Guglielmo Loy: comunicato Stampa del 14/06/2016
Legittimo per UK garantire le prestazioni sociali solo a chi ha il diritto a soggiornare nel Regno
Legittimo per UK garantire le prestazioni sociali solo a chi ha il diritto a soggiornare nel Regno
14/06/2016  | Immigrazione.  

 

(Il Sole 24 Ore Radiocor Plus) - Bruxelles, 14 giugno 2016 - Il Regno Unito può esigere che i beneficiari degli assegni familiari e del credito d'imposta per i figli a carico dispongano di un diritto di soggiorno in tale Stato. Sebbene tale condizione sia considerata una discriminazione indiretta, essa è giustificata dalla necessità di proteggere le finanze dello Stato membro ospitante. Lo ha stabilito oggi la Corte di Giustizia Ue.

 

La Commissione Ue ha ricevuto numerose denunce di cittadini dell'Unione non britannici residenti nel Regno Unito, i quali si lamentavano che le autorità britanniche avessero negato loro la concessione di determinate prestazioni sociali con la motivazione che non erano titolari di un diritto di soggiorno. Di qui il ricorso dell'esecutivo comunitario per inadempimento contro il Regno Unito, sulla base del rilievo che la normativa britannica non sarebbe conforme alle disposizioni del regolamento. Secondo Bruxelles, infatti, la normativa britannica impone di verificare che i richiedenti determinate prestazioni sociali - fra cui prestazioni familiari quali gli assegni familiari e il credito d'imposta per figli a carico, oggetto di causa - soggiornino legalmente nel territorio britannico. Tale condizione sarebbe discriminatoria e contraria allo spirito del regolamento, dato che questo prenderebbe in considerazione unicamente la residenza abituale del richiedente.

 

La Corte respinge il ricorso della Commissione dichiarando innanzitutto che le prestazioni in questione riguardano la sicurezza sociale e rientrano quindi nell'ambito di applicazione del regolamento e anche di non ritenere che la normativa britannica imponga una condizione aggiuntiva a quella della residenza abituale. La Corte ricorda che "il criterio della residenza abituale non è una condizione necessaria per poter beneficiare delle prestazioni, ma una 'norma di conflitto', il cui scopo consiste nell'evitare l'applicazione simultanea di diverse normative nazionali e di evitare che le persone che hanno esercitato il diritto di libera circolazione restino senza tutela". Secondo la Corte, il regolamento non stabilisce le condizioni sostanziali per la sussistenza del diritto alle prestazioni, perché spetta in linea di principio alla normativa di ciascuno Stato membro determinare tali condizioni. In tale contesto, la Corte rileva che "nulla osta a che la concessione di prestazioni sociali a cittadini dell'Unione economicamente inattivi sia subordinata al requisito che essi soddisfino le condizioni per disporre di un diritto di soggiorno legale nello Stato membro ospitante".

 

Inoltre i giudici europei indicano che "la condizione del diritto di soggiorno nel Regno Unito crea una diseguaglianza, poiché i cittadini nazionali la soddisfano più agevolmente dei cittadini degli altri Stati membri", però considerano che "tale differenza di trattamento possa essere giustificata da un obiettivo legittimo come la necessità di proteggere le finanze dello Stato membro ospitante, a condizione che essa non vada al di là di quanto necessario per conseguire tale obiettivo". E' lo stesso principio in base al quale i 27 Stati Ue hanno concordato con il Regno Unito le condizioni per evitare Brexit. La Corte aggiunge che sono comunque le autorità nazionali a procedere alla verifica della regolarità del soggiorno "conformemente alle condizioni denunciate nella direttiva sulla libera circolazione dei cittadini": tale controllo non viene quindi effettuato "sistematicamente" dalle autorità britanniche per ogni domanda, ma soltanto in caso di dubbio. Ne risulta che la condizione non va al di là di quanto necessario per conseguire l'obiettivo legittimo perseguito dal Regno Unito, ossia la necessità di proteggere le proprie finanze pubbliche.