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Donne e bambine: le prime vittime in caso di conflitti
Definite “bottino di guerra”, in Afganistan sono rastrellate casa per casa
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25/08/2021  | PariOpportunità.  

 

Nell'immagine in alto donne afghane celebrano a Kabul con la bandiera nazionale il 102esimo giorno dell'Indipendenza dell'Afghanistan, il 19 agosto 2021

 

 

La Risoluzione 1325 su “Donne, Pace e Sicurezza”, fu approvata all’unanimità dal Consiglio di Sicurezza dell’ONU il 31 ottobre del 2000. Per la prima volta si affrontava l’impatto della guerra sulle donne di ogni età – ma specialmente su quelle giovani e sulle bambine – e su come l’azione delle donne potesse contribuire alla risoluzione dei conflitti e ad una pace che duri.

 

La Risoluzione si pone quattro obiettivi:

 

- riconoscere il ruolo fondamentale delle donne nella prevenzione e risoluzione dei conflitti; 

 

- prevedere una maggiore partecipazione nei processi di mantenimento della pace e della sicurezza nazionale; 

 

- adottare una “prospettiva di genere”; 

 

- formare il personale sui diritti delle donne. 

 

Perché è così importante ricordare ora questa risoluzione? Perché ha prodotto molte iniziative nei territori di guerra, ed ha reso possibile la presenza di associazioni e di donne attive sui territori – ma anche nelle forze “di pace” - che hanno grandemente contribuito ad una gestione diversa e migliore del conflitto.

 

In Afganistan negli ultimi 20 anni le donne hanno avuto la possibilità di uscire dalle case in cui erano segregate, hanno avuto accesso all’istruzione, le più giovani non hanno conosciuto le violenze che hanno marcato i periodi precedenti nel loro Paese. Oggi si trovano a confrontarsi con un mondo diverso, con l’infrangersi dei loro sogni, la possibile cancellazione dei propri progetti… spesso con la necessità di mettere in salvo sé stesse e le proprie famiglie da un regime che ritiene normale considerare giovani e bimbe sopra i 12 anni “bottino di guerra”.

 

Impossibile mettersi nei loro panni, inimmaginabile il dolore di vedersi strappare dalle mani il futuro, perdersi nella folla di aspiranti profughi.

 

Eppure, le donne afgane sono scese in piazza contro un regime di cui non si fidano. Non è sufficiente dichiarare che alcune donne entreranno nel Governo! Quello che hanno già chiarito è che verranno riconosciuti dei diritti alle donne ma nel rispetto della Sharia, la legge islamica soggetta ad interpretazioni giuridiche diversein base al territorio e alle etnie. Molte volte viene applicata in maniera proibitiva nei confronti dello stile di vita occidentale e dei diritti delle donne - si arriva a frustare pubblicamente le donne disobbedienti, o ad applicare condanne esemplari (come il taglio delle dita per chi osava indossare lo smalto). Per l’adulterio può essere prevista la condanna a morte per lapidazione.

 

Ingenti sono state le azioni messe in campo dalle associazioni che operano stabilmente in quel territorio martoriato; Emergency, Pangea, Comunità di S. Egidio, attivatesi da subito per mettere insicurezza cooperanti e attivisti più esposti, molti esponenti della diplomazia internazionale sono rimasti per assistere al meglio quante più persone possono.

 

Come Sindacati abbiamo posto la priorità di corridoi umanitari per garantire i diritti umani internazionalmente riconosciuti delle persone ed in particolare di donne e bambini, impegnandosi a promuovere una iniziativa europea.

 

In questa situazione c’è il rischio che se le giovani e le donne rimangono sole, senza un uomo che le può affiancare, che sia un figlio, un marito, un fratello o un padre, diventano terra di nessuno, impossibilitate a fare qualsiasi cosa, tantomeno ad imbarcarsi all’aeroporto di Kabul. Una realtà inconcepibile da accettare rimanendo a guardare.

 

La mobilitazione di movimenti femminili e femministi sta inducendo cambiamenti ma soprattutto ha portato la questione prepotentemente sotto i riflettori: perché se le donne non ci fossero, il mondo sarebbe certamente peggiore.