Guglielmo Loy: comunicato Stampa del 10/03/2016
Rotta dei Balcani Occidentali si chiude. Ma c’è il rischio di una deviazione dei flussi migratori
Rotta dei Balcani Occidentali si chiude. Ma c’è il rischio di una deviazione dei flussi migratori
10/03/2016  | Sindacato.  

 

tabellina10032016Bruxelles, 9 marzo 2016 (AdnKronos) - L'Unione Europea è ben consapevole del rischio che il flusso dei migranti in arrivo dalla Turchia, ora che la rotta dei Balcani Occidentali si sta chiudendo, prenda rotte alternative, come quella del Mediterraneo Centrale o quella dell'Albania, anche se al momento non si ha evidenza di uno spostamento massiccio del flusso. E' il quadro delineato oggi da diverse fonti a Bruxelles, dopo che la Slovenia ieri ha annunciato la piena reintroduzione del codice delle frontiere delle Schengen, per mettere fine "alle attuali modalità di migrazione attraverso i Balcani Occidentali".   In pratica, ha spiegato oggi la portavoce della Commissione Natasha Berthaud, "questo significa che i cittadini di Paesi terzi che non sono qualificati ad entrare nell'area Schengen o che non hanno fatto richiesta di asilo malgrado abbiano avuto l'opportunità di farlo, non verranno ammessi in Slovenia. Questo è in linea con le conclusioni del Consiglio Europeo del 18 e 19 febbraio, che sono state reiterate nelle conclusioni del vertice dei capi di Stato e di governo dell'Ue del 7 marzo".   Anche la Croazia e la Serbia hanno annunciato misure simili. Il confine tra Grecia e Macedonia sta diventando sempre più difficilmente valicabile e nell'area di Idomeni, nella regione greca della Macedonia Centrale al confine con la Fyrom (Macedonia) si ammassano migliaia di migranti (la settimana scorsa il commissario europeo Christos Stylianides ne aveva stimati 12-15mila).  Intanto si guarda al Consiglio Europeo del 17 e 18 marzo, nel quale si tenterà di trasformare l'accordo sui principi con la Turchia raggiunto nella notte di lunedì scorso in un accordo vero e proprio. Per quanto riguarda le preoccupazioni dell'Unhcr sullo scambio 'uno a uno' di richiedenti asilo siriani tra Ue e Turchia (in sintesi, per ogni immigrato irregolare siriano ripreso da Ankara proveniente dalla Grecia, l'Ue reinsedierà un siriano rifugiato proveniente dalla Turchia), il vice portavoce capo della Commissione Alexander Winterstein ha spiegato che due giorni fa "è stato trovato un accordo sui principi, che è un passo fondamentale. I dettagli ora dovranno essere chiariti e finalizzati, sotto la guida del presidente del Consiglio Europeo Donald Tusk. Sicuramente alla fine l'accordo sarà in linea con la legge internazionale e con le leggi europee".   

 

La rotta dei Balcani Occidentali è attualmente la più battuta per raggiungere l'Europa Centro-Settentrionale. Da quando l'Unhcr ha preso a monitorare la situazione, nel luglio 2015, si stima che circa 700mila richiedenti asilo e migranti abbiano passato il confine tra Grecia e Macedonia, secondo un report pubblicato dal think tank Bruegel una ventina di giorni fa. Quasi tutti hanno proseguito il viaggio attraverso la Serbia, tentando di passare in Ungheria. Entro la fine del 2015, circa 815mila persone avevano viaggiato attraverso la Serbia, con circa 6.500 ingressi al giorno in ottobre e novembre. In settembre l'Ungheria ha preso misure draconiane per fermare il flusso, costruendo anche una barriera lunga 110 miglia, cosa che ha ridiretto il grosso dei transiti verso il confine tra Serbia e Croazia. Da metà settembre 2015, 557.743 rifugiati e migranti hanno viaggiato attraverso la 'Brioche', ma solo 21 hanno fatto richiesta di asilo a Zagabria. Quanto sta succedendo nei Balcani Occidentali sul fronte migrazioni non è però una sorpresa: nelle conclusioni del Consiglio Europeo del 18 e 19 febbraio scorsi sul capitolo migrazioni, passate in secondo piano a livello mediatico perché in parte oscurate dall'accordo con la Gran Bretagna in vista del referendum sulla Brexit, era scritto nero su bianco, al punto 8-D, che "il continuo e sostenuto flusso irregolare di migranti lungo la rotta dei Balcani Occidentali resta una fonte di grave preoccupazione, che richiede ulteriori azioni concertate.

