Antonio FOCCILLO: comunicato Stampa del 26/10/2016
Nei rapporti sociali e civili recuperare lo spirito laico
Nei rapporti sociali e civili recuperare lo spirito laico
26/10/2016  | Pubblico_Impiego.  

 

di Antonio Foccillo

 

In uno dei numeri precedenti scrissi di “un ritorno dei processi mediatici”, ricordando anche le parole del parlamentare socialista, on. Sergio Moroni, che scrisse una lettera al Presidente della Camera di allora, denunciando che questo metodo coinvolgeva anche le persone per bene.

 

Quello che è avvenuto in questi giorni ne è l’ennesima dimostrazione con i mass media, per fortuna non tutti, che si sono subito calati sulla vicenda che ha visto coinvolto l’attuale Segretario Generale della Uil, Carmelo Barbagallo, e il suo predecessore con un tono scandalistico, con l’affastellamento di fatti e accuse, che sono completamente diverse e che non possono essere messe insieme. Non vogliamo esprimere valutazioni sui fatti, basta il documento votato dall’esecutivo Uil (che pubblichiamo in toto e che illustra la posizione dell’organizzazione), ma voglio solo ricordare che siamo consapevoli che, nel processo, unico luogo ad esprimere sentenze, si chiariranno le vere responsabilità e si distingueranno le accuse, che per l’ordinamento penale sono personali e non collettive e nella convinzione che non ci sia stata nessuna spesa impropria di risorse della Uil Confederale.

 

Voglio, anche in questa sede, esprimere la stima e la solidarietà a Carmelo Barbagallo, che, secondo noi, è accusato ingiustamente.

 

Purtroppo oggi nei rapporti sociali e civili prevale l’intolleranza e la denigrazione, che, comunque si manifesti, non è accettabile e nel nostro Paese c’è e si vede in molte forme. Se prevalesse, come sembra, questo sentimento, la conseguenza sarebbe un peggioramento complessivo della qualità della vita, in modo particolare perché sarebbe scardinato il sistema di solidarietà, di rispetto delle persone e della tutela della loro onorabilità.

 

Nell’attuale società si è insinuato un metodo che tende a combattere come la peste tutto quello che presuppone la possibilità, con azioni o con parole, di ridare centralità alla solidarietà, alla coesione, alla tolleranza, alla cultura del dialogo, delle idee diverse e di valori che puntino al rispetto del pensiero altrui.

 

Per questo si continuano a mettere in discussione tutte le associazioni, che hanno queste finalità nel loro modo di operare.

 

Naturalmente in ogni occasione, in ogni campo, in ogni regime, ed ancora di più, oggi, nell’era della finanza, ancora di più uno dei presupposti che fa paura a chi governa è “il libero pensiero”, in quanto le persone ragionando con la propria testa, rischiano di mettere in discussione qualsiasi impostazione dominante, non essendo acquiescenti, ma soprattutto esso può svolgere una funzione critica che risveglia le coscienze e per questo deve essere debellato.

 

Per noi della Uil, laici, la società per essere comunità deve per forza di cose essere governata con principi, ideali e valori, altrimenti vive la propria quotidianità solo sul pragmatismo, sullo spontaneismo e sulle individualità una contro l’altra armate.

 

E’ però un compito difficile quello di rimanere fedeli ai nostri principi e al nostro sistema di valori in una società profondamente trasformata dagli interessi di pochi, dalle leggi di uno sviluppo economico senza regole, dall’affermazione del consumismo, dell’edonismo, del narcisismo, dalla competizione selvaggia.

 

La minaccia di isolamento grava ancora di più sulla vita sociale degli uomini, insieme alla sensazione che non vi sia alcun legame tra ciò che si fa e il destino che ci attende, avendo perso il senso di condividere un mondo.

 

In più di un’occasione, proprio alla luce di queste considerazioni, da queste pagine, abbiamo avviato una riflessione sul rapporto fra sindacato e politica ed abbiamo analizzato come recuperare alcuni valori di cui è permeato il Dna della Uil: il riformismo ed il laicismo.

 

A partire dal nostro Paese siamo convinti che oggi sia necessario ricostruire il vero significato del movimento laico e riformista dell’Uomo, rispetto alle altre culture - che appaiono storicamente più rilevanti.

 

Anche se, proprio in virtù di un minore ideologismo, questo movimento appare meno incidente, ugualmente si può riscoprire e rivalutare l’operare instancabile di chi ha sostenuto questo ideale, che comunque è stato sempre avversato.

