La Democrazia ha bisogno di verità (1974, cartello dopo la strage di Brescia)
GIUGNO 2019
Agorà
La Democrazia ha bisogno di verità (1974, cartello dopo la strage di Brescia)
di   Barbara Francia

 

 

La strage di piazza della Loggia, nel 1974, è stato un avvenimento drammatico che ha sconvolto e sconvolge ancora oggi la città di Brescia e l’Italia tutta. Il 28 maggio 1974, a Brescia, si stava svolgendo una manifestazione Unitaria Sindacale, quando, improvvisamente, scoppia una bomba a Piazza della Loggia. Non vi sono dubbi: si è trattato di una strage fascista. L’ordigno in piazza della Loggia non viene fatto esplodere casualmente, per colpire una moltitudine indiscriminata di persone, sulla falsa riga di quanto si era verificato alla Banca Nazionale dell’Agricoltura di Milano o successivamente alla stazione di Bologna. Al contrario, il vile attentato del 28 maggio 1974 è stato politico, ideologico, indirizzato a persone che manifestavano pacificamente contro il terrorismo nero, che stava mortificando e umiliando sempre più il nostro Paese. A riprova di ciò, è bene rammentare che la strage di Piazza della Loggia si è consumata pochi giorni dopo la vittoria dei “no” nel referendum sull’abrogazione del divorzio, riaprendo violentemente un periodo definito “strategia della tensione”, ovvero strategia di condizionamento del rapporto tra sistema politico  e ambientale sociale, iniziato con l’attentato di Piazza Fontana a Milano.
 
 
Le persone morte sono otto: Giulietta Banzi Bazoli di 34 anni, Livia Bottardi Milani di 32 anni, Clementina Calzari Trebeschi di 31anni, Euplo Natali di 69 anni, Luigi Pinto di 25 anni, Bartolomeo Talenti di 56 anni, Alberto Trebeschi di 37 anni, Vittorio Zambarda di 60 anni. Alcune delle vittime erano insegnanti, poi vi era un operaio e un ex partigiano. Erano tutti cittadini comuni, democratici, iscritti al Sindacato, persone che conducevano delle vite normali e che volevano un futuro migliore per loro stessi e per il Paese. Si è trattato di un rilevante atto terroristico, in grado di proiettare il suo peso sui principali eventi dell’agenda politica italiana, caricandoli di molteplici significati, generati dall’attentato criminale. Infatti, come noto, ogni attentato terroristico produce un effetto domino sulla scena pubblica che ne esce completamente reinterpretata. L’Italia del Secondo dopo guerra ha vissuto alcuni periodi complessi, in particolar modo, negli anni ‘70 e anni ‘80, quando, nel Paese, ha cominciato a diffondersi il terrorismo ideologico, basato su un progetto rivoluzionario, volto a sovvertire le autorità politiche e democratiche esistenti. In particolar modo, il periodo storico considerato è contrassegnato da movimenti ideologici di destra che hanno provocato stragi contro innocenti, al fine di delegittimare la democrazia, per instaurare regimi autoritari. Per i terroristi neri, le stragi diventano uno strumento di lotta politica per costringere lo Stato a far approvare leggi d’emergenza.
 
