Il Lavoro attraverso le piattaforme digitali: esperienze a confronto con il progetto «Don’t GIG-UP!»
APRILE 2019
Sindacale
Il Lavoro attraverso le piattaforme digitali: esperienze a confronto con il progetto «Don’t GIG-UP!»
di   Ivana Veronese

 

Siamo sempre più portati a utilizzare nella vita di tutti i giorni termini anglofoni che diventano di uso comune e accreditato. Negli ultimi anni questa tendenza sta investendo anche il mondo del lavoro: è accaduto con una delle espressioni anglofone più conosciute che va sotto il termine di “flexicurity” fino a giungere al più recente titolo utilizzato per la riforma del lavoro del 2015, il c.d. “Jobs Act”. Sulla scia di tale cambiamento terminologico, occorre sicuramente menzionare la neo espressione “Gig Economy” che, entrata a far parte del moderno lessico lavoristico da pochissimi anni, rappresenta un nuovo modello di organizzazione del lavoro quale effetto della globalizzazione e dell’incessante evoluzione tecnologica. Il concetto di “luogo” di svolgimento della prestazione lavorativa come tradizionalmente inteso (fabbrica, ufficio, etc.) viene in parte smaterializzato con l’avvento di nuove tecnologie digitali: le “APP”. Anche il concetto di “spazio” diventa evanescente. Si può, ad esempio, acquistare un prodotto dall’altra parte del mondo in tempi e con costi ridotti, così come si può svolgere una prestazione lavorativa per un committente lontano dalla nostra sede operativa. Viviamo, infatti, sempre più in un mondo dove la produzione è personalizzata, adeguandosi alle richieste e ai tempi del committente e del consumatore finale, con l’effetto di un aumento della produzione su domanda. E, tranne in pochi campi, non esiste settore economico e professionale non ricompreso in tale trasformazione del lavoro. Quello del digitale è un universo sempre più fiorente di nuove e varie tipologie di piattaforme digitali, commerciale di beni o servizi, altre che incrociano domanda ed offerta di lavoro. Un luogo virtuale dentro il quale avvengono transazioni commerciali e si instaurano rapporti di lavoro.

 

È diventato sempre più consueto acquistare on-line un prodotto, servendosi ad esempio della piattaforma Amazon, oppure servirsi di una app per la domiciliazione di pasti, grazie alle corse, non senza pericolo, dei riders. Questi sono solo alcuni degli esempi, forse i più conosciuti, in tema di gig-economy. Ma dietro a questo nuovo spaccato del mondo del lavoro, vi è un’occupazione con scarsi diritti e tutele, a basso costo, difficile da statisticare quantitativamente e non facilmente raggiungibile da chi, come il Sindacato, potrebbe rappresentarla.  Il Sindacato in questa fase di traro, non è un osservatore esterno, bensì parte attiva e propositiva. E poiché quello del lavoro su piattaforma è un fenomeno senza confini territoriali, ma poliedrico e con diverse sfaccettature tra Stato e Stato, come UIL abbiamo deciso di aderire come partner ad un progetto europeo dal titolo “Don’t GIG-UP!”, partito agli inizi di quest’anno, con durata biennale. Il progetto, che vede come capofila la Fondazione Brodolini, coinvolge partner di 4 Paesi: UIL e Fondazione Brodolini per l’Italia, IRES (Istituto delle ricerche economiche e sociali) per la Francia, UGT (Unión General de Trabajadores) per la Spagna e IPA (Foundation Institute of Public Affairs) per la Polonia.

 

La finalità principale del progetto è quella di migliorare le competenze e le conoscenze sul ruolo che i sindacati ed il dialogo sociale possono svolgere per quanto riguarda la protezione dei gig-workers. Il percorso progettuale parte dall’analisi e confronto delle principali piattaforme digitali attive nei diversi Stati interessati dalla ricerca e dal dibattito politico, sociale e sindacale sulla gig economy e sulla protezione sociale dei gig workers. Fondamentale, da questo punto di vista, l’apporto dei Reports nazionali afferenti a come ogni singolo Paese sta affrontando la questione e quali sono le azioni, politiche e best practices attivate e proposte dal Sindacato per raggiungere e tutelare i lavoratori delle piattaforme digitali. Chiaramente, per quanto riguarda l’Italia, è stata inclusa nel Report la nostra partecipazione al Tavolo aperto dal Governo sui Riders al fine di discutere, riflettere e regolare contrattualmente questi lavoratori, nonché alcune best practices avviate da alcune categorie (Uil Trasporti e Uiltucs) e territori della nostra Organizzazione.

 

A questi primi steps ne seguiranno altri, poiché il progetto è molto ampio e articolato, con degli obiettivi che possono essere così sintetizzati:

 

 

Studiare, capire e confrontare le varie modalità di organizzazione del lavoro che si celano dietro il termine gig-economy, ci permette, come Sindacato, di comprendere quali siano i reali bisogni e le necessarie tutele delle lavoratrici e lavoratori che vi operano.  La UIL, attenta da qualche anno a tale nuova realtà, solleva soprattutto due questioni dirimenti sul tema delle piattaforme digitali: a) rendere trasparenti le transazioni commerciali e lavorative che avvengono in questo mondo virtuale, ma che hanno inevitabili ricadute reali, quale il rischio di evasione fiscale e contributiva; b) garantire tutele e diritti alle tante lavoratrici e lavoratori che operano attraverso le piattaforme digitali.

 

Rispetto al primo aspetto, che non dovrebbe essere trascurabile dal momento che dal corretto e trasparente versamento del gettito fiscale dipende la sostenibilità del nostro welfare ed il contrasto all’evasione fiscale, sembra, purtroppo, esserci una totale assenza di considerazione.

 

Sul tema dei diritti e tutele dell’occupazione che presta la propria attività lavorativa dietro e per le piattaforme digitali, come Sindacato siamo preoccupati dell’assenza di forme di controllo e di una regolamentazione del fenomeno che sta creando un’occupazione invisibile dal punto di vista amministrativo, a basso costo e difficilmente raggiungibile. Crediamo che questo progetto europeo possa costituire e costruire una base di partenza condivisa per affrontare queste problematicità della nuova organizzazione del lavoro basata sul digitale. A chiusura di questo articolo, riteniamo che non possa e non debba essere sottovalutato il forte contributo della CES su questa tematica. Il 16 aprile, infatti, il Parlamento Europeo ha approvato una direttiva, fortemente supportata dalla CES, su condizioni di lavoro trasparenti per tutti i lavoratori, indipendentemente dalla natura del rapporto di lavoro instaurato, inclusi coloro che operano e lavorano attraverso e per le piattaforme digitali. Questo documento costituirà, a livello europeo, una base di conoscenza di quali sono i diritti e le tutele nel momento in cui viene instaurato un rapporto di lavoro.

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