Ivana VERONESE: comunicato Stampa del 21/11/2018
Programmazione dei flussi di ingresso di lavoratori non comunitari per l’anno 2019
Programmazione dei flussi di ingresso di lavoratori non comunitari per l’anno 2019
21/11/2018  | Sindacato.  

 

Lo scorso 13 novembre - nell’ambito delle previste consultazioni istituzionali con le Amministrazioni interessate promosse dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri ai fini dell’emanazione del decreto flussi d’ingresso di lavoratori non comunitari 2019 – il Dipartimento Immigrazione del Ministero del Lavoro ha coordinato un tavolo di consultazione con le organizzazioni datoriali e sindacali al fine raccogliere riflessioni e proposte. Per il Ministero era presente la Direttrice del Dipartimento Immigrazione dello stesso Ministero, con alcuni dirigenti. Per le tre confederazioni sindacali erano presenti Kurosh Danesh (Cgil), Liliana Ocmin e Enrico Di Biasi (Cisl), Giuseppe Casucci (Uil). Presenti altri esponenti delle parti sociali così come riportato di seguito.

 

A premessa dell’incontro, Tatiana Esposito, responsabile della direzione generale dell’immigrazione e delle politiche di integrazione del Ministero del Lavoro, ha anticipato che l’orientamento è quello di riproporre un decreto flussi con quote d’ingresso in linea con quelle dello scorso anno (circa 30 mila, tra ingressi stagionali e conversioni).

 

La valutazione che sarà fatta, anche dopo aver ascoltato le parti datoriali e sindacali -  ha espresso la direttrice - è valutare la ripartizione delle quote tra le varie tipologie già previste (stagionali, stagionali pluriennali, autonomi le varie tipologie di conversioni, ecc).

 

Ha iniziato il giro degli interventi, Giuseppe Casucci  – Coordinatore nazionale del Dipartimento Politiche Migratorie Uil - che ha espresso osservazioni di carattere generale ponendo l’accento sulla crisi demografica che il nostro Paese già vive e rischia di dover affrontare sarà nei prossimi decenni. L’oratore ha rimarcato “l’assenza di visione da parte dell’Esecutivo che non investe, né sul lato dell’aiuto alle famiglie italiane, né su quello della programmazione di ingressi regolari per lavoro a vari livelli di qualificazione”. “L’Italia – ha detto Casucci – perde ogni anno pezzi di popolazione, sia a causa del drastico calo delle nascite, sia per effetto della costante emigrazione di italiani e stranieri alla ricerca di lavoro in altri Paesi, che dura da quasi dieci anni. “Se non c’è una inversione di tendenza -ha affermato l’esponente UIL - le conseguenze saranno quelle di un calo drastico della popolazione e -  prevedibilmente – di una forte carenza di specifiche figure professionali. A questo scenario preoccupante, l’Esecutivo purtroppo si approccia (come si registra con gli ultimi provvedimenti) in modo esclusivamente securitario. Manca una politica di programmazione di flussi regolari d’ingresso, di qualità e in risposta alle necessità reali di manodopera. “A distanza di otto anni – secondo l’analisi UIL - il decreto flussi per ingresso di lavoratori a tempo indeterminato rimane bloccato. Questo ha azzerato gli accordi presi in precedenza con i Paesi di origine e transito dei migranti per combattere il traffico delle persone. Inoltre la virtuale chiusura degli ingressi regolari per lavoro nel nostro Paese ha solo favorito la mafia degli scafisti, l’ingresso via mare di centinaia di migliaia di migranti e profughi (spesso a rischio della vita). Con effetti di dumping lavorativo e crescita dell’economia sommersa con gravi forme di sfruttamento delle persone.

 

Pertanto è fondamentale che si affronti con maggiore lungimiranza il tema dell’immigrazione in rapporto anche alle necessità del mondo del lavoro”.

 

Casucci ha concluso il suo intervento anticipando l’intenzione delle tre confederazioni di scrivere al Governo con la richiesta formale di riaprire i canali legali d’ingresso per lavoro e corridoi umanitari per i richiedenti asilo.

 

Subito dopo ha preso la parola Liliana Ocmin - responsabile politiche migratorie, donne e giovani – della Cisl secondo cui  il   problema del nostro Paese è l’alto numero di lavoratori irregolari che alimentano sacche di esclusione, sfruttamento con derive di quasi schiavitù.

 

“Mancano canali di ingresso regolari - ha proseguito la Ocmin - e queste condizioni determinano fattori di dumping lavorativo, di concorrenza sleale che danneggia la parte sana del mondo produttivo.  