 

Ogni ideologia, cioè ogni pensiero che intende descrivere i rapporti collettivi dell’uomo e le loro istituzionalizzazioni, si compone di due versanti, uno progettuale diretto verso la concezione di una società ideale, e uno esegetico, di interpretazione del passato e delle cause storiche di evoluzione.

 

Per quanto riguarda il progetto laico e riformista non sembra possa parlarsi una vera e propria ideologia.

 

Perché proprio questa sottrazione all’irrigidimento dogmatico, questa indeclinabilità sotto un’ortodossia che irretisce, fa del progetto laico e riformista la sua peculiarità e la sua forza storica e sociale.

 

è chiaro che usando questi due termini, quando ci si rivolge al passato, devono essere intesi nella loro denotazione più profonda e attendibile, quella che discende dal loro stesso significato nominale ed etimologico. Proprio analizzando queste radici verbali si può scoprire la forza ideologica che sostiene il pensiero che qui si origina.

 

“Laico” significa dal greco appartenente al popolo. E quando si esprime questo concetto nella nascita e nell’idea di un nuovo soggetto storico, che non è identificabile con alcun uomo, casta o famiglia, la legge diventa espressione di una filosofia che lega tra loro gli appartenenti ad un medesimo luogo ed ad una medesima cultura, e li fa identici nella vita pubblica e civile.

 

È una condizione che ha consentito questo rinnovamento istituzionale e risiede proprio nell’affermarsi della laicità dell’uomo, della sua natura di soggetto storico, indipendente dagli ordini religiosi e rituali, con la ricerca continua di una verità frutto del dubbio e della sua ragione.

 

Ma la laicità dell’uomo, sebbene sia il principio dal quale si origina il pluralismo sociale ed istituzionale, non è però una coscienza che si conserva per il solo fatto di essere riconosciuta.

 

Il mondo del lavoro è il terreno più fertile per riconoscere ed applicare la filosofia laica e riformista poiché maggiormente sente l’esigenza di attuare valori portanti quali solidarietà e collaborazione, propri del riformismo storico.

 

è attorno a questo pensiero che il movimento sindacale deve riposizionarsi nella società attuale, ridando smalto ideale alla propria azione con nuove strategie di ampio respiro.

 

Non si può più essere a difesa esclusiva dei soli occupati o di benesseri corporativi di casta o di ceto.

 

Viceversa, necessita restituire ruolo centrale al progetto sociale basato sull’Uomo, ricollocando i sui bisogni, materiali, culturali e spirituali in un quadro armonico che sappia tener conto delle trasformazioni della società - intervenendo per correggerne le storture - che si evolve con accelerazione progressiva, anche sotto la spinta dell’allargamento europeo e, comunque, innanzi al nuovo scenario politico-commerciale mondiale.

 

Prescindere da ciò potrebbe essere un errore esiziale. Nel contempo dovremo essere in grado di dare spazio alle diverse culture dell’uomo e costruire una società in cui queste diversità possano esprimersi e confrontarsi a tutti i livelli, nella cultura, nell’economia e nell’informazione.

 

Ecco perché c’è bisogno di maggiore spirito laico e di riformismo nella nostra società e la Uil può e deve svolgere un importante ruolo, elaborando il suo modello alternativo con il quale confrontarsi, a tutto campo, con chi sente e crede di poterlo condividere, divenendo forza trainante.

 

Quindi, come nostra tradizione, riavviamo il dialogo con chi vuole condividere il nostro percorso - che parte da lontano - e apriamo un ampio e franco confronto.

 

è dai tempi della cosiddetta “prima repubblica” che il laicismo ed riformismo - ma non solo - ebbe, con la gogna dei suoi uomini, un crollo di credibilità politica che colpì, ingiustamente, anche il suo pensiero.

 

Questo vuoto non solo ha inasprito il confronto e minato le basi per una reale democrazia partecipativa - che oggi và ricostruita - ma ha contribuito all’attecchimento di una tesi da noi soggetti sociali, riformisti e laici, considerata “aberrante” quale quella che il liberismo sfrenato, che il mercato, siano solo essi in grado di regolare sviluppo, democrazia, benessere, prospettive e rapporto di lavoro, dimenticando l’Uomo e la socialità.

 

La prossima conferenza di organizzazione della Uil di Novembre, di cui diamo ampio spazio in questo numero, deve affrontare, a parer mio, anche queste tematiche.