Guglielmo Loy: comunicato Stampa del 14/07/2017
Gli stranieri nel mercato del lavoro in Italia
Gli stranieri nel mercato del lavoro in Italia
14/07/2017  | Immigrazione.  

 

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FLUSSI MIGRATORI E POPOLAZIONE

 

Nel 2016 la maggioranza delle persone straniere residenti (UE e non UE) si distribuisce in cinque Paesi: Germania (8,652 milioni), Regno Unito (5,641 milioni), Italia (5,026 milioni), Spagna (4,418 milioni) e Francia (4,408 milioni). In Italia, tra il 2010 e il 2016, la popolazione straniera residente ha conosciuto un incremento del 37,8%, con una crescita in valore assoluto pari a circa 1,4 milioni di unità.

 

La popolazione straniera residente in Italia al 1° gennaio 2016 è di 5 milioni e 26mila persone, pari all’8,3% della popolazione complessiva. L’aumento rispetto al 2015 è di lieve entità. Nel 2016, la stima del saldo migratorio è pari a +135 mila unità, mentre nel 2015 tale saldo è stato pari a +133 mila unità.

 

Tra le comunità di origine non comunitaria, residenti al 1° gennaio 2016, prevalgono i cittadini provenienti dall’Albania (467.687 individui), seguiti da Marocco (437.485), Cina (271.330), Ucraina (230.728), Filippine (165.900), India (150.456), Moldova (142.266), Bangladesh (118.790), Egitto (109.871), Perù (103.714).

 

Occupati, disoccupati e inattivi

 

L’analisi delle variazioni rilevate tra il 2015 e il 2016 pone in luce tre fenomeni strutturali: Settimo Rapporto annuale. Gli stranieri nel mercato del lavoro in Italia

 

Sintesi delle principali evidenze

 

1. un consolidamento del tasso di crescita degli occupati stranieri, parallelo alla crescita dell’occupazione nativa. Si rileva un incremento tendenziale superiore alle 19mila unità nel caso dei cittadini UE (equivalente a +2,4%) e di 22.758 unità nel caso dei cittadini non UE (pari a +1,4%), unitamente a un aumento degli occupati italiani che supera le 250mila unità (+1,2 %).

 

2. Si consolida il trend decrescente della disoccupazione. Diminuisce in modo significativo il numero di stranieri in cerca di lavoro, che passano dalle 456.115 unità del 2015 alle 436.853 del 2016, con una riduzione della componente UE (-5,0%) e non UE (-3,9%).

 

3. Nell’arco di un anno gli inattivi non UE diminuiscono di circa 13.750 unità (-1,6%), quelli italiani di 414.153 unità (-3,2 punti percentuali), mentre aumentano gli inattivi comunitari tra i 15 e i 64 anni, con una crescita in termini assoluti pari a poco meno di 18 mila unità (pari a +5,7%).

 

Con riferimento al tasso di occupazione 15-64 anni, nell’ultimo anno disponibile si osserva nel caso degli UE un valore pari al 63,3% (invariato rispetto al 2015) e un valore pari al 57,8% nel caso dei non UE (in crescita dello 0,9%).

 

Nel 2016 il tasso di disoccupazione della popolazione straniera ha conosciuto una sensibile riduzione. Nel caso delle persone in cerca di lavoro di cittadinanza UE, il tasso è passato dal 7,4% del 2007 al 15,8% (valore massimo rilevato) del 2013 per attestarsi, infine, al 14,1% nel 2016. Il tasso di disoccupazione dei non comunitari, dopo aver conosciuto un incremento costante (nel 2007 era pari all’8,6% e nel 2013 al 17,9%), nel 2014 ha invertito il trend sino a toccare quota 16,0% nel 2016.

 

Settori economici

 

L’importanza dei lavoratori comunitari e non comunitari è cresciuta negli ultimi due lustri: l’incidenza percentuale sul totale degli occupati è infatti passata dal 6,3% del 2007 al 10,5% del 2016, con rilevanti differenze settoriali. Nel caso dell’Agricoltura la forza lavoro straniera pesa per il 16,6% del totale, circa 3 volte l’incidenza registrata dieci anni prima; nel Commercio si è passati dal 3,7% rilevato nel 2007 al 7,2% del totale degli occupati nel 2016; in Altre attività nei Servizi la presenza straniera è passata dal 5,9% al 10,7%. Gli andamenti mostrano, pertanto, un peso sempre più crescente della forza lavoro straniera nel mercato del lavoro.

