Antonio FOCCILLO: comunicato Stampa del 25/11/2016
Il voto del 4 dicembre
Il voto del 4 dicembre
25/11/2016  | Sindacato.  

 

di Antonio Foccillo

 

Il 4 dicembre saremo chiamati alle urne per “decidere” sulla revisione o meno della nostra Carta Costituzionale. Una consultazione referendaria – ricordo svincolata da quorum – che, in un modo o nell'altro, sarà cruciale per i vicini e futuri assetti dell’impianto democratico del Paese.

 

Per questo motivo la UIL si è posta il primario obiettivo di entrare nel merito della revisione costituzionale, di spiegarla, per informare i suoi iscritti e i cittadini su cosa dovranno pronunciarsi nel segreto della cabina elettorale e su quali potranno essere le conseguenze del voto del prossimo 4 dicembre. È questo spirito laico che contraddistingue un sindacato libero come la UIL.

 

Ebbene la laicità che ci caratterizza ci impone di rivendicare l’autonomia delle decisioni da ogni condizionamento da parte di chi si sente depositario di una qualsivoglia verità o dogma, che siano per le ragioni del Sì o per le ragioni del No. Vogliamo, perciò, stimolare l’indipendenza del pensiero e del ragionamento delle persone, aprendoci al dibattito sulla sostanza della riforma.

 

Un confronto che ci porta a presentare le motivazioni che, a nostro modo di vedere, legittimerebbero l’una o l’altra scelta, ossia le ragioni del Sì e le ragioni del No.

 

L’intenzione con il nostro studio, reperibile sul sito dell’organizzazione, è stata quella di render quanto più consapevoli i cittadini di com’è oggi la Costituzione e di come potrebbe essere domani. L’obiettivo è quello di fa conoscere, ragionare, discutere e confrontarsi per recuperare quegli spazi di dialogo che spesso sui giornali, sui social e nelle televisioni sono intrisi, nell’uno e nell’altro senso, di spot e scorciatoie comunicative che nulla dicono a chi ascolta e a chi legge sulla sostanza di questa legge costituzionale.

 

Il valore del voto e soprattutto di un voto sulla nostra Carta fondamentale non può esser lasciato a un tweet ma deve essere affidato a un confronto imparziale e obiettivo, che prescinda da simpatie, tifoserie ed appartenenze di partito.

 

La Costituzione è di noi tutti e rappresenta il caposaldo della democrazia che i nostri padri conquistarono settant’anni fa. Per questo il servizio che vogliamo offrire è quello rendere consapevoli le persone e portarle a decidere con cognizione, senza influenze di alcun tipo, per un voto cosciente e rispettoso dei valori che animano la nostra Costituzione.

 

Vorrei continuare seguendo la stessa via anche con queste poche righe, descrivendovi brevemente le novità proposte dal Legislatore, le possibili ragioni che giustificano il Sì e quelle per il No, rinviandovi per un maggiore approfondimento al nostro studio già citato.

 

Quali sono i punti cardine di questo disegno di legge costituzionale?

 

Esso è finalizzato al superamento del bicameralismo perfetto e all’introduzione di un bicameralismo differenziato, riformando il Senato nella sua composizione e nel suo ruolo. Ovviamente da qui discende la modifica dell’iter legis, dove i procedimenti di approvazione delle leggi si differenzieranno in base alla funzione che vi svolgerà il nuovo Senato. Si passa, quindi, da un sistema paritario delle due camere, ad oggi entrambe elettive, ad un modello, dove la seconda camera, di elezione indiretta, viene depotenziata nelle sue prerogative legislative e le si assegna, in via prioritaria, il ruolo di rappresentanza delle istituzioni e delle autonomie locali.

 

Ma la riforma va oltre e va ad impattare con forza sul tanto discusso Titolo V, come revisionato nel 2001, e lo fa capovolgendone i principi del decentramento legislativo ed amministrativo, che avevano pervaso quella riforma del regionalismo che certo non ha nascosto tante criticità in questi quindici anni. Assistiamo così ad un ritorno del potere legislativo verso il centro, allo Stato, onde assicurare uniformità di regolazione su tutto il territorio nazionale ai fini del superamento delle diversità territoriali e delle relative debolezze strutturali. Parallelamente all’ampliamento delle competenze dello Stato, viene soppressa la competenza legislativa “concorrente” ripartita tra Stato e Regioni, che ha creato un enorme contenzioso tra Stato e Regioni a causa delle numerose interferenze e sovrapposizioni. Seguono poi tante altre innovazioni che sono analiticamente affrontate nel nostro documento che vi invito a leggere.

 

Dei passi avanti con questa riforma sarebbero innegabili sotto alcuni punti di vista.

 

Penso alla promozione delle pari opportunità di accesso tra donne ed uomini alle cariche elettive sia alle camere sia nei consigli regionali.

 

La costituzionalizzazione, poi, del principio della trasparenza, come metodo generale per la prevenzione della corruzione amministrativa, in aggiunta al buon andamento e all’imparzialità dell’amministrazione.

 

La formalizzazione della tutela delle minoranze parlamentari attraverso l’introduzione del c.d. Statuto delle opposizioni, anche se la critica che vi si oppone è che i suoi contenuti saranno pur sempre espressione della maggioranza contingente. Ma c’è anche altro.

 

Le vicissitudini del cd Porcellum sono a tutti note e certamente non sono state messe a tacere con il cd Italicum, nei cui confronti si pronuncerà la Corte Costituzionale dopo gli esiti del referendum.

