Antonio Messia: addio amico mio
MAGGIO 2019
Il ricordo
Antonio Messia: addio amico mio
di   Antonio Passaro
Non è vero che Antonio Messia non c’è più. Una comune amica mi ha confidato che quando ha letto la notizia sui social, di primo acchito, ha pensato a una boutade teatrale, a una messinscena orchestrata per quella sua irriverente voglia di stupire. E io, da un momento all’altro, mi aspetto di sentirne la voce, in lontananza, con quel suo tono di sfida perenne, di sfottò perpetuo. Non ci si crede che sia potuto andare via, così, per sempre. Perché ci sono persone che, per il loro essere, te le immagini inossidabili, eterne, che possano prendersi gioco persino della morte.

Antonio aveva un carattere esplosivo, eccezionale, ma difficile e spigoloso. Non tutti e non sempre gradivano la sua esuberanza. Ma era di una simpatia travolgente, di un’intelligenza brillante e, soprattutto, di una generosità sconfinata, attratto dai più deboli e attento alle persone in difficoltà. Quando nel 1990, approdai alla sede nazionale della Uilm di Corso Trieste, lui era già lì da qualche anno. Io ero un ragazzo timidissimo e ansioso. Mi notò subito e mi offrì la sua amicizia. Da qual momento abbiamo lavorato insieme per 24 anni, inseparabili. “Facemmo invidia al mondo”, diceva una canzone di Claudio Baglioni per sottolineare quanta forza possa sprigionare l’unità d’intenti in un rapporto d’amore, ma, io aggiungo, anche tra due amici. Ci chiamavano “i due Antoni”, indicibilmente diversi quanto indissolubilmente legati. Agli antipodi, come Jack Lemmon e Walter Matthau nel film “La strana coppia”, eppure sempre l’uno accanto all’altro. Ci confidavamo tanto, abbiamo condiviso molto. Nel mondo metalmeccanico, Antonio era un personaggio. In quegli anni, si occupava di formazione e girava in tutti i territori. Migliaia di delegati hanno ricevuto, da lui e dagli esperti che coinvolgeva, gli elementi di conoscenza necessari a svolgere il loro compito di rappresentanza nei luoghi di lavoro.

Oggi, molti di loro sono dirigenti sindacali e stanno dando continuità e attuazione ai suoi insegnamenti. Poi arrivò anche un altro incarico: la responsabilità del settore elettrodomestici e, in particolare, del Gruppo Zanussi. E in quella veste fu uno degli indiscussi protagonisti della storica stagione della partecipazione che portò alla ribalta della cronaca una forma di cogestione avanzatissima per la realtà industriale italiana dell’epoca, ancora così intrisa di conflittualità. Insieme, abbiamo lavorato con e per Luigi Angeletti, quasi dieci anni. E quando Luigi è diventato Segretario generale della Uil era naturale che lo seguissimo a via Lucullo. Fui io per primo a fare questo passaggio. Lui restò in categoria. C’era una suggestione, un’idea, forse persino un progetto: si pensò a un percorso che avrebbe potuto portarlo, se non al vertice, quantomeno nella Segreteria dei metalmeccanici. Io ne ero convinto. Non maturarono le condizioni, però. E dopo poco, io stesso lo misi di fronte alla realtà dei fatti: era giunto anche per lui il tempo di fare il salto in Confederazione. Si ricostituì, così, il trio Angeletti, Messia, Passaro: lui capo della Segreteria generale, io portavoce del Segretario e capo ufficio stampa. In virtù della sua esperienza e competenza, gli fu attribuita anche la responsabilità di seguire gli Enti di formazione, e in Fondimpresa ricoprì la carica di vice Presidente. Ci vorrebbe un libro per raccontare quegli anni e le tante esperienze convissute. E alcuni li abbiamo scritti insieme, su alcune vicende politico-sindacali. Week-end e notti trascorsi a pensare, discutere, litigare. Dio mio, quanti litigi!…Jack Lemmon e Walter Matthau… poi, però, passava tutto e i risultati si vedevano. Così come si videro con l’idea che ebbe, semplice e geniale, di dare vita a una web tv della Uil. Antonio era consapevole che per realizzare quel progetto avrebbe dovuto e potuto contare su di me.

