(redazionale) Le tre grandi confederazioni sindacali CGIL, CISL e UIL hanno diffuso un documento unitario di osservazioni ai rapporti trasmessi dal Governo all’Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL) sulle Convenzioni n. 29 del 1930 e n. 105 del 1957, che riguardano il lavoro forzato e la sua abolizione.
Il commento è in risposta ai rapporti annuali redatti dal Governo italiano ed indirizzati all’Organizzazione Internazionale del Lavoro in materia di contrasto ad ogni forma di lavoro forzato (ex art 22 della costituzione dell’OIL). Nel testo, i sindacati accolgono con favore la trasmissione dei rapporti, ma evidenziano una lunga serie di criticità strutturali che continuano a limitare la piena tutela della libertà e della dignità del lavoro in Italia. Al centro della denuncia vi è la condizione dei detenuti e degli ex detenuti, per i quali - sottolineano CGIL, CISL e UIL - gli incentivi fiscali e contributivi alle imprese non possono rappresentare l’unica risposta possibile per favorire il reinserimento sociale e lavorativo. Le confederazioni mettono in guardia dal rischio che questi strumenti diventino canali di lavoro sottopagato o precario, privi delle garanzie previste dai contratti collettivi nazionali.
Il reinserimento, spiegano, deve fondarsi su percorsi dignitosi e contrattualmente tutelati, accompagnati da interventi integrati sul piano abitativo, formativo e sociale. Sul fronte culturale e sociale, il documento richiama la persistenza di pregiudizi e stigma che ostacolano la piena accettazione delle persone provenienti dal sistema penitenziario. Per superare tali barriere, i sindacati propongono una presa in carico multidimensionale e coordinata da parte delle strutture pubbliche: dai centri per l’impiego agli enti locali, fino al sistema penitenziario. Solo un approccio integrato - sostengono - potrà contribuire a realizzare l’obiettivo strategico della “recidiva zero”. Le confederazioni segnalano inoltre una grave discriminazione amministrativa: la reiezione da parte dell’INPS delle domande di NASpI presentate da persone detenute che hanno svolto attività lavorativa intramuraria. Una prassi che costringe i richiedenti a ricorrere in via amministrativa, e che, secondo i sindacati, deve essere corretta con un intervento normativo urgente. Nella seconda parte del commento, dedicata alla Convenzione n. 105, l’attenzione si sposta sul fenomeno del lavoro sommerso, dello sfruttamento e del caporalato. CGIL, CISL e UIL chiedono di ampliare l’analisi alle forme di coercizione economico-sociale che, pur non configurandosi formalmente come lavoro forzato, limitano gravemente la libertà contrattuale dei lavoratori. Settori come agricoltura, logistica, assistenza familiare e servizi restano terreno fertile per il lavoro nero, la precarietà e la ricattabilità.
I sindacati riconoscono alcuni progressi, come l’istituzione del Sistema informativo per la lotta al caporalato e il potenziamento del personale ispettivo presso INL, INPS e INAIL, ma denunciano la persistente carenza di organici, la frammentazione territoriale e la lentezza della giustizia. “Un sistema che individua le violazioni ma fatica a sanzionarle con tempestività”, scrivono. Da qui l’appello a un rafforzamento del dialogo sociale e della contrattazione collettiva come strumenti centrali per la prevenzione e il contrasto dello sfruttamento. Le parti sociali, sostengono, devono essere coinvolte in modo strutturato sia nella progettazione delle politiche pubbliche sia nel loro monitoraggio. Infine, CGIL, CISL e UIL propongono la costruzione di un sistema nazionale di tutela e presa in carico delle vittime di sfruttamento, con livelli essenziali di prestazione garantiti su tutto il territorio. Serve, concludono, un impegno concreto per promuovere una cultura della legalità e del lavoro dignitoso, accompagnato da strumenti normativi più efficaci: aggravanti specifiche per il reato di caporalato, migliori garanzie per le vittime e percorsi reali di inclusione sociale. Un messaggio forte e unitario, quello dei sindacati, che richiama il Paese a una responsabilità collettiva: quella di rendere la libertà e la dignità del lavoro non solo un principio, ma una realtà effettiva per tutti.


