“Livelli di occupazione, divari retributivi, incidenza del part-time: il quadro tratteggiato con grande cura e profondità di analisi oggi dall’INAPP è impietoso. E c’è poco da gioire per quel piccolo aumento dell’occupazione femminile, soprattutto se consideriamo il contesto europeo, dove i dati relativi alle donne che lavorano sono in crescita ovunque, in molti Paesi a ritmi ben maggiori rispetto all’Italia”.
È quanto ha dichiarato la segretaria confederale della Uil, Ivana Veronese.
“Dalla ricerca emerge, in particolare, il nodo della maternità e del carico di cura. Soprattutto - ha sottolineato Veronese - colpisce l’analisi dell’inattività e delle sue motivazioni: per gli uomini, la ragione è personale e legata, in modo particolare, a investimenti in percorsi di formazione. Per le donne, la ragione è sociale, ed è legata alle responsabilità di cura. Se la prima tipologia di inattività è più dinamica, maggiormente pronta a trasformarsi in occupazione, la seconda invece è più radicata, rendendo più difficile l’uscita verso il mondo del lavoro. In un momento in cui la situazione e soprattutto l’evoluzione demografica dovrebbe essere il problema principale del nostro Paese e dell’intera Unione Europea, rimane inspiegabile - ha proseguito la sindacalista della Uil - l’incapacità di attivare un patrimonio di capitale umano, spesso già formato e con competenze preziose, finora rimasto ai margini a causa di una serie di disfunzioni della struttura della nostra società e degli stereotipi che le determinano. La piena partecipazione delle donne al mercato del lavoro - ha concluso Veronese - non è più solo un principio di giustizia sociale: è un passaggio ineludibile per lo sviluppo economico del Paese. Servono soluzioni strutturali, non solo bonus finanziari: se si vuole investire in questa direzione, noi e le nostre proposte ci siamo”.
Roma, 17 dicembre 2025