 

Crediamo che sia giunto il momento - ha continuato Ocmin - di richiedere un sistema di programmazione dei flussi che sia più aderente alla realtà del Paese. Non sappiamo se ci siano le condizioni per ipotizzare una regolarizzazione, ovvero pensare a percorsi di regolarizzazione per chi è già presente nel nostro territorio . Alcuni settori, come quello della cura e assistenza degli anziani pongono però in modo forte questa criticità che richiede una soluzione, consci e consapevoli della delicatezza del problema.

 

Contestualmente bisogna continuare a insistere sulle esperienze di ingresso attraverso i corridoi umanitari, senza tralasciare politiche di equa e sostenibile integrazione territoriale attraverso percorsi di integrazione socio lavorativa che ovviamente passino dalle capacità di assorbimento del mercato del lavoro.

 

Un non governo delle problematiche e una non gestione programmata e lungimirante può far scaturire rigurgiti razzisti e xenofobi; pertanto i problemi non si risolvono alzando i muri, chiudendo gli ingressi regolari. Bisogna agire con lungimiranza in modo ampio, anche perché l’immigrazione riguarda chi viene ma anche molti giovani italiani che vanno all’estero.

 

Quindi c’è un fabbisogno non solo di manodopera di bassa qualifica, dobbiamo pensare ad una visione più ampia che preveda una apertura dei canali d’ingresso regolari che non possono essere soltanto per colf e badanti e agricoltori. Bisogna avere una visione più ampia se vogliamo raccogliere la sfida per costruire un futuro in nome della coesione sociale  per gestire la mobilità sociale, per creare le condizioni per poter essere competitivi come sistema Paese.

 

Il settore del White jobs non può essere esclusivamente  appannaggio di lavoratori immigrati .

 

E’ anch’essa una forma di ghettizzazione lavorativa. Il decreto flussi, per sua natura , non può che rispondere a questa logica indirizzandosi a specifiche categorie produttive e lavorative., ma un Paese serio dovrebbe pensare al di là della contingenza ed avere una visione di medio-lungo periodo.

 

Chiediamo - ha concluso Ocmin - se vi sono le condizioni per riaprire un discorso sulla programmazione dei flussi, ovviamente per ora va bene anche questo spazio di quote che viene assegnato e spero che ci sia la possibilità progettare e delineare percorsi più lineari di integrazione all’interno della nostra società per lavoratrici e lavoratori immigrati”.

 

Ha preso in seguito la parola il rappresentante dell’USB, che dichiarandosi concorde con quanto espresso dai due colleghi sindacalisti, ha spostato il discorso sul fronte del recente decreto sicurezza criticando l’abolizione dei permessi umanitari, nonché la mancanza di una politica vera di programmazione dei flussi e la risoluzione dei problemi di chi sta sul territorio italiano, lavora ma è scivolato in una condizione di irregolarità pensando a processi di regolarizzazione.

 

Per la parte datoriale ha di seguito preso la parola il rappresentante di Coldiretti che ha riportato il discorso sui contenuti del decreto flussi per gli aspetti che sono a monte del lavoro stagionale in agricoltura. Nello specifico, analizzando i dati riferiti allo scorso decreto, hanno rilevato la discrepanza che esiste tra il numero delle quote, le istanze presentate e i rapporti lavorativi effettivamente instaurati.

 

“Un numero notevolmente maggiore di istanze rispetto ai rapporti di lavoro attivati fa pensare male perché, considerato che l’istanza concede la possibilità di ottenere il visto e la conseguente permanenza sul territorio, come hanno testimoniato indagini della magistratura, è stato rilevato che questa modalità è stata interpretata come una pratica distorta di regolarizzazione, una deriva patologica in mano ad organizzazioni criminali che non fanno altro che ingrossare le fila del lavoro irregolare. Pertanto una soluzione potrebbe essere - ha continuato e concluso il rappresentante di Coldiretti -  quella di concedere alle organizzazioni datoriali quote di richieste di istanze per le quali seguire, per conto dell’amministrazione pubblica, pezzi dell’iter burocratico. Soltanto la sua velocizzazione, determinante in agricoltura dove i tempi e le scadenze delle produzioni non possono aspettare, eviterebbe il proliferare di queste storture e garantirebbe un tempo certo e rapido per il nulla osta. Il tempo di istruttoria e lavorazione della pratica per l’ottenimento del nulla osta è determinante  perché da esso dipende spesso la sopravvivenza di un’impresa”.