Me lo propose e, come al solito, perfezionista e pignolo come sono, io ne intravedevo e ne soppesavo più le difficoltà e le occasioni di conflitto che non le opportunità e i possibili successi. Mi feci convincere, alla fine, e così progettammo e fondammo insieme la prima internet television sindacale. La realizzammo con l’indispensabile aiuto dei nostri collaboratori e amici: Maria Lerario e Stefania Maggio, innanzitutto; e poi, Alessandro Sessa, Alessandro Mancini, Donatella Querci, Lorenzo Messia, Edoardo Conti, Fabrizio Croce; e ancora, Sebastiano Cannavò, Marco Michisanti, Stefano Seguino, Alessandro Galliani, Mauro Celli. E altri ce ne sono stati che contribuirono, magari per poco, alla realizzazione di un progetto che vive tutt’oggi, mutato, ma ancora impregnato del suo spirito e della sua vitalità. La Uilwebtv è stata una sua creatura, era la proiezione del suo “io” immaginifico. E gli diede la possibilità di dare voce anche alle sue esperienze di sincretismo e contaminazione tra Sindacato, teatro, spettacolo e impegno sociale. Quella più esaltante è stata sicuramente l’attività con il Teatro Patologico, luogo in cui le diverse abilità di tante e tanti giovani vengono esaltate nella realizzazione di iniziative e spettacoli coinvolgenti che, per anni e fino a pochi mesi fa, Antonio ha sostenuto e contribuito a realizzare.

Già all’epoca, volle creare uno spazio specifico, all’interno della nostra Tv, dedicato a queste esperienze così particolari, alcune persino mistico-meditative come quella intensissima che visse con il famoso psicoterapeuta Claudio Naranjo e che contribuirono anche a far conoscere la Uil e la sua modernità a mondi e realtà da noi lontane ed estranee. Poi, la vita ti porta per strade che non ti aspetti. Finito il suo mandato di Segretario generale, Angeletti fu nominato capo dell’Ufficio studi della Uil: Messia ne divenne il Direttore generale e dovette abbandonare la Uilwebtv. I due incarichi non potevano coesistere. Dopo 24 anni, si interrompeva uno storico sodalizio. Fu un trauma. Separati sul lavoro, impegnati più di prima nelle nostre rispettive attività, anche i rapporti personali divennero più radi. Nello scorso mese di marzo, mise in scena al Teatro patologico un suo grande lavoro. Mi invitò. Io avevo già preso un impegno con un amico di famiglia, ma ebbi come un sussulto: diedi disdetta dell’appuntamento e andai a vedere la rappresentazione di cui era autore e protagonista Antonio.

Oggi, accaduta la disgrazia, ringrazio Dio di aver fatto quella scelta. Mi resterà così, per sempre, nella mente, quell’ultimo bel momento, la forza prorompente del suo impegno sociale, la sua capacità di essere un artista. Così come lo è stato nel suo impegno sindacale. Sì, Antonio era un artista del Sindacato. In tutti ha lasciato un ricordo che ciascuno di noi custodisce nel proprio cuore. Mi ha voluto bene, mi ha fatto del bene. È stato il mio mentore, ha creduto in me e mi ha spronato a crescere. Anche gli scontri e le incomprensioni hanno avuto un valore educativo. Nel 2012, ha voluto scrivere una sua postfazione a un mio libro: l’ho riletta in questi giorni con le lacrime agli occhi per le belle cose che mi ha detto. Di recente l’ho sognato: mi ha preso in giro - allora, era proprio lui! - e poi ci siamo abbracciati. Con lui se n’è andato un pezzo della mia vita. Farò di tutto perché continui a vivere in ciò che ha seminato.

Addio, amico mio.
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