 
Al contrario, il terrorismo di ispirazione ideologica di sinistra ha indirizzato i suoi attentati prevalentemente contro coloro che venivano considerati come nemici del popolo o quantomeno ingranaggi del sistema di sfruttamento capitalistico. In ogni caso, sulla base di queste considerazioni, è bene procedere con un approfondimento che ci consente di comprendere meglio l’assetto politico e ideologico di quegli anni e quanto il terrorismo nero abbia danneggiato il nostro Paese.  Con la fine della seconda guerra mondiale, l’evoluzione della destra radicale, in Italia, è stata continua e incessante per un periodo di quasi quarant’anni. Il periodo storico che va dal 1945, al 1955, ha segnato il momento della riorganizzazione politica ed è stato contrassegnato da alcuni fenomeni importanti: la nascita di numerosi gruppi che reclamavano la possibilità di essere riconosciuti come eredi del regime fascista; e poi, su un piano più istituzionalizzato e organizzativo, la costituzione del Movimento Sociale Italiano, che si prefiggeva il compito di dare voce a coloro che si sentivano legati agli ideali del ventennio. È bene sottolineare che negli altri Paesi del mondo i fascisti venivano processati e, in alcune ipotesi, anche condannati a morte. Al contrario, in Italia, la riorganizzazione di movimenti e di gruppi di stampo fascista è stata veloce e poco contrastata. Tutto ciò si è verificato ed è stato possibile, poiché la crescita di questi nuovi gruppi è stata favorita dal ritorno al potere dei sostenitori del fascismo.
 
 
Era chiara la volontà di mantenere un filo conduttore con il regime fascista, così i gruppi sostenitori del regime sono tornati al potere, conquistando una posizione preminente. Naturalmente, tutto ciò non si è tradotto con il fatto che il fascismo stesse raggiungendo nuovamente il potere, perché la Repubblica italiana era nata sulla base di accordi fra i partiti fortemente e dichiaratamente antifascisti. L’antifascismo è stata la spinta necessaria mediante la quale, in Italia, si sono affermati, i valori e i principi della democrazia, che hanno condotto il Paese verso la modernità. Tuttavia, molti militanti ed ex gerarchi fascisti, negli anni successivi alla fine della guerra, sono stati ufficialmente riammessi nella gestione dello Stato, riaffacciandosi nello scenario politico già nei primi anni quaranta, cercando di darsi una nuova organizzazione comune, al fine di ricostruire la destra estrema. In tal senso, Il MSI è intervenuto con lo scopo di dare ordine a tale caos politico, facendo in modo che i movimenti estremisti che non si riconoscevano negli ideali parlamentari della repubblica, si allontanassero, costruendo così i gruppi extraparlamentari che hanno dominato la scena nei decenni successivi. In quegli anni, coloro i quali erano fortemente affascinati della cultura politica di destra erano, prevalentemente, i giovani appartenenti alle classi medio-borghesi, che nutrivano un sentimento di disprezzo per la noiosa realtà democratica e che condividevano i valori del nazionalismo.
 
 
L’estrema destra ha avuto la capacità di esercitare una forte influenza sui giovani, infatti negli anni’ 60 e anni’ 70 hanno avuto grande successo le organizzazioni studentesche filofasciste, nate spontaneamente al fianco del MSI. In sostanza, si trattava di organizzazioni forti, violente, le cui azioni venivano condannate in pubblico dal MSI, che prendeva le distanze da questi movimenti studenteschi, ma, a livello privato, i militanti erano spronati dal partito ad insistere. Ordine Nuovo e Avanguardia Nazionale sono la manifestazione dell’impossibilità per il Movimento Sociale di controllare l’area politica più estrema, squadrista ed eversiva. Gli anni’60, in Italia, sono stati un periodo di grandi cambiamenti economici, sociali e culturali. Tuttavia, per quanto il sistema economico italiano, per effetto di una forte domanda internazionale di beni e una ampia disponibilità di forza lavoro, si stesse sviluppando sempre di più, garantendo un forte aumento del Pil, la politica non stava attuando le riforme strutturali necessarie né stava cambiando la direzione generale dell’economia, rendendo così insoddisfatta la maggior parte della popolazione. Il potere politico apparteneva alla medesima classe dirigente e la sinistra aveva disatteso le speranze dei cittadini e dei lavoratori. Pertanto, il malcontento nel Paese era forte e le lotte studentesche e le manifestazioni di protesta operaie erano continue. Anche gli scioperi divenivano sempre più frequenti e in molti casi degeneravano in veri e propri scontri con le forze dell’ordine, causando vittime ed arresti.
 
