L'EDITORIALE  - ARTIGIANATO UIL
La contrattazione nell’artigianato. Come realizzarla e sostenerla.
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09/05/2016  | Sindacato.  

 

 

La contrattazione nell’artigianato

 

Come realizzarla e sostenerla

 

 

Ci siamo! Abbiamo chiesto di aprire i tavoli per nuovi modelli relazionali e, dall’artigianato, dalle Associazioni storiche (e rappresentative) del comparto -CONFARTIGIANATO, CNA, CASARTIGIANI, CLAAI-, la risposta affermativa è arrivata, subito.

 

Il tavolo negoziale si è aperto e spazia su tutte le tematiche proposte dalla piattaforma CGIL CISL UIL; l’attenzione, come giusto che sia, è concentrata, da una parte, sul tema del modello contrattuale, d’altra parte, sul sistema di misurazione della rappresentanza (sindacale soprattutto!).

 

Per prefigurare il nuovo occorre conoscere l’esistente. Non solo il modello in essere: bensì la sua pratica, o meglio, la sua praticabilità.

 

Mi sento di affermare che ciò che è oggi vigente ha in sé alcune condizioni generali per essere confermato. Sarà per un sentimento “paterno” –essendo stato, assieme a altri, uno dei partecipanti alla costruzione dell’attuale A. I. sul modello contrattuale del comparto artigiano, ma alcune intuizione, addirittura storiche perché datate 1992, hanno una modernità sorprendente.

 

Se ciò è vero, è altrettanto vero che la sua applicazione è stata parziale e quindi non ha risposto ad alcuni suoi obiettivi prioritari: la continuità contrattuale, la pari cogenza del primo e secondo livello. Per queste problematiche vanno trovate, costruite e applicate le correzioni di rotta, le novità e le modernità.

 

Andiamo per gradi, procediamo spezzettando l’argomento in questione.

 

Sono circa 1 milione i lavoratori artigiani interessati ai CCNL artigiani, sostanzialmente attivi su tutto il territorio nazionale, in molteplici attività merceologiche, in imprese strutturate e no, con un rapporto numerico impresa/dipendente molto inferiore alla media nazionale generale e poi, per non farci mancare nulla, registriamo due anomalie:

 

- alcuni CCNL di area, registrano una applicazione maggiore dei dipendenti artigiani di quel settore; ed in questo si legge la libertà delle imprese ad applicare i ccnl più disparati (rispetto al proprio settore merceologico di attività registrata), anche in una logica di dumping,

 

- su sei dei sette CCNL di area artigiana i CCNL sono aperti alle PMI.

 

Registriamo, quindi, anomalie esterne e interne all’essenza dei CCNL: su questo dobbiamo porci il problema e individuare soluzioni. Facendoci protagonisti di una proposta di “moderne relazioni industriali”, dobbiamo avere la capacità critica e autocritica sul sistema in essere, non sottraendoci a nessun problema, anche quello della rappresentanza datoriale –e qui non parliamo di numeri, ma di ambiti-

 

Tanto detto, che condiziona il presente e la soluzione futura che intendiamo adottare, sia per il nuovo modello contrattuale, sia per la determinazione di regole sulla rappresentanza, se correlate alla validazione dei CCNL, riprendiamo il discorso delle inefficienze dell’attuale sistema e delle necessarie correzioni.

 

Va però detto che se l’artigianato ha firmato nel 1992 un modello contrattuale anticipatorio dell’Accordo Interconfederale del 1993 e se nel 2008 l’artigianato ha definito un suo modello confermando –adeguandole- specificità e valori, anche oggi appare non superabile la presenza di due livelli, però, e sta qui la specificità, duplicati.

 

Che cosa voglio dire: nell’artigianato il ruolo confederale (della trasversalità orizzontale) è presente e NON SUPERABILE, sia a livello nazionale, sia regionale.

 

Soffermiamoci su questo, perché esso è fondamentale. Infatti, il modello artigiano affida al livello confederale nazionale sia la definizione del modello stesso, sia alcune tematiche contrattuali proprie e non ripetibile o surrogabile dal livello categoriale. Ad esempio, la bilateralità –nelle sue definizioni, anche economiche- è competenza confederale; con solo recepimento nei ccnl di settore.

