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OTTOBRE 2008

LAVORO ITALIANO

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Antonio Foccillo

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di Roma n.° 402 del 16.11.1984

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SETTEMBRE 2008

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SOMMARIO

Editoriale
A volte ritornano! - di A. Foccillo
Intervista a Luigi Angeletti Segretario generale UIL “Le Linee guida sono un’opportunità. Far crescere i salari significa immettere risorse nel sistema innescando un ciclo virtuoso” - di A. Passaro

Economia
Un equilibrio nuovo tra capitalismo globale e democrazia - di D. Proietti
Forti infrastrutture creditizie trasparenti ed efficaci sono indispensabili per lo sviluppo di una sana economia - di L. Santini

Sindacale
L’emergenza redditi dei pensionati, in un contesto di generale caduta dei redditi degli italiani, è un problema reale - di R. Bellisima
È nato l’Osservatorio/Laboratorio UIL sulle Politiche di genere - di M. Mannino
La riforma del diritto di sciopero tra legge e autonomia collettiva - di M. Ballistreri

Società
La Nazionale Italiana alla Paralimpiade di Pechino - di L. Pancalli
ANAS azienda pubblica o privata? - di P. P. Maselli

Attualità
Operazione verità sull’andamento dei fondi pensione - di M. Abatecola
Luoghi comuni - di A. Carpentieri
Il turbo-capitalismo - di G. Paletta
Per un pugno di dollari - di A. Ponti
Gli obiettivi del millennio - di G. Salvarani

Il Ricordo
Ad un grande padre della nostra Repubblica: Vittorio Foa - di G. S.

Agorà
Il fondo per la formazione continua della cooperazione – a cura di Fon. Coop.
Frosinone tra stagnazione e recessione - di G. Stamegna
Affitti: evasione, sfruttamento ed ignoranza - di F. Porcelli

Cultura
Leggere è rileggere - William Golding: Il Signore delle mosche - di G. Balella
La crisi Finanziaria - di N. A. Rossi
Creata la Società Europea degli Autori (S.E.A.) dalle Organizzazioni Sindacali - di N.A.R.
Il matrimonio di Lorna - di S. Orazi
Film d’inizio stagione - di L. Gemini

Inserto
Quando c’era una scala mobile - di P. Nenci

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EDITORIALE

A volte ritornano!

Di Antonio Foccillo

A volte ritornano. Se guardiamo, infatti, la vicenda della riforma contrattuale possiamo constatare che, nonostante l’evoluzione della società ed il passare degli anni, ogni volta che bisogna assumersi una qualche responsabilità le posizioni sembrano ripetere in tutto e per tutto quelle di altre vicende succedutesi negli anni.

Nel sindacato c’è una sindrome che ogni tanto ritorna e cioè quella del farsi prendere dalla paura di sottoscrivere un accordo e soprattutto evitarlo quando esso modifica a fondo le abitudini e le prassi consolidate. E’ fuor di dubbio che l’attuale struttura contrattuale nelle regole e nelle procedure è da modificare. Non risponde più né alla salvaguardia del potere di acquisto dei lavoratori, né tanto meno a corrette relazioni sindacali dove i diritti e i doveri sia del lavoratore, che del datore di lavoro siano sullo stesso piano. E’ da tempo che i contratti non vengono più rinnovati alle scadenze, nonostante sempre più defatiganti trattative e per avere un aumento contrattuale, che spesso non recupera neanche l’inflazione, bisogna impegnarsi in interminabili conflitti. Oggi di fronte alle crisi dell’economia mondiale, che può innescare un sempre più ampio smantellamento dell’occupazione per la relativa crisi delle imprese, del sistema finanziario e bancario e che soprattutto può far emergere una differenza, sempre più ampia, fra tutelati e non tutelati, con un consequenziale aumento della povertà, è diventato necessario che si adeguino le regole, per renderle idonee alla più ampia tutela possibile, per garantire tutti e arginare i fenomeni di emarginazione. Infine, credo che l’unico metodo moralmente lecito per immettere denaro nel sistema economico, produttivo sia quello di destinare risorse aggiuntive ai cittadini attraverso il sistema fiscale o attraverso gli aumenti contrattuali o delle pensioni, in tal modo rilanciando i consumi anche interni agli Stati.