 
Così il nostro Paese veniva coinvolto in un forte clima di tensione politica, a causa del quale cominciavano a divenire frequenti gli attentati terroristici di natura politica, simbolo ed emblema soprattutto delle lotte neofasciste. Assieme alla stage di Piazza della Loggia, nel 1969, si è verificato un primo drammatico episodio, frutto della forte tensione politica in cui versava l’Italia: la strage di Piazza Fontana a Milano. Il 12 dicembre di quell’anno è stata fatta esplodere una bomba nella sede della Banca nazionale dell’Agricoltura in Piazza Fontana, contemporaneamente ad altre tre a Roma, una in un’agenzia della Banca Nazionale del Lavoro e altre due presso l’Altare della Patria. Una quinta bomba è rimasta inesplosa in Piazza della Scala, a Milano, nella filiale della Banca Commerciale Italiana. Il bilancio totale della giornata di attentati è stato di sedici morti, tutti a Piazza Fontana e centocinque feriti. Il sincronismo/simultaneità delle esplosioni, i materiali e le tecniche adottate hanno fatto pensare immediatamente ad unico disegno criminale. Inaspettatamente, in un primo momento, le indagini sono state indirizzate verso la sinistra, tanto che sono stati arrestati ventisette militanti di sinistra. Solo in un secondo momento ha cominciato ad aprirsi la pista nera, quando le indagini si sono rivolte nei confronti della destra radicale. Gli anni ’70 sono stati caratterizzati dalla strategia della tensione, un periodo di inquietudine, di pericolo, contrassegnato da un’intensa attività terroristica dell’estrema destra: la strage di Piazza Fontana, l’attentato al treno Genova-Ventimiglia, la strage di Peteano, la strage piazza della Loggia, l’attentato al treno italicus, la strage di Bologna. Si è trattato di tutti attentanti posti in essere dalla destra radicale, che, da un lato, temeva costantemente che la destra scomparisse dall’assetto politico italiano e dall’altro voleva fronteggiare la minaccia a sinistra. Pertanto, per ovviare tali problemi, la destra estremista reagiva con la violenza, al fine di sovvertire l’ordinamento democratico.
 
 
La strategia della tensione agiva attraverso la guerra non ortodossa sul fronte dell’azione e mediante la guerra psicologica per il resoconto dell’azione. Così l’uso sistematico del terrorismo indiscriminato diventava una scelta diffusa e condivisa dai militanti dei gruppi radicali. In quegli anni si è potuto assistere ad una escalation di male e negatività, attraverso violenti episodi terroristici. L’attentato di Piazza della Loggia, verificatosi alle ore 10 12 del 28 maggio 1974, è stato un evento particolarmente drammatico e cruento, poiché si è tradotto in una manifestazione simbolica di un’estrema violenza politica, rivolta verso coloro che manifestavano contro il terrorismo neofascista. Non a caso, la manifestazione di quel 28 maggio 1974 era stata indetta dai sindacati e dal Comitato Antifascista. Il Consiglio generale Cgil-Cisl-Uil di Brescia, dopo alcune discussioni col Questore, aveva deciso di indire una manifestazione antifascista la mattina del 28 maggio 1974, con astensione dal lavoro di quattro ore. Durante la manifestazione in piazza della Loggia, avrebbero preso la parola sindacalisti ed esponenti delle forze politiche bresciane. La mattina del 28 maggio era fredda e piovosa.
 