 

Profili professionali e livelli di istruzione

 

La quasi totalità dei lavoratori stranieri svolge un lavoro alle dipendenze e poco meno dell’80% è impiegato con la qualifica di operaio. La segmentazione professionale su profili esecutivi è confermata dalla scarsa presenza di lavoratori stranieri tra i ruoli dirigenziali e simili: appena lo 0,9% degli occupati ha una qualifica di dirigente o quadro.

 

Con riferimento ai livelli di istruzione, i dati consentono di rilevare che:

 

- il 21% dei lavoratori UE e non UE impiegati con mansioni di basso livello è laureato e il 36,4% dei laureati svolge la funzione di Dirigenti, professioni intellettuali e tecniche;

 

- i lavoratori stranieri con al massimo la licenza media che svolgono mansioni tecniche di tipo operaio sono il 32,1%;

 

- nel caso dei lavoratori con educazione secondaria superiore equivalente al diploma, il 31,2% dei cittadini UE e non UE svolge un Lavoro manuale specializzato.

 

Soddisfazione per il lavoro e retribuzioni

 

Recentemente, nell’indagine delle Forze Lavoro, l’Istat ha introdotto una nuova sezione denominata “Soddisfazione per il lavoro svolto”, che include una batteria di domande mirate a rilevare direttamente il livello di gradimento per l’impiego attuale nonché per alcuni suoi specifici aspetti.

 

Alla domanda “Quanto è soddisfatto del lavoro attuale?”, in base a una scala di punteggio compresa tra 0 e 10 (dove 0 indica “per niente soddisfatto” e 10 “molto soddisfatto”), il 41,3% degli occupati non comunitari di 15 anni e oltre e il 48,5% dei comunitari dichiara di avere un alto livello di soddisfazione, a fronte del 54,8% dei lavoratori italiani. Nel caso dei non UE la quota di individui altamente soddisfatti è più contenuta rispetto ai cittadini nativi ed UE, ed è simmetricamente più elevata la percentuale (11,4%) di coloro che si collocano nella fascia più bassa di soddisfazione.

 

Complessivamente il profilo dell’insoddisfazione dei cittadini stranieri, in particolare non comunitari, che emerge dai dati è legato a un insieme di problematiche attinenti alla mobilità professionale, alla retribuzione, allo sviluppo delle carriere e delle qualifiche professionali.

 

Ad esempio, con riferimento al livello di soddisfazione per il guadagno, solo il 23,4% dei non UE si colloca nella fascia “alta”, a fronte del 30,4% degli italiani e del 29,3% degli UE, così come il 23,8% si dichiara “per niente soddisfatto”.

 

Proprio l’aspetto retributivo rappresenta una delle maggiori cause di insoddisfazione espressa dai cittadini stranieri in relazione all’impiego svolto. Rispetto al valore della retribuzione media dei lavoratori (dipendenti full time) italiani, i non UE percepiscono il 25,2% in meno e gli UE il 19,9% in meno, anche come riflesso delle differenze in termini di profilo e collocazione professionale. In particolare, un laureato non comunitario percepisce 1.251 euro mensili, il 31,1% in meno di un italiano con il medesimo titolo di studio, così come un impiegato il 23,1% in meno, e un lavoratore non qualificato l’11,4% in meno.

 

Il differenziale retributivo grezzo si amplia considerando il genere: nel caso della donne non comunitarie, la cui remunerazione si attesta su poco più di 1.000 euro, la distanza rispetto alla componente italiana è del 28,1%.

 

POLITICHE DEL LAVORO E SISTEMI DI WELFARE

 

Politiche passive del lavoro

 

Anche i dati di fonte INPS relativi al numero di individui che godono di strumenti di sostegno al reddito sembrano confermare il miglioramento del quadro generale. Diminuiscono, infatti, i percettori di disoccupazione ordinaria non agricola (inclusa quella speciale edile), ASpI, Mini-ASpI e NASpI (-7% rispetto al 2015), i percettori di indennità di mobilità (-19,1%), oltre ai beneficiari di integrazione salariale ordinaria (CIG) (-19,6%).

