Guglielmo Loy: comunicato Stampa del 08/02/2018
Il paese che ha cacciato i migranti «Vigiliamo per impedire che tornino»
Il paese che ha cacciato i migranti «Vigiliamo per impedire che tornino»
08/02/2018  | Immigrazione.  

 

lastampait

 

Terranova dei Passerini, vicino Lodi, aveva 30 richiedenti asilo. I timori al bar: non era bello vederli ciondolare tutto il giorno

 

Fabio Poletti, inviato a Terranova dei Passerini (LODI)

 

Torino, 8 febbraio 2018 - Una chiesa, un bar, un ufficio postale, un bel po’ di cascine, novecento e uno abitanti, zero migranti. Nel mezzo del nulla della bassa lodigiana il comune di Terranova dei Passerini da più di un anno è migranti free. Salvatore Paravati dietro al bancone del bar Alex macina pensieri cupi: «Per me tornano. Non che diano fastidio, ma vederli ciondolare in giro per il paese non è bello. Qui è tranquillo. In tredici anni che ci abito non è mai successo niente». È bastato che un paio di muratori lavorassero attorno alla palazzina giallina e diroccata dove a maggio 2016 vennero spiaggiati una trentina di nigeriani, senegalesi, maliani e guineani, per riaccendere le discussioni tra allevatori e mungitori. Il timore è che si ripeta la storia di due anni fa. Quando senza che nessuno ne sapesse nulla, trovato un accordo tra la Prefettura di Lodi invitata dal governo a piazzare migranti dovunque si potesse e una onlus di fuori che avrebbe incassato 35 euro al giorno per ogni richiedente asilo, un giorno spuntarono trenta profughi. Non è che la palazzina gialla Lever fosse un hotel a 5 stelle. Nemmeno a una a dir la verità visto che mancava la luce, il riscaldamento e non c’era l’allacciatura per le fogne. I migranti protestavano pure per il vitto che era scarso e di scarsa qualità. 

 

Il paese protestava più forte di loro. In testa il sindaco leghista Roberto Depoli che prima fece le ordinanze in cui si vietava ai concittadini di fornire cibo e soldi ai migranti, poi si inventò l’assegno alle mamme purché lodigiane. Poi trovò l’idea giusta: l’area dove sorgeva la palazzina era a vocazione produttiva e non abitativa. Ordinanza di sgombero subito eseguita sotto Natale 2016 con gran sollievo di tutti. Mai abbassare la guardia giura ora il sindaco Roberto Depoli: «Non so se tornano ma noi vigiliamo e presidiamo il territorio. Qui da noi non c’è lavoro per noi figuriamoci per loro».  

 

Come conferma dal cancello presidiato da due cani l’abitante della cascina dietro alla palazzina gialla in ristrutturazione: «I neri erano qui soli e abbandonati. Appena potevano andavano a piedi a Codogno perchè c’è più vita. Poi chissà come si sono procurati delle biciclette. Qui non ci volevano stare. E noi non li volevamo. Li hanno messi qui solo perchè c’è il business sui migranti. La onlus incassava mille euro al giorno e ai neri gli dava da mangiare da schifo e sessanta euro in contanti. Ma che ci fai con due euro al giorno? Qui non c’è più lavoro. A produrre latte ci smeni dal poco che pagano. Il contadino qui dietro che ha tremila pertiche di campi se le lavora da sola. Quando gli serve, prende un paio di persone per pochissimi giorni per arare e seminare». 

 

Qui per sopravvivere si lavora come bestie. Non è che l’accoglienza sia in cima ai loro pensieri. A uno che voleva ospitare i migranti per 35 euro al giorno gli hanno smontato porte e finestre per farlo desistere. Il consigliere di Forza Italia Angelo Bertolotti che sta all’opposizione vorrebbe essere comprensivo: «Le migrazioni non si possono fermare ma il fenomeno deve essere gestito. Non si possono buttare i migranti dove capita. Dopo la guerra qui arrivarono i veneti. Li trattavano da stranieri pure loro». Tutto vero dice al bar Violika, badante ungherese in paese da dodici anni, che poi chiede: «Se non volete gli stranieri, perché poi ci chiamate a pulire la cacca dei vostri vecchi?».