PRIMO GIUDIZIO SULLA LEGGE DI STABILITÀ  - Carmelo Barbagallo
Barbagallo: Manovra senza direzione, insufficiente a promuovere la crescita
Pronti a confronto e ad azioni di mobilitazione
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16/10/2015  Sindacato.  

 

 

La legge di stabilità varata dal Governo ha alcuni tratti positivi e altri negativi, ma nel complesso è una manovra senza direzione, insufficiente a promuovere la crescita. L'Esecutivo non ha fatto una scelta di campo: è stato dato un contentino a tutti, secondo le vecchie logiche "cerchiobottiste" democristiane, non risolvendo strutturalmente i problemi di fondo. In realtà, siamo in presenza di più manovrine piuttosto che di una linea omogenea e coerente.

 

Nel dettaglio, l'aspetto più negativo è il finanziamento risibile per il rinnovo dei contratti dei lavoratori del pubblico impiego: i 300 milioni stanziati per il 2016 equivalgono a un incremento di soli 8 euro mensili lordi. Questa scelta è in palese violazione della sentenza della Corte costituzionale che ha prescritto la necessità di rinnovare i contratti già a partire dal 2015. Quel che è più grave, però, è che emerge un'indicazione regressiva: uno Stato che non si preoccupa dei propri lavoratori è uno Stato che non crede nel lavoro.     

 

Sul fronte delle pensioni, poi, è inaccettabile che, nonostante i proclami dei mesi precedenti, non sia stato affrontato il tema della flessibilità in uscita, operazione che avrebbe risolto non solo i problemi dei pensionandi, ma avrebbe creato nuovi spazi per i giovani. Un piccolo passo avanti, tuttavia, è stato fatto con l'introduzione del part-time negli anni antecedenti al pensionamento: era stata una richiesta della Uil, proprio per favorire la cosiddetta staffetta generazionale, e su questo punto il nostro giudizio è positivo.

 

L'equiparazione della no tax area per i pensionati a quella dei lavoratori sarebbe da accogliere con favore, ma la sua operatività a partire dal 2017 ne depotenzia la portata. Sarebbe stato opportuno, peraltro, accompagnare questo provvedimento a una vera riduzione della pressione fiscale sulle pensioni che, nel nostro Paese, resta il doppio della media OCSE. In questo senso, sarebbe stato utile estendere anche ai pensionati il bonus degli 80 euro.

 

Sempre sul fronte fiscale, è sbagliata la scelta di innalzare a 3000 euro il tetto per l'uso del contante: non aumenteranno i consumi, non si aggiungerà un centesimo nelle tasche degli italiani e si rischia di incentivare l'evasione fiscale e il malaffare.

 

Importante è il ritorno alla detassazione degli incrementi salariali legati alla produttività, anche se le risorse appostate appaiono ancora insufficienti. È necessario, inoltre, rendere strutturale il provvedimento per evitare, come è successo proprio con questo stesso Governo nel 2015, un'altra sospensione di questa agevolazione necessaria a diffondere la contrattazione di secondo livello.

 

Positiva, inoltre, la riduzione della TASI, ma la generalizzazione di questo provvedimento, con il paradosso degli sconti per chi ha immobili di enorme valore commerciale e con la mancanza di un criterio selettivo, lo rende iniquo e anche economicamente inefficiente. È necessario, ora, avere la certezza che le casse dei Comuni non risentano del mancato introito, altrimenti c'è il rischio di riflessi negativi sull'erogazione dei servizi o sulla tassazione locale notevolmente accresciuta negli ultimi anni. Identico ragionamento e stesse preoccupazioni valgono per il mancato finanziamento integrale del fabbisogno del sistema sanitario.

 

Il piano di contrasto alla povertà è ancora insufficiente e non appare del tutto strutturale, mentre apprezzabili sono le misure di super ammortamento per le imprese con l'eliminazione dell'Imu, dell'Irap agricola e il taglio dell'Ires, purché si traducano in vantaggi per l'innovazione, l'occupazione e i salari. La progressiva riduzione della decontribuzione, invece, priva della necessaria selettività, rischia di produrre un effetto regressivo in termini occupazionali.

 

Infine, risultano insufficienti i provvedimenti sul Sud: anche in questo caso, a differenza dei proclami della vigilia, gli stanziamenti sembrano assolutamente inadeguati. Non c'è traccia di investimenti significativi per le infrastrutture materiali e immateriali che sarebbero, invece, necessari per lo sviluppo di tutto il Paese e, in particolare, del nostro Mezzogiorno.

 

Ci auguriamo, ora, che siano confermate le poche scelte positive e che siano modificate le opzioni sbagliate. Perché ciò accada, la Uil è pronta a mettere in campo ogni azione di confronto e di mobilitazione.

 

 

Roma, 16 ottobre 2015