Per questo da molti mesi i sindacati confederali, Uil, Cisl e Cgil hanno proposto una piattaforma che affrontava queste tematiche e proponeva un nuovo sistema contrattuale, un nuovo sistema di relazioni sindacali ed un aumento del potere di acquisto delle pensioni e dei salari. La discussione con la Confindustria non ha fatto che riprendere queste tematiche e, come sempre, quando bisogna giungere ad un accordo ogni proposta di una parte deve trovare convergenze e mediazioni per essere accettata dall’altra parte. Proprio in quest’ottica è illogico negare che l’attuale documento, condiviso da Uil, Cisl e Confindustria, non vada in questo senso, sapendo che sono stati fatti tutti gli sforzi possibili per coinvolgere sul programma tutte le organizzazioni sindacali. Oltretutto quando si concordano regole e procedure che riguardano un assetto importante quale il sistema contrattuale è necessario coinvolgere tutte le parti e soprattutto quelle che hanno un ruolo. Questo perché più vi è consenso e più è facile far diventare le regole concordate norma generale. Ma è anche vero che non ci si può rassegnare ad un convenuto che dice sempre no a qualsiasi innovazione, per evitare di assumersi delle precise responsabilità.

Se si analizzano nel merito le linee guida per la riforma della contrattazione, condivise il 10 ottobre da Uil, Cisl e Confindustria, si può obiettivamente constatare come esse rappresentino un’importante innovazione ed una significativa evoluzione delle relazioni industriali nel nostro Paese, infatti, rispondono sia all’esigenza di migliorare i redditi dei lavoratori, sia alla necessità di definire nuove relazioni sindacali.

Esse sono denominate linee guida perché vi è l’intenzione di portarle all’esame delle altre parti datoriali, affinché possano adattarle alle loro specificità e del Governo, nella duplice veste di datore di lavoro e controparte, di modo che possa predisporre le misure fiscali a sostegno dei salari. Inoltre sono considerate una sperimentazione per i prossimi quattro anni e pertanto, alla luce delle risultanze nella fase della loro attuazione, possono essere modificate e migliorate, qualora fosse necessario.

I nuovi contratti dovranno avere una tempistica più realista con una scadenza triennale sia della parte normativa che economica, in tal modo viene superato l’attuale modello, nato in un momento in cui le priorità nazionali erano quelle di controllare salari, le tariffe ed i prezzi per permettere all’Italia di entrare in Europa e che quindi non consentiva di adeguare i salari alla reale inflazione il cui effetto è stato una perdita costante del potere di acquisto di salari, stipendi e pensioni.

Questi contratti si dovranno basare quindi su: l’individuazione di un nuovo indicatore revisionale dell’inflazione, che supera finalmente il riferimento all’inflazione programmata; il recupero di eventuali scostamenti entro la vigenza contrattuale; la copertura economica dei nuovi contratti dalla data di scadenza dei precedenti; la detassazione e la possibilità di allargamento della contrattazione aziendale e territoriale; l’individuazione di una garanzia retributiva per tutti i lavoratori che non avessero aumenti salariali oltre a quelli del contratto nazionale; la possibilità di allargare le esperienze della bilateralità sono tutti fatti postivi che, oggettivamente, non possono che essere riconosciuti. Questi miglioramenti, che rappresentano la nuova struttura contrattuale, obiettivamente ci fanno apparire inconsistenti tutte le critiche avanzate. Certo tutto è e può essere migliorato, ma la prassi consolidata è che quando si definisce un accordo non ci sono più margini per negoziare.