 

E’ intervenuto in seguito Kourosh Danesh - responsabile immigrazione della Cgil -  riaffermando quanto sostenuto dai colleghi di Uil e Cisl relativamente alle situazioni aberranti presenti nel  mercato del lavoro che coinvolgono molti immigrati che lavorano in condizioni di irregolarità e di schiavitù, ha posto l’accento su un altro delicato problema, cioè quello relativo ai richiedenti asilo che potendo lavorare dopo 60 giorni dalla presentazione dell’istanza di protezione internazionale, iniziano un percorso lavorativo ma poi vedono presentarsi un diniego alla loro istanza divenendo soggetti ad un decreto di espulsione. “Spesso si sono instaurati – aggiunge e conclude Danesh - specialmente nel settore della cura degli anziani rapporti di estrema fiducia e per l’assistito perdere questo sostegno diventa molto problematico e motivo di sofferenza umana. Pertanto perché non prevedere quote riservate in simili casi”.

 

Anche il rappresentante del settore agricolo della CIA evidenzia il problema della stagionalità connesso alla lentezza burocratica nella definizione delle istanze come fattore che può indurre, purtroppo, a irregolarità lavorativa.

 

Il delegato di Confartigianato, premettendo che ognuno vuole garantire lavoro legale e ben retribuito, propone all’Amministrazione che nel prossimo decreto si prendano in considerazione quote destinate esclusivamente a lavoro subordinato puro, al di fuori di specifiche categorie professionali.

 

Allo stesso modo per la CNA ha una notevole importanza affrontare il fenomeno mercato del lavoro nei termini di lavoro corretto, regolato perché ci sia il minor spazio possibile per le imprese che fanno concorrenza sleale utilizzando manodopera irregolare.

 

Conclusioni

 

Dopo questo giro di tavolo dove parte datoriale e sindacale hanno espresso i loro punti di vista sul decreto e non solo, ha ripreso la parola la Dott.ssa Tatiana Esposito, dopo aver dichiarato di assumere quanto affermato da più parti in termini più generali, relativamente ai temi del governo dei flussi in relazione alle specificità del mercato del lavoro, a quelli legati al lavoro nero e ai fenomeni di sfruttamento e all’importanza della legalità per le imprese virtuose in agricoltura, impegnandosi di farsene interprete con la sua gerarchia politica, ha incentrato la sua breve replica sul decreto flussi. Relativamente alla proposta di prevedere quote per lavoro subordinato ‘puro’, ha affermato che è un elemento su cui si sta facendo una riflessione e, magari in numeri non elevati quantificabili in 5 o 6 mila unità, potrebbe essere presa in considerazione.  

 

La Direttrice Esposito ha dimostrato attenzione e interesse che sia le parti datoriali che quelle sindacali possano dare il loro contributo per seguire parte dell’istruttoria preliminare al fine di velocizzare l’iter e prevenire forme di abuso che si annidano in certi processi di riconoscimento.

 

“Per quanto riguarda la richiesta sui richiedenti asilo, merita una riflessione - ha aggiunto la Dirigente del Ministero del Lavoro - ma è complesso perché il permesso per richiedente asilo non è convertibile in permesso per lavoro”. Infine, restando sul decreto flussi, la dirigente   ha affermato che all’interno dei numeri già fissati, circa 30 mila, ci potrà essere una redistribuzione in base alle quote non utilizzate. “Pertanto se ci sono le condizioni - ha concluso - si possono introdurre quote per puro lavoro subordinato”.

 

Prima dello scioglimento della riunione Tatiana Esposito ha fornito alcune informazioni relative a due Avvisi:

 

Si rende noto che la Direzione generale immigrazione ha accantonato risorse che intende destinare al contrasto al caporalato e alla sua prevenzione e al sostegno delle sue vittime o potenziali vittime di sfruttamento attingendo risorse sia dal Fondo Fami (azioni rivolte al centro nord) e dal Fondo sociale europeo (per territori meno sviluppati e in fase di transizione).

 

Un primo lavoro interregionaleda svolgersi nelle cinque regioni del Sud con capofila la Puglia.

 

E’ un lavoro che ha un budget di 13 mln di euro e nei prossimi giorni si definiranno gli interventi.

 

Parallelamente entro gennaio sarà pubblicato un Avvisodel valore complessivo di 20 mln di euro per finanziare progetti  in cui siano protagoniste le parti datoriali e sindacali.

 

All’Avviso potranno aderire amministrazioni regionali, locali, associazioni, enti del terzo settore. Saranno finanziati grandi progetti che abbiano un respiro territoriale ampio in cui si cerchi di fare rete fra le organizzazioni sindacali e datoriali.

 

Sarà un Avviso competitivo, da un taglio minimo di 1 mln di euro  e nelle prossime settimane, ci viene comunicato, saranno definite le tipologie degli interventi.

 

Il settore d’intervento sarà quello agricolo.