Marzo 2016 - Il prestito vitalizio ipotecario, entrato in vigore il 2 marzo con Gazzetta Ufficiale n.38 del 16 febbraio 2016, che recepisce la Direttiva 2014/17/EU del Parlamento Europeo e del Consiglio, può essere richiesto dai proprietari di immobili con più di 60 anni di età, assicurando loro la possibilità di continuare a vivere nell’abitazione. Sono esclusi gli immobili, anche se residenziali, posseduti da società commerciali e da altre persone giuridiche. Sono esclusi anche gli immobili a destinazione diversa dal residenziale. L’iscrizione di ipoteca di primo grado è condizione necessaria per il prestito.
Condizione necessaria per il prestito è la presenza o meno di eredi i quali potranno scegliere, al momento della successione, di riscattare o vendere l’appartamento, incassando quanto resta dopo aver restituito il prestito.
La somma che è possibile ottenere, dipende dal tasso di interesse applicato, più è alto e meno il proprietario incassa. Chi ha appena superato la soglia dei 60 anni rischia di incassare un 15-20% del valore della casa, un novantenne può incassare una percentuale che va a toccare il 50-60%
Le vere novità, sono:
la metodologia di recupero da parte della banca della somma non rimborsata dagli eredi, ovvero l’esonero per la banca dalla normale procedura esecutiva a tutela del debitore. Con la normativa precedente, la banca procedeva ad azionare l’ipoteca iscritta sull’immobile, una procedura lunga data dalla farraginosa burocrazia, mentre con il prestito di vitalizio ipotecario vigente, la banca che ha concesso tale tipo di mutuo, è esonerata dalla normale procedura esecutiva in quanto può porre in vendita l’immobile trattenendo tutte le somme ricavate dalla vendita.
Un meccanismo finalizzato a garanzia delle banche.
Altro aspetto discutibile è rappresentato dall’esponenzialità della crescita del debito data dalla capitalizzazione annuale degli interessi sulla somma erogata che potrebbe comportare il superamento del valore dell’immobile, in special modo nel caso di prestito a tasso variabile. Facciamo un esempio: nel caso si ottenga un prestito vitalizio di 100mila euro con capitalizzazione degli interessi, il tasso di interesse il primo anno sarà applicato a 100mila euro, il secondo anno alla cifra ottenuta dalla somma tra 100mila euro e gli interessi maturati (e non rimborsati, ad esempio quindi su 105mila euro); il terzo anno su 110mila euro; e così via.
Ecco perché il montante a fine prestito può risultare molto elevato.
Inoltre la casa, oggetto di ipoteca, non sarà vendibile, né si potrà accedere ad altra ipoteca né concederla in locazione a terzi, pena la ”decadenza del beneficio del termine” consentendo alla banca di dichiarare la risoluzione del contratto, pretendendo l’immediata restituzione di capitale e interessi.
A tutela degli eredi i quali hanno la possibilità di saldare il debito (come riportato dall’art. 12 quater del Decreto del 22 dicembre 2015,n.226) entro 12 mesi in un’unica soluzione, riacquisendone così tutti i diritti di proprietà dell’immobile ereditato,nel caso in cui non decidano di riscattare l’immobile ipotecato, ed il ricavato dalla vendita non sia sufficiente a coprire il credito della banca, non verranno chiamati a corrisponderne la differenza.