare l’arretramento maggiore è la comunità cinese (-40% a 252 milioni), che fino a pochi anni fa rappresentava la prima destinazione e ora resta al secondo posto dopo la Romania (426 milioni). In significativa crescita, invece, i valori inviati a casa dai cittadini dell’Asia meridionale (Bangladesh, India, Sri Lanka e Pakistan): nell’ultimo quinquennio hanno all’incirca raddoppiato gli importi. Se si considera che gli immigrati a inizio anno erano poco più di 5 milioni, si evince che l’importo pro capite mandato in patria sfiora i 500 euro, soglia superata ampiamente dai cittadini di Bangladesh (1.520), Senegal e Filippine, mentre i cinesi si attestano sui 950 euro.

 

Più interessante del trend (spiegabile in parte con il periodo di crisi, con la maggiore propensione a investire dove si vive, i ricongiungimenti familiari ma in parte anche con i flussi non dichiarati) è il confronto tra le cifre trasferite e il Pil o l’aiuto alla cooperazione. Ebbene è vero che c’è stato un tempo in cui le rimesse incidevano per quasi mezzo punto percentuale sul Pil (nel primo semestre 2011, quando avevano raggiunto il picco del 3,6 miliardi) ma anche ora si mantengono stabilmente intorno a un ragguardevole 0,31 per cento. Una cifra ampiamente superiore agli investimenti pubblici che l’Italia destina allo sviluppo dei Pvs (lo 0,16%) , quando già nel 2000, le Nazioni Unite - in occasione della definizione degli Obiettivi di sviluppo nel Millennio - si erano date l’ambizioso target dello 0,70 per cento (che peraltro nel 2014 hanno raggiunto solo sei Paesi: Emirati arabi, Svezia, Lussemburgo, Norvegia, Danimarca e Regno Unito). «I dati Ocse confermano la limitatezza degli aiuti allo sviluppo da parte dei Paesi industrializzati - osservano i ricercatori della Fondazione Moressa - e l’Italia, tra i Paesi Ocse si ferma in 23ª posizione. Si tratta di risorse insufficienti, evidentemente, per pensare a misure di sviluppo efficaci e sostenibili, a maggior ragione se l’obiettivo è quello di stabilizzare le aree che maggiormente originano flussi di emigrazione.

 

Confrontando gli aiuti pubblici con le rimesse degli immigrati, appare chiaro il paradosso: i primi a contribuire allo sviluppo dei Paesi d’origine sono proprio gli stranieri che hanno cercato fortuna altrove». Disponibilità, da parte della società italiana, ad ampliare le risorse alla collaborazione non sembra ce ne sia molta, se è vero quanto risulta da una recente indagine Eurobarometro: l’80% degli italiani ritiene importante sostenere le popolazioni dei Pvs, ma appena il 55% (nonostante il mantra «aiutiamoli a casa loro») è favorevole a un incremento degli aiuti. Per ora al primo posto come volumi di fondi destinati ai Pvs ci sono gli Usa (29 miliardi), seguiti da Regno Unito e Germania (rispettivamente con 16 e 14 miliardi). E se questi due Paesi nell’ultimo quinquennio hanno aumentato significativamente il loro contributo, la Francia e i Paesi Bassi lo hanno ridotto e l’Italia lo ha accresciuto di poco (l’1% a 2,9 miliardi) c’è anche chi lo ha quasi quintuplicato: sono due emergenti, gli Emirati Arabi (a 4,3 miliardi) e la Turchia (a 3,2).