 

Gli stessi Giudici nel dichiarare l’incostituzionalità del Porcellum hanno decretato l’illegittimità del Parlamento così come eletto, il quale tuttavia ha seguito ad operare nel rispetto del principio fondamentale della continuità dello Stato. E lo ha fatto approvando l’Italicum, verso il quale non abbiamo mai esitato a manifestare i nostri forti dubbi, senonché preferisco richiamare nelle conclusioni la vostra attenzione sulla legge elettorale. Bene, a tutto questo il Legislatore ha deciso di porre rimedio introducendo un giudizio preventivo di legittimità delle leggi elettorali da parte della Corte Costituzionale ai fini della loro approvazione.

 

Vi segnaliamo anche delle novità per quel che riguarda gli istituti di democrazia diretta, con l’introduzione sia del referendum propositivo, rinviato però ad una sua prossima regolazione, sia di un quorum aggiuntivo ai fini della validità delle consultazioni referendarie abrogative, quale il 50% + 1 dei votanti delle ultime elezioni politiche in caso di raccolta di oltre 800mila firme valide per il quesito.

 

Ma quali sono le doglianze dei sostenitori e dei comitati del No?

 

Innanzitutto la composizione del nuovo Senato, che appare pasticciata e non rispondente a quella che dovrebbe essere la sua funzione di rappresentanza delle istituzioni territoriali, che richiederebbe semmai una rappresentanza di quei governi locali, come avviene nel modello tedesco. Senatori che svolgeranno un doppio, se non triplo, incarico in tempi, per lo più, troppo ristretti, non garantiranno un’adeguata valutazione da parte del Senato delle norme approvate dalla Camera. E ciò non fa altro che pesare su un ruolo del Senato che sembra riproporre quello della Conferenza Stato – Regioni.

 

Tra i cavalli di battaglia delle ragioni del No, poi, vi è la contestazione di quella campagna del Sì che parlava di semplificazione e velocizzazione del procedimento legislativo.

 

Tesi confutata dal fatto che si passerà da un unico procedimento per la legislazione ordinaria a plurimi iter distinti in base al peso dell’intervento del nuovo Senato. Per quel che riguarda, invece, i tempi di approvazione delle leggi, il Parlamento ben ci ha mostrato la sua rapidità, a volta fulminea, nei casi di condivisa volontà politica, palesandoci che non sempre il problema dipende dagli strumenti legislativi ma delle persone che li manovrano.

 

Suscita preoccupazioni, ancora, il cd voto a data certa, nel quale si formalizza una chiara commistione del potere esecutivo nei lavori di quello legislativo. Il Governo, infatti, potrà decidere liberamente l’agenda dei lavori parlamentari, dando priorità a determinati provvedimenti.

 

E sul titolo V? Qui le ragioni del No puntano i riflettori sull’accentramento dei poteri in capo allo Stato, con buona pace del regionalismo e del principio di matrice giurisprudenziale della sussidiarietà. Le Regioni vengono svuotate della loro facoltà di regolare aspetti fondamentali di gestione del proprio territorio, che ben possono differenziarsi sulla base dei molteplici contesti locali e sociali.

 

Questi sono solo alcune delle ragioni del Sì e del No che abbiamo cercato di raccogliere nel nostro studio ma, quale sia la vostra scelta il 4 dicembre, vi invitiamo, però, a riflettere su un campanello d’allarme che, fin da subito, abbiamo fatto suonare, ossia l’ormai famoso combinato disposto tra la legge costituzionale e la legge elettorale, già oggi vigente a Costituzione invariata, per la Camera dei deputati.

 

Non ci convince in alcun modo che un unico partito possa accaparrarsi, con una vittoria risicata e con un eventuale ampio astensionismo elettorale, la maggioranza assoluta ed oltre dei seggi dell’unica camera elettiva, grazie a un premio di maggioranza abnorme che porterebbe inevitabilmente a ledere quel principio secondo il quale il voto è eguale per tutti. Così non sarebbe, perché il voto al partito vincitore risulterebbe nettamente più pesante rispetto al voto alle opposizioni e questo, ovviamente, ancor più in un contesto dove vi fosse un’unica camera elettiva, il cui partito di maggioranza è l’esatta e coincidente espressione del Governo a cui riconosce la fiducia.

 

Il modello costituzionale della riforma è, con ogni evidenza, incompatibile con una legge elettorale iper-maggioritaria, basti pensare alla sua incidenza sull’equilibrio dei poteri.

 

Un unico partito diretta espressione del Governo potrebbe decidere, senza necessità di alcuna condivisione, il Presidente della Repubblica, i membri della Corte Costituzionale e del Csm.

 

La paura è quella che si sostanzi, a tutti gli effetti, la via dell’uomo solo al comando e si perda definitivamente quel dialogo tra le diverse componenti parlamentari, espressione proporzionale della rappresentanza e della sovranità popolare.

 

Urge cambiare marcia sull’Italicum e modificarlo, correndo ai ripari, a prescindere dalla prossima chiamata alle urne del 4 dicembre e dal suo risultato. Non solo nel caso di approvazione della revisione Costituzionale per i motivi di cui sopra, ma anche in caso contrario, perché sarebbe necessario approvare una nuova legge per entrambe le camere o quanto meno rimanere con il sistema scaturito dalla pronuncia dei Giudici di legittimità sul Porcellum. Il Parlamento dovrà agire quanto prima.

 

L’auspicio per il 4 dicembre, tuttavia, è che le persone tornino numerose, volenterose e, soprattutto, consapevoli a votare per esprimersi sul futuro della nostra Costituzione.