E avere delle regole, che tutelino i più deboli e rafforzino lo spirito della contrattazione, potrà esser una risposta appropriata a questo momento in cui la nuova, grave crisi economica internazionale e nazionale può innescare un metodo del “si salvi chi può”. Alla Catalano si può dire meglio averle che non averle! Se questo accordo, come noi auspichiamo, sarà definitivo, ci consentirà di chiedere al governo di allargare e rendere strutturale la detassazione del salario variabile innalzando a 35 mila euro il reddito di accesso al beneficio, estendendolo anche ai lavoratori pubblici. La Uil ritiene indispensabile un intervento immediato a supporto dei redditi da lavoro dipendente e da pensione attraverso la detassazione della prossima tredicesima, che incrementando i consumi darà un po’ di respiro ad un’auspicata ripresa dell’economia italiana. Per questo abbiamo ritenuto e riteniamo giusto aver condiviso le linee guida e per questo non riteniamo ragionevole la posizione di chi, pur avendo partecipato alla stesura di quelle linee, si chiama fuori. Ci sembra che ci si faccia prendere dai bizantinismi, se non si coglie a pieno le potenzialità di questo probabile accordo. Proseguire nel diritto di veto, nell’esprimere sempre no a qualsiasi innovazione non fa che aumentare l’emarginazione del sindacato in un momento difficile come questo. Per questo insisteremo per far sì che ogni interlocutore si assuma le proprie responsabilità, che si prosegua nel contrattare e di sottoscrivere accordi, che rappresenta il vero ruolo di un sindacato propositivo e non antagonista.

Tutto ciò sarà portato al vaglio dei lavoratori e siamo convinti che se sarà spiegato nei veri contenuti ci sarà un apprezzamento di tutto il mondo del lavoro.

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“Le Linee guida sono un’opportunità. Far crescere i salari significa immettere risorse nel sistema innescando un ciclo virtuoso”. Intervista al Segretario Generale della Uil Luigi Angeletti.

di Antonio Passaro

Angeletti, il 22 ottobre è stato “Uil-Day”. In contemporanea, in tutte le province italiane, si sono svolti i direttivi provinciali della tua Organizzazione sindacale. Si è trattato di 107 riunioni, per oltre 15.000 tra quadri e delegati, nel corso delle quali sono stati approfonditi i contenuti della Proposta di linee guida per la riforma della contrattazione collettiva. Ed è stata anche la prima volta in cui, nella stessa mattinata, ti sei potuto rivolgere all’insieme della tua Organizzazione, attraverso la Web tv della Uil. Un’importante innovazione…

Certo, un’innovazione importante per un momento importante. E’ stato varato un documento sulla riforma del sistema contrattuale, condiviso da Uil, Cisl e Confindustria, sui cui contenuti tutta l’Organizzazione doveva essere informata, nel dettaglio, per consentire ai nostri quadri e delegati di sostenere il merito della proposta in tutti i luoghi di lavoro. Abbiamo definito un percorso che, con questa prima intesa, ha già raggiunto un parziale ma decisivo traguardo. Ora bisogna proseguire per giungere ad un vero e proprio accordo con tutti i soggetti interessati che modifichi quella parte del Protocollo del 1993 superato dai fatti e dall’evoluzione storica ed economica. A questo proposito, abbiamo già avviato un confronto con la Confcommercio e nei prossimi giorni incontreremo anche le altre Associazioni datoriali ed il governo per condividere, con tutti, quelle necessarie modifiche del sistema contrattuale.

Al momento, sull’intesa non c’è la condivisione della Cgil. Pensi che questa grande Organizzazione sindacale possa cambiare opinione?

Noi abbiamo fatto un’intesa che migliorerà i salari sia a livello nazionale che aziendale. E’ stato un passo importante e necessario: senza questo accordo c’è il nulla, una giungla dove solo i più forti riuscirebbero a sopravvivere. Ma noi dobbiamo proteggere i redditi di milioni di lavoratori e vogliamo estendere questo nuovo modello all’universo delle imprese. Ecco perché proseguiamo sulla nostra strada e confidiamo sul fatto che anche una grande organizzazione sindacale come la Cgil finirà per condividere questo percorso. Per quanto ci riguarda, convinti della bontà del risultato che stiamo conseguendo, noi andremo avanti.

Ci puoi illustrare, in estrema sintesi, i contenuti di questo documento?

