Il Consiglio di stato cancella la sovrattassa. Resta il mistero del nuovo contributo che il Governo decreterà a breve e dei rimborsi per chi ha pagato ingiustamente dal 2012. La UIL nel 2012 aveva diffidato il Governo Monti di rendere operativo un balzello iniquo e discriminatorio voluto dal precedente Governo di destra.
(redazionale) Roma, 28 ottobre 2016 - Il Consiglio di Stato, con sentenza nr. 04487 del 26 ottobre scorso, ha confermato la decisione del Tar del Lazio del 24 maggio scorso che aveva annullato il decreto del Ministero dell’Economia del 6 ottobre 2011. Dispositivo che stabiliva un contributo aggiuntivo (da 80 a 200 euro) per il rilascio e/o rinnovo dei permessi di soggiorno. Il Consiglio di Stato ha messo dunque la parola fine ad una vicenda che dura da 5 anni, con l’introduzione di un balzello voluto dal precedente governo di destra e che la Corte di Giustizia Europea ha definito il 2 settembre 2015 “illegittimo, in quanto sproporzionato e d’ostacolo ai diritti degli immigrati e quindi non in linea con la normativa europea in materia di integrazione”. Con tariffe così alte, ha confermato il Consiglio di Stato, si viola la direttiva europea sui lungo soggiornanti (2003/109/CE ). Non solo perché si fa pagare troppo chi ha già la carta di soggiorno, ma pure perché facendo pagare tanto a ogni rinnovo chi ha un altro tipo di permesso gli si rende più difficile il cammino per arrivare un giorno alla carta di soggiorno.
Tempestivamente, nella stessa giornata del 26 ottobre, con circolare n. 400/A/2016/12.214.5, il Dipartimento della Pubblica Sicurezza, Direzione Centrale dell’immigrazione e della polizia delle frontiere, del Ministero dell’Interno ha avvisato le questure che - dalla stessa data - “gli stranieri interessati al rilascio ed al rinnovo del permesso di soggiorno, non dovranno assolvere al pagamento degli importi previsti dall’art. 5, comma 2 ter del TUI (la sovrattassa appunto ndr), fermo restando l’obbligo del versamento relativo al costo del permesso di soggiorno elettronico (€ 30, 46). La circolare aggiunge che “tutte le istanze (comprese quelle giacenti in fase istruttoria o in attesa di consegna del titolo) dovranno essere portate a compimento prive del citato contributo”. Dunque, quelle ancora in lavorazione, non quelle già consegnate.
E qui rileviamo una prima incompletezza di informazioni: per le domande in fase istruttoria o in fase di consegna del titolo il contributo aggiuntivo è già stato pagato. Chi restituirà i soldi agli utenti, dunque, e quale sarà la procedura di rimborso? Ed ancora: e per chi ha pagato la sovrattassa dal 2012 sarà possibile richiedere il rimborso? In che misura e a chi va rivolta la domanda? La circolare non ne parla, ma il numero di ricorsi si preannuncia molto alto.
La vicenda è anche complicata dal fatto che lo stesso Consiglio di Stato ha scritto nella sentenza che “Le Amministrazioni competenti ridetermineranno l’importo dei contributi, nell’esercizio della loro discrezionalità, in modo tale che la loro equilibrata e proporzionale riparametrazione non costituisca un ostacolo all’esercizio dei diritti riconosciuti dalla direttiva n. 2003/109/CE”. Dunque è in arrivo con ogni probabilità un nuovo decreto del Governo che dovrebbe stabilire un decreto aggiuntivo “più equo”. Solo sulla base della misura di quel contributo sarebbe possibile determinare quanto rimborso sarà possibile chiedere, sempre che lo stesso decreto non escluda i rimborsi per le pratiche già evase.
Consideriamo positiva la sentenza dei giudici del Consiglio di Stato e quella del TAR, che applicano di fatto decisioni già stabilite dalla Corte Europea di Giustizia. Sarebbe importante però avere da parte dalle autorità competenti precise indicazioni relative alla possibilità e modalità di ottenere i rimborsi. Si tratta di cifre considerevoli, fatte pagare ingiustamente a centinaia di migliaia di cittadini dei Paesi Terzi, e tra l’altro utilizzate, non per favorire i processi di integrazione, ma piuttosto per finanziare le espulsioni.
A suo tempo la UIL, e l’intero movimento sindacale, avevano sconsigliato il Governo di applicare un provvedimento punitivo voluto dall’estrema destra. Al Governo Monti avevamo chiesto espressamente nel 2012 l’abolizione di un balzello che consideravamo iniquo ed inopportuno. L’averlo comunque applicato per ragioni di cassa da parte dell’Esecutivo di allora, non ha fatto onore al nostro Paese ed ha gettato le autorità in un complesso labirinto burocratico di cui ancora non si vede una completa via d’uscita.
Per ora il permesso di soggiorno, indipendentemente da tipo e durata, costa 76,46 euro. Bisogna infatti continuare a versare 30,46 euro per la stampa e 30 euro per il servizio offerto da Poste Italiane, mentre altri 16 euro servono per la carta da bollo.
E’ certo una vittoria del Movimento Sindacale questa ultima sentenza, una vittoria però pagata a caro prezzo dai 3,5 milioni di cittadini dei Paesi Terzi che vivono in Italia; cittadini già logorati dalla crisi economica e per l’ennesima volta discriminati.
Dovremo inoltre aspettare la determinazione del nuovo contributo per decidere la modalità e la misura dei rimborsi da chiedere.