Gimondi e il Cannibale
SETTEMBRE 2019
Agorà
Gimondi e il Cannibale
di   Domenico Proietti

 

Confesso che in diverse occasioni ho pensato, nel corso dei miei interventi in assemblee sindacali, di parlare della storia sportiva di Felice Gimondi. Poi non l’ho mai fatto per una sorta di pudore nei confronti di un grande campione. Lo faccio ora che ci ha lasciato, veloce, nel sole di Agosto. La storia sportiva di Gimondi è sempre stata per me un monumento alla virtù intesa nel senso classico del coraggio e racchiude una lezione di vita che tutti dovremmo prendere ad esempio. Gimondi sale alle cronache sportive nel 1965, quando a soli 22 anni vince inaspettatamente il Tour de France. Il ragazzo bergamasco non doveva partecipare a quel Tour ma, a seguito di una malattia di un compagno di squadra, si vede quasi costretto a correre per fare da gregario a Vittorio Adorni. “Fai la prima settimana e poi torni a casa”. Gli dice il direttore sportivo Luciano Pezzi. Invece nella prima settimana Gimondi prende la maglia gialla e la porta fino al Parc des Princes, a Parigi. Sconfigge, fra gli altri, un grande ciclista francese, Raymond Poulidor, passato alla storia come il francese che non riuscì mai a vincere il Tour. Da quel momento tutti gli sportivi giustamente salutano, nell’inattesa vittoria di Gimondi, la nascita di un grande campione. Fioccano i paragoni con il campionissimo Fausto Coppi.

 

In realtà l’esplosione di Gimondi non è casuale. L’anno prima, 1964, aveva vinto, sempre in Francia, il Tour de l’Avenir e sempre nel 1965 era giunto terzo al Giro d’Italia. Gli entusiasmi degli sportivi sono giustificati: vince il Giro d’Italia nel ’67, nel ’69, e nel 1966 la Vuelta. Nel 1966 vince la Parigi- Roubaix, il giro di Lombardia e la Parigi-Bruxelles. È Felix de Mondi, come lo chiamerà Gianni Brera con uno dei suoi folgoranti appellativi. I paragoni con il campionissimo sono quindi più che giustificati. Poi, come nei miti greci, accade qualcosa che si intreccerà indissolubilmente con la vita di Gimondi. La lotta, la competizione, non si estingue mai nella storia dell’uomo. Ogni eroe è destinato ad incontrare un antagonista che delimita le sue possibilità di farsi da solo il proprio destino. Gimondi trova sulla sua strada un giovane belga, Édouard Louis Joseph Merckx, meglio conosciuto come Eddy Merckx. È il Fato, appunto, come in una storia dei miti greci. Ed in effetti la storia di Gimondi e Merckx non ha nulla da invidiare a quelle storie. Se Merckx fosse nato 10 anni dopo o 10 anni prima la storia per Gimondi sarebbe stata diversa. Come canta Elio delle Storie Tese in una canzone a lui dedicata “Sono Felice Gimondi / lo so che non è facile nella vita scoprire che c’è anche Eddy Merckx”.

 

Tutti nella vita ci siamo trovati o ci troveremo da vanti un Eddy Merckx. Il giovane belga comincia a vincere tutte le corse e Gimondi arriva quasi sempre secondo. Il belga infatti non è un ciclista qualunque: è il più grande di tutti i tempi. “Ho impiegato 2 anni”, dirà Gimondi “per capire che Merckx era più forte.” In effetti è così. Merckx è fortissimo, vince 5 Tour de France, 5 Giri d’Italia, 1 Vuelta, 7 Milano- Sanremo, 3 Parigi-Roubaix e 4 Campionati del Mondo. A Merckx piace talmente vincere che non rinuncia a sprintare neanche per i traguardi volanti all’interno delle tappe dei grandi Giri, quelli nei quali magari in palio c’era un prosciutto. Niente calcolo, niente strategia, ma pura bramosia di vittoria, divorante: questo è “le Cannibale”. E con questo nome passerà alla storia. Gimondi prende atto di questa nuova situazione e continuerà a correre con forza e passione, collezionando una serie infinita di secondi posti. C’è una corsa che Gimondi non ha mai vinto: il Campionato del Mondo. È stato spesso protagonista di questa prova di un giorno ma è stato sempre battuto allo sprint da Merckx e da altri corridori.

 

Lo sprint era il vero tallone d’Achille di Gimondi: quante vittorie ha visto sfuggire per questo motivo sulla linea del traguardo. È il Mondiale del 1971 a Mendrisio, in Svizzera. Ho impresso nella memoria quel giorno. Merckx al solito stacca tutti tranne Gimondi. I due cominciano l’ultimo giro e Merckx ripetutamente allunga nel tentativo di arrivare solo al traguardo. Gimondi gli resiste ma viene ancora una volta battuto in volata. “Avevo male alle mascelle” dirà a fine gara, “tanto le avevo strette per non farmi staccare.”. Ancora la tenacia e il coraggio di Gimondi contro la voracità del Cannibale. Ma come nei miti greci, gli Dei si divertono a cambiare gli scenari e la storia contesa diventa lotta, per chi ha il coraggio di continuare a combattere. 2 settembre 1973, Mondiale su strada a Barcellona, sul circuito del Montjuic.

 

Ultimo giro, sono in fuga in quattro: Merckx, lo spagnolo Ocaña, il giovane Maertens e naturalmente Gimondi. Incollato al televisore in bianco e nero io penso che sarà un’altra volata impossibile da vincere perché oltre a Merckx c’è Maertens che è proprio un velocista. Ai 250 metri Gimondi parte con una volata lunga come fa di solito anticipando gli avversari che però puntualmente lo riprendono. Ma oggi il Fato ha deciso diversamente: né Maertens, né Ocaña, né Merckx riescono a superarlo. Gimondi resiste… Gimondi è Campione del Mondo. È giunto per lui il Kairos, il dio alato del tempo opportuno, l’occasione della vita, in cui la fatica e la fede nelle proprie risorse entra nella luce della vittoria. L’uomo che aveva vinto tutto a 22 anni e per i 10 successivi aveva subito lo strapotere di Merckx, torna sul podio più alto.

 

“Bisogna fare sempre il proprio dovere con impegno e determinazione” dirà anni dopo nei numerosi incontri che aveva nelle scuole italiane con i ragazzi “perché quando la fortuna passa devi farti trovare pronto come lo fui io a Barcellona nel mondiale del ‘73”. Sentimento questo colto perfettamente da Enrico Ruggeri in un’altra bella canzone a lui dedicata: “Non mi avrai / io non mi staccherò / guarda la tua ruota io ci sarò”. La storia sportiva di Gimondi non è finita. Inizia un’altra giovinezza. L’anno successivo, 1974, con la maglia iridata indosso trionfa alla Milano-Sanremo. Nel 1976, a 34 anni, vince il suo terzo giro d’Italia. Questa è la storia di Felice Gimondi. Una storia fatta di tenacia, di forza e determinazione. La storia di chi non si arrende mai alle difficoltà e grazie all’impegno supera tutte le avversità. La storia sportiva di Felice Gimondi è una parabola sulla vita da prendere ad esempio. È stata questa la virtù eroica di Gimondi, l’ispirazione che di lui resta a tutti noi.

 

Grazie del tuo esempio Felice, che ora corri sui Campi Elisi.

 

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