 

Con riferimento ai trattamenti pensionistici del settore privato, le pensioni IVS (Invalidità, Vecchiaia e Superstiti) erogate dall’INPS a cittadini non comunitari alla fine del 2016 sono 43.830, pari allo 0,31% del totale delle pensioni INPS dello stesso tipo (14.114.464). Tra il 2014 e 2015 il numero di pensioni erogate a cittadini non comunitari è cresciuto del 10,4%; tra il 2015 e il 2016 del 10,6% e complessivamente, nel triennio, del 22,1%.

 

Infortuni professionali

 

Alla data di rilevazione del 31.12.2016 risultano pervenute all’Inail (fonte Inail Open Data), nel periodo di avvenimento gennaio-dicembre 2016, circa 637mila denunce d’infortunio, con un aumento dello 0,7% rispetto all’analogo periodo del 2015 (oltre 4mila casi in più). I dati si riferiscono alle tre gestioni Inail principali (Agricoltura, Industria e servizi, per Conto dello Stato). Sempre nel periodo di accadimento gennaio-dicembre 2016, risultano pervenute all’Inail 1.018 denunce d’infortunio con esito mortale, in diminuzione del 13,1% (-154 casi) rispetto all’analogo periodo del 2015 (1.172 casi: dati mensili rilevati al 31 dicembre 2016).

 

Se si focalizza l’analisi sugli infortuni occorsi ai lavoratori stranieri, nel biennio 2015-2016 si evidenzia un aumento del 3,8% (dati provvisori e non consolidati); si è passati, infatti, da circa 92mila denunce del periodo gennaio-dicembre 2015 alle oltre 95mila dello stesso periodo del 2016; in particolare si è avuto un incremento del 4,9% per i non comunitari e dello 0,9%, per i comunitari. 157 sono state le denunce con esito mortale pervenute all’Inail nel 2016, con un calo del 13,7% circa rispetto all’anno precedente (-23,4% per i lavoratori UE e -8,5% per quelli non UE). Nel periodo gennaio-dicembre 2016, gli infortuni ai danni dei lavoratori stranieri, in rapporto al totale dei lavoratori, hanno rappresentato il 15% di quelli complessivi (95.306 casi contro i 636.812) e il 15,4% di quelli mortali (157 casi contro i 1.018).

 

L’accesso ai servizi e alle politiche attive del lavoro

 

Nel 2016 dichiarano di aver avuto almeno un contatto con i servizi pubblici per l’impiego circa 252mila stranieri in cerca di lavoro, di cui poco meno di 80mila di provenienza UE e circa 173mila non UE. Tuttavia, più di 183 mila disoccupati stranieri non hanno mai contattato un Servizio pubblico per l’impiego. Tra coloro che entrano in contatto con i servizi, una quota rilevante ha un’interazione abbastanza sistematica con i centri. Infatti, il 56,5% dei lavoratori stranieri in cerca di lavoro si è recato presso una struttura pubblica negli ultimi 4 mesi, un valore, questo, più alto rispetto a quanto sia osservabile nel caso dei disoccupati con cittadinanza italiana (39,7%). In particolare il 29,1% dei cittadini non comunitari in cerca di lavoro ha avuto un contatto dell’ultimo mese. Anche una quota significativa dei disoccupati di nazionalità UE ha rapporti frequenti con i Centri pubblici per l’impiego (CPI) e nel 22% dei casi il contatto è avvenuto da meno di 30 giorni. Parallelamente, appare utile sottolineare che il 26% degli stranieri in cerca di lavoro ha avuto contatti con la rete dei servizi da più di un anno e per alcuni (14,1%) l’ultimo contatto risale almeno a tre anni fa, a fronte del 32,1% dei disoccupati italiani.

 

La gran parte dell’utenza straniera in cerca di occupazione si è recata presso un Centro pubblico per l’impiego al fine di verificare l'esistenza di opportunità lavorative (52,3%), mentre una quota altrettanto rilevante lo ha fatto per ragioni di natura amministrativa, ossia per confermare lo stato di disoccupazione (23,7%), o per rinnovarlo (26,7%), oppure per iscriversi (11,9%) o effettuare per la prima volta la DID – Dichiarazione di immediata disponibilità al lavoro (7,5%).