Guglielmo Loy: comunicato Stampa del 09/02/2017
Migranti: ricollocamenti al palo, UE valuta procedure infrazione
Migranti: ricollocamenti al palo, UE valuta procedure infrazione
09/02/2017  | Immigrazione.  

 

Bruxelles, 8 feb. (AdnKronos) - Il programma di ricollocamento dei richiedenti asilo nell'Ue continua a procedere a passo di lumaca, con circa 12mila ricollocati su un obiettivo complessivo di 160mila, e la Commissione Europea ventila la possibilità di avviare procedure di infrazione nei confronti degli Stati recalcitranti già "in marzo". Non più, quindi, al termine dei due anni di durata del programma partito nel settembre 2015 come sempre sostenuto finora, ma prima.  "Penso - ha detto a Bruxelles al termine del collegio dei commissari il primo vicepresidente della Commissione Europea, l'olandese Frans Timmermans - che il nostro decimo rapporto uscirà in marzo e quello è il momento giusto in cui considerare altre opzioni, se saranno necessarie. Esorto davvero gli Stati membri a mostrare la volontà di fare progressi, prima che venga pubblicato il decimo rapporto".

 

Per ora, tuttavia, l'esecutivo comunitario si limita a lasciar intravedere il bastone sotto il mantello e i toni restano concilianti. "Potremmo" avviare delle procedure di infrazione, ha detto Timmermans.

 

"E' una possibilità che abbiamo. Mi chiedo solamente se aiuterebbe i rifugiati, nel breve termine. Se dici a uno Stato che lo porti davanti alla Corte, allora lo Stato potrebbe non fare nulla, per tutto il periodo. Noi tentiamo di essere pragmatici e politici su questa questione: sì, la Commissione potrebbe avviare procedure di infrazione".

 

"E' nostro diritto e di certo lo considereremo. Ma spero che saremo in grado di convincerli in modo politico: credo anche che ci dovrebbero essere più pressioni dagli altri Stati affinché ciascuno faccia la sua parte", ha aggiunto il primo vicepresidente. Sul ricollocamento di persone bisognose di protezione internazionale dall'Italia e dalla Grecia negli altri Stati dell'Unione Europea, "siamo circa a 12mila, non il livello che sarebbe necessario. Fare di più sui ricollocamenti aiuterebbe a migliorare la situazione sulle isole greche. Ricollocare è possibile, ma serve la volontà politica".

 

"Nel Consiglio Affari Generali di ieri - ha continuato Timmermans- ho usato parole abbastanza forti; sono rimasto sorpreso dal numero degli Stati che hanno espresso la volontà di fare di più. L'Irlanda, per esempio, prende le sue responsabilità molto sul serio", ma, dice, "più Stati membri devono fare di più; quelli che pensano di poter mostrare solidarietà senza fare nulla si sbagliano. La solidarietà non è una cosa che si dice, è una cosa che si fa".

 

Il nono rapporto della Commissione su ricollocamenti e reinsediamenti, diffuso oggi, certifica che il piano di ricollocamento di persone bisognose di protezione internazionale dall'Italia e dalla Grecia negli altri Stati dell'Ue, deciso per alleviare il peso che grava sui Paesi di primo arrivo, stenta ancora a decollare, malgrado le speranze, ventilate in passato, di una progressione geometrica nel numero delle relocation.

 

Il trend è in ascesa, pur con un calo a gennaio, ma i numeri restano bassi: nel periodo compreso tra l'8 dicembre 2016 e ieri, i ricollocamenti sono stati 3.813, cosa che porta il totale delle persone ricollocate finora a 11.966 (8.766 dalla Grecia e 3.200 dall'Italia), cioè il 7,4% del totale di 160mila entro due anni, fissato nel settembre 2015 (40mila nel maggio 2015 e 120mila in settembre).

 

Come spesso accade, le responsabilità principali sono degli Stati, che non applicano le decisioni del Consiglio. I Paesi che non hanno accolto finora neanche un rifugiato proveniente da Italia e Grecia sono: l'Austria, l'Ungheria (che inizialmente era un beneficiario del programma, ma ha rifiutato di prendervi parte) la Polonia; la Slovacchia ne ha accolti solo 9 dalla Grecia e nessuno dall'Italia.

 

Neanche la Danimarca ne ha ricevuti, ma Copenhagen non era obbligata, perché può legalmente chiamarsi fuori dalle decisioni del Consiglio Giustizia e Affari Interni, sfruttando una clausola di opt-out.

 

La decisione del Consiglio di lanciare un programma da 120mila relocations, aggiuntive alle 40mila decise a maggio, è stata presa nel settembre 2015 a maggioranza qualificata, e non all'unanimità: Slovacchia e Ungheria hanno fatto ricorso alla Corte di Giustizia dell'Ue nel dicembre del 2015 contro la decisione.

 

Procede molto meglio, invece, il programma dei reinsediamenti: finora sono state reinsediate 13.968 persone bisognose di protezione internazionale, principalmente provenienti da Turchia, Giordania e Libano, su un obiettivo di 22.504. Il ricollocamento, o relocation, nel gergo comunitario indica il trasferimento di una persona che ha diritto alla protezione internazionale da uno Stato Ue ad un altro. E' diverso dal reinsediamento, o resettlement, che è il trasferimento delle stesse persone da un Paese esterno all'Ue in un Paese dell'Ue.

 

Qualche segnale di distensione, comunque, sul fronte migranti c'è. Ieri il presidente sloveno Borut Pahor ha detto che la barriera di filo spinato eretta al confine con la Croazia per fermare i rifugiati "non è più necessaria", riporta il sito Total-Croatia-News.com citando il Vecernji List, redatto in serbo-croato. Cosa che, per l'eurodeputata del Pd (gruppo S&D) Isabella Di Monte "segna un importante passo per la non discriminazione dei migranti e il rispetto dei diritti umani. un segno di apertura e di necessità di cooperazione comunitaria per una gestione dei flussi migratori responsabile all'interno dell'Unione europea".

 

La primavera è alle porte, con il probabile aumento degli sbarchi dalla Libia, e quest'anno si vota in diversi importanti Paesi dell'Ue, mentre le forze nazionaliste e/o populiste sono all'arrembaggio dell'Europa. A nessun partito al governo piace la prospettiva di presentarsi davanti agli elettori con le tv che trasmettono immagini di sbarchi di migranti sulle coste italiane. Questo riporta le migrazioni al centro dell'agenda, come è stato per il vertice informale della Valletta della settimana scorsa, centrato sulla Libia.

 

I ricollocamenti sono una parte della più ampia questione migratoria e stanno particolarmente a cuore all'Italia, più per fissare un principio politico che per ragioni pratiche: la maggioranza dei migranti che arrivano dalla Libia, infatti, non proviene da Paesi considerati eleggibili per i ricollocamenti.