 

Bisogna porre fine all'approccio 'a ondate' e alle misure non coordinate" da parte degli Stati lungo il percorso. Le chiusure a domino delle frontiere sull'asse danubiano-macedone è in linea con quelle conclusioni, che esprimono le volontà degli Stati membri, sottolineano fonti Ue. Per cercare di coordinare gli sforzi, si tengono "videoconferenze tra i Paesi dei Balcani occidentali regolarmente. La Slovenia - ha continuato Natasha Berthaud - ha informato ieri la Commissione e gli Stati confinanti, attraverso questo canale, che sta procedendo con la piena implementazione del codice delle frontiere di Schengen ai suoi confini esterni con la Croazia". Oggi pomeriggio si è tenuta un'altra videoconferenza tra i Paesi dei Balcani occidentali.  Tutte queste nuove barriere potrebbero cambiare la situazione. Il rischio che il flusso si ridiriga verso altre rotte, magari più a ovest, eventualità che potrebbe interessare direttamente l'Italia, è concreto e ben presente alle autorità europee, sia alla Commissione che al Consiglio, che monitorano la situazione e si preparano ad affrontare eventuali emergenze. Tuttavia "il rischio che si apra una falla da un'altra parte non è un buon motivo per non tentare di tappare la falla principale", spiega un alto funzionario Ue. Nel frattempo, la Grecia porta gran parte del peso della situazione sulle sue spalle, già provate dalla crisi economica. Per aiutare Atene, il Consiglio oggi ha concordato di allestire un meccanismo di aiuti di emergenza in risposta alla "difficile situazione umanitaria provocata dalla crisi dei migranti, particolarmente in Grecia". Un accordo "rapido", quello trovato dal Consiglio, che la Commissione Europea ha salutato "con favore": il commissario agli Aiuti Umanitari Christos Stylianides ha fatto appello all'Europarlamento affinché approvi una linea di bilancio dedicata.

 

Intanto, si lavora all'accordo con la Turchia, che comporta difficoltà politiche non irrilevanti. Il premier Ahmet Davutoglu ha detto che il Paese è pronto a diventare membro dell'Ue, alzando la posta fin da subito. Oggi il capogruppo del Ppe nell'Europarlamento, Manfred Weber ha messo in chiaro che "la piena adesione della Turchia all'Ue non è positiva per nessuna delle due parti". La Turchia ha circa 80 mln di abitanti, quasi tutti musulmani: un ingresso nell'Ue, che ha circa 500 mln di abitanti, cambierebbe in modo significativo il profilo dell'Unione. Non a caso la richiesta di adesione risale al 1987, quando ancora c'era la Cee.   Una bomba politica, per i partiti conservatori di tutta Europa, che devono fare i conti con l'agguerrita concorrenza elettorale dell'estrema destra o dei partiti populisti: oggi nella plenaria dell'Europarlamento a Strasburgo il leader dello Ukip Nigel Farage ha tuonato che l'Europa è "sotto il ricatto" della Turchia. E Marine Le Pen, leader del Front National francese, ha detto nell'aula che Recep Tayyip Erdogan "sta ricattando" l'Europa, approfittando delle sue "debolezze". La presidente del Fn ha esplicitamente citato l'Australia, che ha una politica durissima contro l'immigrazione illegale anche a causa di una situazione affatto particolare (ha una popolazione che è meno di un decimo della vicina Indonesia), come esempio da seguire per proteggere i confini europei.

 

La maggior parte dei migranti dalla Croazia sono passati in Slovenia (378mila transiti tra ottobre e dicembre 2015), dove solo 144 persone hanno chiesto asilo. L'Ue ha deciso di ricollocare in tutto 160mila rifugiati in due anni da Italia, Grecia e Croazia, ma al 4 febbraio solo 279 persone sono state riallocate dall'Italia e 202 dalla Grecia, principalmente verso Francia e Finlandia. A questa velocità, stima Bruegel, occorreranno 47 anni per ricollocare 39.600 persone dall'Italia e oltre un secolo per terminare la riallocazione dalla Grecia.  Un alto funzionario Ue ha sottolineato che "è chiaro che il meccanismo deve accelerare", altrimenti la situazione non farà passi avanti. Il Consiglio Europeo, comunque, che rappresenta gli Stati membri dell'Ue, ha ben presente il rischio che, chiudendosi la rotta dei Balcani, il flusso possa dirigersi altrove. Per ora tuttavia, dal monitoraggio costante dei movimenti dei migranti, non si vedono grandi spostamenti verso rotte secondarie, ma la situazione potrebbe cambiare rapidamente, come è già successo in passato.

 

Intanto, la pressione si sposta sulla Grecia, anche se la speranza è che, una volta che l'accordo con la Turchia sarà in piedi, i disincentivi alla traversata illegale dell'Egeo saranno tali per cui il fiume dell'immigrazione illegale "si prosciugherà presto", spiega un alto funzionario Ue. Con lo scambio uno a uno per i siriani proposto dal premier turco Ahmet Davutoglu, infatti, la previsione delle autorità europee è che i richiedenti asilo saranno fortemente disincentivati a tentare la traversata illegale del mar Egeo, che continua ad esigere il suo tributo di morti, anche bambini.