 

Questo è un dato insopprimibile; non senza problemi. Infatti, la recente esperienza ha evidenziato una debolezza sistematica, quando una procedura di derogabilità non prevista è stata, prima praticata, e poi supportata anche da pareri giuslavoristici, anche se tra loro contrapposti.

 

Mi riferisco alla definizione nazionale della prestazione di Sanità integrativa, con la costituzione di San.Arti. e la sua inapplicazione, con scelta di contrapposizione regionali, con la costituzione di uno strumento riconosciuto dalla contrattazione confederale di secondo livello, non riconosciuto –tra l’altro- nei CCNL nazionali di area.

 

In pratica, un sistema che prevedeva deroghe su molteplici materie contrattuali di area –non praticate nella contrattazione di secondo livello, nelle poche realtà ove essa si manifesta- ha registrato questo aspetto sensibile laddove è vietato!

 

Appare evidente la debolezza del modello, privo di sanzioni e certezze giuridiche, rispetto alla volontà dei soggetti che lo applicano.

 

Il nuovo in costruzione non potrà non porsi questi problemi e individuarne una risposta. Questo nel dire che resta, perlomeno da ampliare, l’ambito contrattuale interconfederale ai due livelli.

 

Su questa nostra opzione va a innestarsi la proposta datoriale di ridurre le aree contrattuali da 9 a 3: con le specificità edili e trasporti (per la loro trasversalità con altre rappresentanza datoriali) a se stanti, concentrando in un'unica area i ccnl manifatturieri e di servizio.

 

Lasciamo aperto questo aspetto, che sarà da assumere eventualmente a conclusione dei lavori se questa soluzione sarà l’unica risposta ai problemi aperti e torniamo su altri temi che ci stanno a cuore risolvere.

 

Come garantire la continuità contrattuale, mai stata reale nel comparto e con vuoti contrattuali di anni a partire dai rinnovi degli anni novanta; come rendere diffusa –e con quali modalità- la contrattazione di secondo livello regionale.

 

La proposta datoriale dei tre CCNL di area è -a detta delle Associazioni datoriali- finalizzata a superare anche le lungaggini negoziali. Certo, qualsiasi sia la soluzione che si definirà, le piattaforme di settore, i tavoli negoziali, le conclusioni contrattuali nell’artigianato non possono lasciare vuoti temporali–ovviamente non normativi, con la ultrattività contrattuale in essere- di adeguamento salariale, gravando ulteriormente su un differenziale storico (accettato) tra i CCNL dell’artigianato rispetto ad altri CCNL dei settori omologhi nei comparti industriali e di servizio.

 

Il tema più appassionante resta quello del rendere esigibile in tutte le realtà geografiche del Paese la contrattazione di secondo livello, come già detto “territoriale” nell’artigianato e, più precisamente “regionale”.

 

A chi dice che le riforme si realizzano “cambiando” rispondiamo che ciò è ovvio: ma riteniamo che mantenere il livello territoriale regionale quale contenitore della contrattazione di secondo livello categoriale sia ancora moderno, quindi ripetibile.

 

Esperienze recenti confermano che questa contrattazione si può realizzare, in realtà strutturate –inteso come ad alto/medio addensamento di imprese e lavoratori artigiani- e se supportata da iniziative Interconfederali di supporto e indirizzo, con la determinazione di quote di redistribuzione di reddito attraverso welfare e bilateralità regionale.

 

La nuova norma di detassazione delle risorse distribuite a questo livello –come tutte le norme, costruita come sempre sulla grande impresa- induce nell’individuare nuovi percorsi di accertamento, nell’impresa o nelle sue immediate vicinanze, dei risultati concreti realizzati sulla scorta degli indicatori di incremento di produttività convenuti nelle intese di secondo livello.

 

Questo apre la bilateralità regione, gli Enti Bilaterali Regionali a svolgere un altro ruolo, forse come verificatore ed erogatore della contrattazione di secondo livello.

 

Scenari nuovi, sfide nuove, come quelle sulla rappresentanza e la sua misurazione. Percorso utile alla validazione dei tavoli contrattuali, oltre che delle intese. Questa è un’altra storia. Che merita un altro articolo (la prossima volta, il prossimo numero!).

 

 

Pino Briano