Intanto sono stati confermati e rafforzati entrambi i livelli contrattuali. A livello nazionale è stato definitivamente cancellata l’inflazione programmata e sostituita con un indice previsivo triennale, che verrà fissato da un ente terzo sulla base di valutazioni econometriche e non politiche. Ci sarà poi anche un recupero salariale che terrà conto degli scostamenti registrati nel triennio tra inflazione prevista e quella effettivamente determinatasi. Ma il fatto ancor più significativo è che gli aumenti contrattuali avranno effetto retroattivo e scatteranno dal primo giorno successivo alla scadenza del precedente contratto, a prescindere dunque dalla data del rinnovo. Per quel che riguarda, poi, la contrattazione integrativa, il nuovo modello è costruito in modo da realizzarne la sua capilarizzazione: chiederemo, infatti, al governo di rendere strutturali le agevolazioni fiscali per i premi di produttività. In ogni caso, è stato definito un elemento di garanzia retributiva, in forza del quale i contratti nazionali dovranno fissare un incremento a livello aziendale a favore di tutti quei lavoratori che non abbiano fatto contrattazione integrativa e abbiano avuto aumenti salariali solo dal contratto nazionale.

Hai parlato di cambiamento storico ed economico che richiede l’attuazione di un nuovo modello contrattuale. Vuoi spiegarci le ragioni di questa affermazione?

Il modello contrattuale costruito all’inizio degli anni Novanta è stato fondamentale per contribuire a risanare e a disinflazionare l’economia. Ma quel sistema, oggi, non risponde più alle nuove esigenze di rilancio e sviluppo e ha finito con il programmare una sistematica riduzione di salari e stipendi. Noi, invece, oggi, dobbiamo puntare alla crescita e perciò dobbiamo uscire dalla trappola di bassa produttività e bassi salari. Ecco perché bisogna costruire un nuovo modello contrattuale che determini la crescita dei salari reali. Ne ha bisogno la nostra stessa economia. Viviamo una fase di crisi dei consumi e di stagnazione della domanda interna: dobbiamo evitare la recessione. Far crescere i salari significa immettere risorse nel sistema innescando un ciclo virtuoso. E questo si può cominciare ad ottenere con un nuovo sistema contrattuale ma anche con la riduzione delle tasse sul lavoro.

Quest’ultimo è un altro punto qualificante della tua proposta…

Sì, bisogna agire sia sulla leva contrattuale che su quella fiscale: d’altronde, non credo che ci siano altre strade per fare crescere i salari dei lavoratori. Ecco perché proponiamo che siano ridotte le tasse sulla prossima tredicesima. In questo modo si realizza un intervento mirato a favore di salari, stipendi e pensioni e cioè di quei redditi che sono stati i più falcidiati, che stanno subendo le conseguenze della crisi economica e che, se adeguatamente sostenuti, potrebbero contribuire a rilanciare la stessa economia.

A proposito di contrattazione, è ancora aperta la partita per il rinnovo del contratto nel pubblico impiego. Anche se si può registrare un passo avanti…

Sì. Nei giorni scorsi il Ministero della funzione pubblica ha sottoposto all’attenzione dei sindacati un documento che la Uil ha giudicato valido per proseguire il confronto. Le categorie, dunque, dovrebbero fare la trattativa sulla base di questo elemento di novità, verificando se ci sono le condizioni per una conclusione della vertenza e per assicurare ai lavoratori del pubblico impiego un aumento degli stipendi.

Angeletti, un’ultima domanda, riservandoci prossimamente di entrare più nel dettaglio dell’argomento. Crisi finanziaria e dei mercati, rischi di recessione per l’economia: da più parti, giungono rivendicazioni e proposte. Tra le altre si è sentito parlare ancora una volta di rottamazione. Qual è il tuo parere?

Sostenere la rottamazione, oggi, sarebbe di scarsa efficacia: le imprese italiane hanno bisogno d’altro. Sarebbe meglio, ad esempio, incentivare la ricerca per ridurre i consumi energetici. A proposito poi della crisi, noi auspichiamo che il mondo delle banche faccia, con responsabilità ed impegno, la propria parte nel sistema, mantenendo le linee di finanziamento in particolare alle piccole e medie imprese. Il vero problema è garantire che ci sia una sufficiente liquidità, soprattutto nei prossimi mesi…

A questo proposito, il Presidente del consiglio ha annunciato un tavolo imprese – banche…

Credo che il governo convocherà anche noi, perché è in discussione una questione che attiene all’andamento dell’economia e delle imprese e che, dunque, riguarda anche i lavoratori.

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