 
I manifestanti non erano moltissimi a causa della pioggia. Gianni Panella introduce gli oratori, Franco Castrezzati a nome della Federazione Unitaria Cgil-Cisl-Uil e Adelio Terraroli, deputato del Pci, per il Comitato antifascista. Alle ore 10.12 Franco Castrezzati interviene, prendendo la parola sul palco, facendo un interessante discorso sulla violenza che vedeva coinvolta l’Italia di quegli anni. All’improvviso la voce di Castrezzati viene rotta dall’esplosione di una bomba che causa la morte di otto persone e un centinaio di feriti. La scena è terribile. La piazza è lastricata di corpi inermi. L’attentato ha spezzato vite, sogni, speranze di chi manifestava liberamente e pacificamente. Ancora oggi il ricordo di quella tragica mattina è vivo nella mente e nel cuore delle persone che hanno vissuto il rumore assordante dell’esplosione. L’atmosfera della città di Brescia, dopo l’attentato diviene angosciante, pertanto, era forte la voglia di rispondere all’ignobile attentato fascista. Tuttavia, grazie all’azione del Sindacato, la risposta  dei lavoratori, degli operai, così come la mobilitazione popolare che segue l’attentato, data  dall’occupazione delle fabbriche e della città, il presidio democratico, hanno costituito una straordinaria dimostrazione di democrazia e di civiltà attraverso cui la città di Brescia ha risposto alla strage.  La mobilitazione successiva alla strage di Piazza della Loggia ha rappresentato un punto di riferimento politico della lotta antifascista nazionale. Infatti, il 28 maggio 1974 è stato uno spartiacque per la città, non solo per quanto riguarda la lotta antifascista ma soprattutto nel rapporto tra cittadini e istituzioni. In tal senso, il ruolo del Sindacato, in quegli anni, è stato essenziale. Il Sindacato ha mostrato grande capacità nel contrastare efficacemente la strategia della tensione ed in particolar modo nel contrastare gli strateghi della tensione, che si proponevano di provocare reazioni agli atti da loro ideati, così da determinare un forte spostamento di consensi verso i partiti fautori dell’ordine o di nuove forme istituzionali. Infatti, la strategia della tensione è stata impiegata prevalentemente contro il Partito Comunista, contro il Partito Socialista, contro i Sindacati, i movimenti sorti dal ’68 studentesco e le forze di centro sinistra.
 
 
Per questa ragione, La UIL e il Sindacato tutto hanno sempre mostrato grande preoccupazione nei confronti delle crescenti provocazioni squadriste negli anni’70. Pertanto, la Federazione CGIL CISL UIL è sempre scesa in campo per tutelare le idee di libertà, di democrazia e per tutelare i lavoratori, i cittadini onesti. Il Sindacato negli anni ‘70 è stato un forte presidio di democrazia, che ha combattuto aspramente la destra radicale, i terrorismi e i sovvertitori dell’ordine democratico, facendo fallire gli obiettivi che gli strateghi della tensione si erano proposti, come quello di annientare la volontà della popolazione o causare la ribellione violenta della sinistra. CGIL CSIL UIL hanno sempre avuto a cuore le libertà e le condizioni economico-sociali dei cittadini, ed ancora oggi, in chiave moderna, svolgono l’importante funzione di garanti della democrazia. Come noto, negli ultimi anni, in molti paesi d’Europa, si stanno sviluppando populismi, tendenze nazionaliste, xenofobe ed etnocentriche, spesso presentate come soluzioni per tutelare e recuperare le identità tradizionali dei Paesi. Al giorno d’oggi, la grave crisi economica che ha colpito il mondo occidentale nell’ultimo decennio, ha rafforzato queste pericolose idee. Pertanto, le idee illiberali e populiste, la crisi della democrazia, il dissesto economico globale e la globalizzazione richiedono un intervento efficace del Sindacato, o meglio la costruzione di un vero e proprio Sindacato confederale europeo e mondiale. Per garantire rispetto all’ordinamento democratico del nostro Paese e dell’Europa, per combattere i fascismi, apprestando tutela al mondo democratico ricevuto in sorte, mai come in questo momento, è forte l’esigenza di costruire un Sindacato Confederale europeo, che sappia coniugare gli interessi dei lavoratori con la visione generale del Paese.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
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